Dopo il grande successo ottenuto con Il ritratto di una giovane in fiamme, Céline Sciamma torna sul grande schermo con Petite Maman, un piccolo e onirico film di formazione familiare.
Petit Maman è la nuova fatica di Céline Sciamma. Un’opera presentata in anteprima in Italia ad Alice nella Città 2021, dopo essere stato in concorso al Festival di Berlino nello stesso anno. Il film porta in scena tutte le caratteristiche che la regista ama raccontare sul grande schermo: dolore, lutto e perdita.
L’opera parte all’interno di una casa di riposo per anziani dove incontriamo Nelly (Joséphine Sanz), una bambina di otto anni, suo padre (Stéphane Varupenne) e sua madre (Nina Meurisse). La nonna materna della piccola è morta e la madre è avvolta da un dolore invisibile, molto simile alla depressione, catapultando la bambina nel dramma della vita reale che non è fatta solo di bambole.
Arrivati a casa della nonna in campagna, dove la madre era cresciuta, Nelly decide di lasciare l’ambiente domestico e passeggiare per i boschi circostanti. Ad un certo punto la bambina incontra Marion (Gabrielle Sanz), una bambina molto simile a lei, non solo per l’aspetto fisico, ma anche per età e stile. Capiamo immediatamente che quella non è una bambina come un’altra: è sua madre quando aveva l’età di Marion.
Quante volte ci siamo chiesti cosa facesse nostra madre alla nostra età? Quali erano i suoi sogni, i suoi giochi, la sua vita? Nelly questo desiderio lo ha realizzato ed è riuscita ad andare nel tempo, in qualche modo, e conoscere sua madre. Un incontro impossibile, fantascientifico, surreale eppure Sciamma ce lo mostra così “normale” nella sua autenticità. Ce lo racconta come una cosa comune, anche se non lo è.
Petite Maman è incantevole e ammaliante, oltre che un film bizzarro ed inquietante per definizione. Anche in questo caso la registra narra un ritratto di donne, le mette a confronto tra di loro, le rende così meravigliosamente simili nonostante le generazioni. Ha raccontato il rapporto madre-figlia in modo inconsueto, intimo.
Sciamma bilancia perfettamente realismo ed irrealismo dove il rapporto tra Nelly e Marion è uno spartiacque decisivo della relazione tra la bambina e la madre che conosceva a malapena. Nelly in qualche modo si riconcilia con il suo presente, con quella figura che non aveva mai compreso fino in fondo. Mentre la madre comprende si il suo passato e capisce la strada verso il futuro.
Petite Maman è un lavoro complesso, soprattutto da un punto di vista narrativo e della sceneggiatura. Un film che dura 72 minuti con un ritmo lineare, senza scossoni; un’opera paziente e rilassata che ci introduce all’interno della storia come se fosse una fiaba. La fotografia curata da Claire Mathon ha uno stile visivo semplice, che gioca abilmente tra mondanità e fantasia. Mentre la colonna sonora è per lo più assente: i lunghi silenzi sono sono colmati da brani in sottofondo.
Più che due bambine, Sciamma ci fa incontrare due giovani donne creando un mondo onirico di ricordi per affrontare ed elaborare un lutto complicato da superare e riuscire a riappacificarsi con il rimorso del passato, comprendere le scelte e guardare avanti. Forse la chiave centrale della pellicola è proprio il tempo: passato e presente si intrecciano, diventano tutt’uno per il futuro.
Ad un certo punto non sappiamo se ci siamo stato un viaggio nel tempo o se Nelly abbia qualche potere soprannaturale, alla fine nemmeno questo è importante. Il succo della storia è conoscere due donne che si incontrano per la prima volta nella loro vita per davvero, si comprendono e si ritrovano per vivere insieme. Nelly e Marion giocano, parlano, si confidano, ridono. I due mondi esistono fianco a fianco, divisi solo nel tempo.
Petite Maman è un’opera sul dolore raccontato da un bambina di otto anni che in qualche modo sta cercando aiuto per elaborarlo. Una fiaba moderna che non mette davanti il dramma di una cerimonia funebre, ma che ci narra cosa scatta nella mente delle persone che si ritrovano ad affrontare un evento così devastante.
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