The Dig (La Nave Sepolta) è un film di Simon Stone, distribuito da Netflix nel 2021, che narra della scoperta del tesoro di Sutton Hoo nel 1939, che ha contribuito a riscrivere la storia antica della Gran Bretagna.
L’aria secca, immobile, antica, della tomba di un faraone sconosciuto. Fattezze marmoree che riemergono dalla terra secca. Anfore contenenti vino vecchio duemila anni che spuntano nella sabbia di un fondale.
E tumuli che si ergono in una pianura inglese. Cosa ci sarà, là sotto?
Ralph Fiennes è Basil Brown, e non è un archeologo: è uno scavatore esperto, ma non ha una laurea e, fuori dall’accademia, viene visto come poco piu di un tombarolo. La ricca vedova Edith Pretty (Carey Mullighan), nel tentativo di esorcizzare la scomparsa del marito, lo assume per escavare nei tumuli presenti nel suo terreno: strutture antiche, funerarie, forse vichinghe o addirittura anglosassoni. Una curiosità irrefrenabile, ed una immediata sintonia anima i due e contagia anche il figlio di Edith, Robert. Ben presto, molti altri si uniscono allo scavo: vicini di casa, ed il cugino di Edith, Rory Lomax (John Flynn) ed una pletora di archeologi del museo locale, quello della contea di Ipswich. La scoperta di una nave, però, o almeno ciò che ne resta dopo secoli e secoli, si rivela straordinaria ed attrae l’interesse del British Museum – e l’eminente archeologo Charles Phillips (Ken Stoot), e la sua combriccola comprendente Peggy e Stuart Piggott (Lily James e Ben Chaplin) raggiungono il sito. Dettando legge. Nel mentre, Edith combatte con una salute traballante, che declinerà rapidamente.
The Dig è un film poetico e delicato. È una storia appassionata ed appassionante, vissuta da personaggi reali – è una storia vera, quella della scoperta del tesoro di Sutton Hoo, che ha fatto sì che l’intera storia della Gran Bretagna venisse riscritta – e ottimamente recitata.
In precario equilibrio fra la vita e la morte, fra l’eternità raggiunta da quegli anonimi guerrieri in un sepolcro così magniloquente da essere una collinetta artificiale, ed il terrore di essere dimenticati espressi da Edith; Brown, uomo concreto, dal canto suo, a testa bassa, lavora, emozionato alla sola idea di esser parte di una scoperta simile. Fra passato e presente, il tema del decadimento e della morte viene vissuto in tutte le sue sfumature, con funerali ancora in vita e notti a guardare le stelle. The Dig, inoltre, è parte di quel filone di film intellettualmente impegnati che raramente più si vedono: il solo intento di raccontare una bellissima storia è ben centrato, le storyline che si intrecciano le une alle altre lo fanno con grazia. Le interpretazioni dei navigati attori protagonisti, Fiennes e Mullighan, sono magistrali nel dipingere due creature differenti ma sole in modo simile, e che cercano disperatamente una connessione, e che passi, indissolubilmente, per la cultura. I loro volti sono ocra come la terra, sebbene bianchi e pallidi, contrapposti a quelli di Lomax e Peggy, giovani, in fiore, innamorati. La vita che si contrappone alla morte, che è crudelmente presente anche negli aerei della RAF che sorvolano il sito, nella furia che anima il campo nel tentativo di terminare gli scavi prima dell’entrata in guerra del Regno; nei proclama di Churchill alla radio, ascoltata con crescente apprensione. Alcune inesattezze storiche sono perdonabili per rendere maggiormente romanzata la storia, e non rendono stucchevole il messaggio finale: Peggy, ad esempio, era un’archeologa già nota quando iniziò a lavorare al sito, ed il personaggio del cugino di Edith, Lomax, è totalmente frutto di fantasia.
A livello tecnico, The Dig è un film maturo, pienamente cosciente di sé e non pecca di nulla. Una regia poco invadente, quella di Simone Stone, australiano promettente che ha firmato solo un altro lungometraggio, The Daughter, da L’Oca Selvaggia di Ibsen; e ancora teatrale è appunto il suo occhio, che lascia agire i personaggi in poche location predisposte, lasciandoli parlare, interagire. Fra monete d’oro e di navi di cui resta solamente l’impronta, piloti giovani e morti troppo presto.
The Dig, poi, affronta un tema piu sottile: contrapposta alla guerra, la pace portata dalla cultura. Si credeva che gli Anglo-Sassoni fossero dei bruti, civilizzati dai Vichingi: al contrario, la scoperta di Sutton Hoo dimostrò che quei popoli avevano una raffinata civiltà – e lo stesso non si può dire della Germania, che proprio in quei giorni invadeva la Polonia con la scusa dello spazio vitale.
Fra momenti toccanti – quali ad esempio la scoperta della malattia da parte di Edith, i freddi addi di Brown con la moglie, nonché i suoi attimi di incoscienza sommerso da una frana – The Dig si dispiega in tutta calma, come un assolato pomeriggio di autunno, quando, quasi al tramonto, viene voglia di addormentarsi e rilassarsi, coccolati dalla dolcezza di un finale agrodolce. È un film che riporterà la voglia di scoprire, approfondire, tanto quanto i suoi protagonisti, persone reali, hanno dato all’archeologia e dunque alla storia del Regno Unito.
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