Enorme la performance di Sabrina Impacciatore in quello che è un dramedy intriso di satira pungente e conturbante. La seconda stagione di The White Lotus è narrativamente stuzzicante e prende di mira un gruppo di individui ricchi e potenti in vacanza nei pittoreschi borghi siciliani.
The White Lotus è la serie dell’anno? Sì. Non è un caso che pubblico e critica siano unanimi nel concordare sulla qualità del prodotto scritto ed ideato da Mike White. Sa di che cosa parla quando concentra la sceneggiatura su un gruppo di milionari bianchi che trascorrono le vacanze in un hotel a cinque stelle. Uno spettacolo nato come miniserie ma che poi si è trasformata in una serie antologica dopo il clamore della prima stagione. Ed è così che il primo capitolo è slegato – quasi – totalmente dal secondo, con storie nuove e personaggi fastidiosamente intriganti.
La serie è profondamente autoriale, ambientata in una fittizia catena di hotel di lusso chiamata The White Lotus.
Il racconto inizia dalla fine – un artificio divenuto ormai frequente, ma qui ha un senso giustificato – e con un preambolo che ci lancia all’interno di una storia fatta di personaggi problematici e, a tratti, sgradevoli. Il sole splende su una candida spiaggia in Sicilia con file di ombrelloni e bagnanti impegnati a spalmarsi la crema solare. In uno scenario piacevole e gustoso viene trovato un corpo in mare: chi è?
Mentre la polizia arriva sul posto, uno dei primi personaggi che ci vengono presentati è quello di Valentina (Sabrina Impacciatore), direttrice dell’hotel a cinque stelle The White Lotus dalla forte personalità, che viene a sapere che la persona trovata senza vita in mare è uno degli ospiti dell’albergo, ma non è l’unico, visto che ci sono anche altri cadaveri.
Il nastro si riavvolge rapidamente e torniamo ad una settimana prima. Tre gruppi di ospiti sono diretti al resort allocato in una suggestiva Taormina. Ritroviamo la disordinata e problematica Tanya McQuoid (Jennifer Coolidge) – l’unico personaggio che ha preso parte alla prima stagione – in arrivo in Sicilia con la sua assistente Portia (Haley Lu Richardson). È lì per ricongiungersi il suo nuovo marito Greg (Jon Gries), che ha conosciuto quando era al The White Lotus alle Hawaii.
Facciamo poi la conoscenza dell’introverso ed enigmatico Ethan Spiller (Will Sharpe) e la carismatica moglie Harper (Aubrey Plaza), i due hanno deciso di accettare l’invito di andare in vacanza con l’egocentrico ex compagno di college di Ethan, Cameron Babcock (Theo James), un imprenditore tecnologico milionario che è in affari con Spiller, e di sua moglie Daphne (Meghann Fahy). C’è anche il produttore cinematografico italoamericano Dominic Di Grasso (Michael Imperioli) con il figlio Albie (Adam DiMarco) e il padre Bert (F. Murray Abraham) per visitare i luoghi delle origini da cui provenivano i nonni di Bert.
Tra queste tre storie di turisti si insinuano anche quelle di Lucia (Simona Tabasco), una escort di professione, e della sua amica Mia (Beatrice Grannò), aspirante cantante, che cercano in tutti i modi di intrufolarsi nel resort. Dopo un inizio difficoltoso, per via della fermezza di Valentina che sa benissimo chi sono le ragazze, le due riescono a vivere quella che descriveranno in seguito come “una settimana magnifica”.
The White Lotus è satira socio-culturale, dove l’umanità mostra il peggio di sé tra meschinità e opportunismo. Uno spettacolo incentrato su ricchi bianchi insoddisfatti e annoiati da una vita lussureggiante e un po’ blasé con i loro problemi miseri. Sono individui avidi senza meta. Si fatica ad empatizzare con ognuno di loro, certi che la vita gli debba ancora una opportunità e intenti nel recriminare una felicità automatica. Non gli interessa vivere in un luogo ‘reale’, vogliono solo rimanere in una ‘gabbia dorata’ che ha lo scopo di tagliare fuori tutti gli altri. Storie che poi non sono così tanto ‘fiction’, portate sullo schermo senza troppi eccessi o sequenze grottesche, tutte accerchiate da un simbolismo inquietante ed estremo.
La narrazione è dinamica nel descrivere le trame che si sviluppano in modo impeccabile ed illusorio, feconda nell’assicurarci la certezza di un finale esaustivo e, solo apparentemente, da ‘lieto fine’. La scrittura è sapientemente spietata e veloce, con un ritmo serrato. La fotografia riesce a catturare posti paradisiaci e la scenografia gioca un ruolo cruciale nel presentare un luogo magico tanto quanto infernale, con il mare mosso che ci avvisa della tempesta che sta per arrivare da un momento all’altro.
Meraviglioso il contrasto degli animi inquieti e sopraffatti dei personaggi con l’eleganza siciliana dei paesaggi soleggiati, i riferimenti intellettuali, gli ornamenti della tradizione e i vari cliché italiani messi in risalto da una colonna sonora che attraversa la musica pop e cantautorale di ‘casa nostra’ in maniera un po’ random, facendoci sbalzare da De André a Raffaella Carrà, da Battiato a La Rappresentante di Lista, da Modugno a Orietta Berti, da Mina a Miss Keta, da Cocciante a Ornella Vanoni.
Una stagione che sottolinea le complicate relazioni tra coniugi, la nascita dei nuovi amori, ma anche vecchie amicizie messe alla prova da una gelosia inconscia e tentativi irrealizzati di stabilire nuove dinamiche. Con un cast che dà vita a queste complesse dinamiche, mettendo in mostra performance sorprendentemente implacabili, dove tutti gli attori riescono a concatenarsi e rendere al meglio.
Tra tutti va esaltata l’ennesima performance sapiente e maestosa di Jennifer Coolidge, straordinaria nel raccontare una Tanya insicura, il cui obiettivo nella vita è solo uno: amare ed essere amata. Un vulcano di eccentricità che ha meritato gli Emmy della prima stagione e che li meriterebbe anche nella seconda stagione, con un finale esaustivo e agrodolce. Una eccellente prova fisica.
A giganteggiare è anche, e soprattutto, una camaleontica Sabrina Impacciatore, sublime la sua interpretazione di Valentina, dall’inizio alla fine. A lei la serie affida alcune battute iconiche – come quella improvvisata di Peppa Pig – che permettono di accedere ad una chiave di lettura più profonda di uno spettacolo apparentemente leggero, ma che sbeffeggia l’umanità con una critica intelligente e garbatamente fastidiosa.
Impacciatore ha confermato, ancora una volta, un talento – troppe volte inespresso – puro e autentico, che non ha bisogno di artefici per spiccare. Si è saputa prendere la sua rivincita nel vestire i panni di una donna forte e tenace, quanto vulnerabile ed innocente, a volte ingenuotta nel prendersi una cotta per la prima persona che le presta un minimo di attenzione.
Nonostante abbia amato la prima stagione, non posso negare di essermi sentita maggiormente coinvolta nel secondo capitolo dello spettacolo. Sarà per una colonna sonora eccellente, per i paesaggi idilliaci siciliani che fanno da sfondo, per l’omaggio alla ‘dolce vita’ degli anni ’60 e alla settima arte italiana, ma la dramedy è uno spettacolo crescente, dove i luoghi da cartolina lasciano il posto a posti inquietanti con dettagli disturbanti e dal messaggio che la ricchezza non è sinonimo di buongusto e raffinatezza.
The White Lotus è un fenomeno sociale. Un noir amaro e grandioso, colmo di ansia e pieno di emozioni ambigue e persistenti.
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