Finalmente ci siamo, a due anni dall’annuncio del progetto, Oppenheimer è arrivato nelle sale. Almeno negli Stati Uniti, perché in Italia uscirà il 23 agosto, costringendo il nostro pubblico a un’attesa di un mese prima di poter assistere all’ultimo lavoro di Nolan al cinema. Al contrario di Barbie, uscito addirittura un giorno prima degli USA qui in Italia. Perciò non potremo partecipare all’evento cinematografico dell’anno, rinominato popolarmente Barbenheimer. Nel frattempo noi lo abbiamo visto e possiamo dirvi che, sicuramente, merita vederlo al cinema, ancora meglio se in IMAX – come è stato girato -, per quanto in Italia sia molto difficile.
Oppenheimer: sinossi
Come molti biopic storici di questo genere, Oppenheimer parte da una narrazione in prima persona dei fatti una volta conclusi. Cillian Murphy, magistrale interprete di J. Robert Oppenheimer, si racconta ad una commissione di cui ancora ignoriamo lo scopo a inizio film. Ripercorre le tappe che lo hanno portato a dirigere il Progetto Manhattan, il programma messo in piedi dal governo statunitense nell’agosto del 1942 per sviluppare una nuova arma di distruzione di massa: la bomba atomica. Fin qui, tutto lineare, ma con Nolan la linearità spesso lascia spazio ad altri elementi, e Oppenheimer non è da meno. Per evitare di rivelare troppo sulla trama è meglio lasciar scoprire al pubblico di che si tratta.
Di Oppenheimer se ne parla già da molto tempo, e varie testate internazionali ne hanno scritto, con una stragrande maggioranza di opinioni positive. Il The Guardian ne parla come di un imperfetto, ma straordinario atom bomb epic, Matt Zoller Seitz per Roger Ebert.com definisce la “faccia umana” come l’attrazione più spettacolare del film, mentre Vox e il New York Times pongono l’accento sul potere e sull’importanza storica degli eventi raccontati. Di interpretazioni e chiavi di lettura ce ne sono veramente un’infinità, anche per via dell’importanza storica del tema trattato e della vastità di eventi e personaggi coinvolti nella trama. Ciò che risulta evidente è il fatto che Nolan mantiene il suo stile narrativo anche in questo caso, svariando su diversi piani temporali. Non c’è un ordine cronologico, ma una frammentazione costante che aggiunge di volta in volta pezzi al puzzle della storia di Oppenheimer come persona: il giovane scienziato con simpatie comuniste che si danna l’anima per affermarsi come fisico, l’uomo completamente immerso nella costruzione del gadget – come viene chiamata la bomba dai ricercatori del progetto Manhattan – e il “politico”, che deve destreggiarsi nell’America maccartista ossessionata dal pericolo comunista.
Numerosi piani temporali… come siamo abituati
La vivisezione della realtà in frammenti temporali è un punto fisso del cinema di Nolan. Come in Dunkirk i vari piani temporali sovrapposti portano a un obiettivo finale, che in Dunkirk era l’evacuazione della spiaggia e in Oppenheimer il Trinity test, la prima detonazione di un ordigno nucleare nella storia. Tuttavia, il dettaglio interessante in questo caso è che il test non rappresenta il punto d’arrivo, ma l’evento verso il quale convergono tutti i personaggi del film, in un modo o nell’altro, come la luce viene attratta da un buco nero – elemento citato nel film e molto caro a Nolan, come dimostra Interstellar. Hiroshima e Nagasaki sono sullo sfondo, tormentano certo i protagonisti e veniamo a conoscenza dell’effetto devastante dei due bombardamenti, ma la forza motrice del film rimane lui, il Trinity test.
Si entra quindi nel vivo della tematica portante del film – e di tutta la cinematografia di Nolan, in realtà – cioè il tempo. Se in altri suoi film, come Interstellar, il tempo veniva inteso come lo spazio in cui i personaggi si muovono e attraverso cui interpretano il proprio rapporto col mondo e con le loro emozioni, qui assume un senso definitivamente “storico”. C’è sicuramente un aspetto personale, ma più che in ogni altro suo film precedente ogni data, ogni momento del giorno e persino ogni secondo assumono un’importanza enorme per quello che gli eventi rappresentati significano per la nostra storia recente. Il culmine di questo concetto è proprio il Trinity test, per il quale Nolan riesce a costruire un senso di attesa ed angoscia crescente man mano che ci si avvicina al momento della detonazione, fino all’immancabile countdown.
Creare un certo tipo di emozione e rimanere credibili agli occhi del pubblico necessita degli attori che recitino ad alto livello, e di certo il talento nel cast non manca. E per questo si innesca una sorta di gioco per lo spettatore, dal momento che con cadenza regolare viene introdotto un nuovo personaggio interpretato da una star internazionale. Per fare un esempio senza nominarli tutti, Gary Oldman appare verso la fine del film nelle vesti di Harry Truman, il presidente degli Stati Uniti appena succeduto a Roosevelt. Resta in scena per pochi minuti, eppure riesce a regalare una scena di grande intensità e valore simbolico. Robert Downey jr., invece, interpreta Lewis Strauss, presidente della Commissione per l’Energia Atomica, ed è fondamentale per tutta la seconda parte del film. Tutti i momenti in cui è sullo schermo sono in bianco e nero e riescono a dare una profondità maggiore al film, attingendo a piene mani alla tradizione statunitense di cinema sul potere e sugli intrighi politici. Tuttavia, pur essendo una grande interpretazione, scade ogni tanto in qualche deriva macchiettistica di troppo, come per altri ruoli un po’ sullo sfondo – Rami Malek, ad esempio. Qui, forse, risiede una delle poche pecche del film, in quanto vuole raccontare una storia troppo vasta e intricata, irta di personaggi tutti a loro modo interessanti – ci sono svariate scene con Einstein, per dire, o con Niels Bohr interpretato da Kenneth Branagh. Inoltre, i personaggi femminili sono lasciati un po’ troppo sullo sfondo, pur avendo un paio di momenti di assoluto protagonismo, uno dei quali vede esaltarsi Emily Blunt nel ruolo della moglie di Oppenheimer.
Oppenheimer: tecnica registica al suo zenith?
A livello più puramente stilistico, ci sono almeno 3 aspetti da sottolineare: il suono è senza dubbio la componente più affascinante. Lo spettatore viene costantemente “bombardato” da suoni, musiche, ticchettii, rumori di sottofondo che si mescolano in un’orchestra infernale. Il subbuglio interiore di Oppenheimer è sonoro prima che visivo, ed è una grande trovata far esplodere il suono in tutta la sua potenza non durante il Trinity test, ma dopo. Quando Oppenheimer si rende davvero conto di ciò che è successo dopo Hiroshima e Nagasaki, è lì che sentiamo tremare tutto, ed è grazie a questo fatto di avere un suono narrativo, e non solo di accompagnamento, che le domande poste dal film assumono una rilevanza diversa, appunto epica.
Il montaggio di Jennifer Lame, che ha già lavorato con Nolan per Tenet, ma anche per film come Midsommar o Manchester by the sea, è superlativo. Si tratta di un aspetto spesso sottovalutato nella riuscita di un film, ma è in realtà grazie al montaggio che il cinema è diventato tale. E storicamente è un lavoro in cui le donne hanno sempre avuto un ruolo importante, ed è giusto che venga sottolineato, soprattutto quando è così ben riuscito come nel caso di Oppenheimer. Certo, la fotografia di Hoyte van Hoytema e la regia di Nolan sono ovviamente eccellenti, ma sono aspetti decisamente evidenti. Il suono e il montaggio di solito passano in secondo piano nel vedere un film professionale, ma avere una qualità del genere non è scontato, e riuscire a montare un film così complicato regalando il giusto ritmo è un pregio da sottolineare. Considerando anche la durata di tre ore, il fatto di sorprendere sempre lo spettatore con ottime scelte di montaggio aiuta il film a scorrere in maniera molto fluida.
Gli effetti speciali sono stati ovviamente tema di dibattito, soprattutto da quando si è saputo che l’esplosione del Trinity test non sarebbe stata realizzata in CGI. Certo, non è stata fatta esplodere una bomba nucleare per davvero, ma una bomba fabbricata per il film è esplosa. Secondo Nolan, la CGI regala un senso di “sicurezza” eccessiva, mentre con un’esplosione reale questa sicurezza sparirebbe. La domanda che probabilmente si pone chiunque prima di vedere il film è: ma quindi, quest’esplosione com’è? Ne vale la pena. Senza rivelare troppo, è scientificamente accurata, per cui se non sentite l’esplosione arrivare subito non vi preoccupate, arriverà.
In definitiva, Oppenheimer è un film imponente, che tenta di farsi strada come uno dei film decisivi di questa prima metà del 22esimo secolo. Nella sua interezza non riesce a raggiungere un livello tale, ma sicuramente c’è un totale di 40-50 minuti di scene che valgono forse la parola capolavoro. Si perde forse un po’ in alcune dinamiche e imprecisioni storiche – del resto necessarie dal punto di vista di ciò che voleva raccontare Nolan – ma il prodotto finale è un film che colpisce e non lascia indifferenti. Se potete, andate a vederlo al cinema e lasciatevi trascinare.
Claudio De Angelis
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