L’Antica Apocalisse è una docu-serie Netflix firmata Graham Hancock, noto giornalista di pseudoarcheologia ed archeologia misterica, il quale sostiene che una civiltà industrializzata ed avanzata ci abbia preceduti, e sia stata distrutta dal grande diluvio universale.
Esistono storie che non esistono, recitava un famoso comico italiano.
E sulle storie che non esistono il buon vecchio Graham Hancock, classe ’50, inglese, ha costruito un mini-impero. Di fuffaroli è pieno il mondo; di fuffaroli particolarmente intelligenti e capaci di farsi finanziare una serie di documentari ad alto budget da Netflix, no.
Per i meno avvezzi, mr Hancock è un giornalista di pseudo-archeologia misterica: egli ricerca i cosiddetti OOpart, oggetti ritrovati, in siti archeologici, che non dovrebbero appartenere all’epoca alla quale si sta scavando – che so, un joypad di una Playstation in un sito Inca.
Assieme ai Gilgamesh del complotto Zacharia Sitchin e Peter Kolosimo, Hancock è re e anche imperatore della fuffa, dell’anti-scientificità, dell’anti-accademismo. Nella visione hancockiana, noi accademici siamo tutti un branco di cretini, incancreniti nelle nostre convinzioni, che usiamo come immutabili fondamenta per il culo sulla poltrona dell’ufficio universitario. Chiunque abbia mai frequentato un’università potrà facilmente rendersi conto che siamo fin troppo sottopagati per non inseguire un’idea che stimoli la nostra curiosità e la nostra passione.
Ma Hancock ha bisogno di un nemico, e dunque egli odia l’accademia.
Tornando a noi. Laddove Sitchin aveva le sue tavolette maltradotte dal sumero e i suoi Annunaki, Kolosimo i suoi viaggiatori spazio-temporali, Hancock tiene maggiormente i piedi per terra e si ispira alla lore di Assassin’s Creed: chi c’era prima di noi? Siamo la prima civiltà industrializzata e unitaria su scala mondiale o c’è stata, prima di quella corrente, durante, magari, per comodità, l’ultima era glaciale, un’altra civiltà che ha sviluppato piattaforme streaming dove distribuire fuffa? E che, poi, purtroppo, riposino in pace, siano stati inghiottiti dai flutti come Atlantide – ah, ops, non come, ma PROPRIO Atlantide?
Sostanzialmente la teoria di Hancock è piu’ classica, nel senso platoniano del termine, e meno prona al delirio rispetto a quelle di Sitchin e Kolosimo, e, dunque, piu’ difficile da debunkare, e anche piu’ semplice da trasmettere alle folle: semplicemente perché non è possibile visitare la maggior parte dei luoghi nei quali Hancock sostiene che questa fantomatica civiltà, annichilita dall’antica apocalisse, abbia prosperato, in quanto, banalmente, sommersi dai mari. Infatti, il pianeta Terra attraversa periodi di glaciazioni e riscaldamento, che durano in genere svariate migliaia di anni. L’ultimo periodo di massimo glaciale è terminato circa nel 12.000 avanti Cristo, poi seguito dalla rapidissima serie di eventi dello Younger Dryas, durata circa un secolo. Durante l’ultima glaciazione, il livello dei mari era così basso che Malta e la Sicilia erano unite; l’Adriatico sostanzialmente non esisteva; lo stretto di Bering era una desolata landa denominata Beringia e l’arcipelago indonesiano un’unica terra emersa chiamata, fantasiosamente, dai geologi, Sundaland. Il periodo immediatamente seguente, definito Younger Dryas dal nome di una conifera nordamericana, ha portato all’improvviso innalzamento dei mari, periodi di caldo imprevisto, e, infine, il lento scioglimento delle calotte glaciali che ricoprivano nord America ed Europa, rispettivamente fino al Minnesota e alla Borgogna. Creando il mondo come lo conosciamo ora. Tale disastro, giudizio chiaramente relativo, si deve presumibilmente ad una tempesta di meteore o ai frammenti di una cometa che impattarono proprio sulle calotte glaciali, causando, in Nord America, l’improvvisa esondazione di un lago glaciale – il lago Missoula – corrispondente allo stato di Washington, avvenuta nel giro di pochi anni, in ciò che viene ora definito il Washington Scabland. Qui l’articolo di Nature.
Tutto ciò che vi ho enunciato, sebbene complesso, è verità scientifica. Troverete articoli pubblicati su riviste del settore, dopo aver saltato i primi risultati su Google provenienti da siti di complottari e fuffari. L’operazione di Hancock è estremamente intelligente. L’homo divulgatoris, infatti, prima espone le sue strampalate teorie tirando in ballo vari siti megalitici in mezzo mondo, e, poi, nell’ultimissima puntata della serie in otto episodi, afferma verità storiche come quelle del lago Missoula e dello Younger Dryas. Egli inverte causa ed effetto, e distorce la storia a proprio piacimento. Segue esempio pratico.
C’è una collina a Giava, in Indonesia, chiamata Gunung Padang, in cui c’è un interessantissimo sito megalitico costruito interamente in basalti esagonali, i.e. rocce quasi-cristalline formatasi dal rapido raffreddamento di lave basaltiche. La troupe di Hancock, tirando in ballo strampalate datazioni al Carbonio 14, ha analizzato il cosiddetto bed-rock, il terreno sottostante gli strati culturali del sito, datandolo ben al 21.000 avanti Cristo! Incredibile, una civiltà avanzatissima mentre si credeva che i nostri antenati stessero ancora a lanciarsi le ossa dei morti fra di loro!
Hancock è poeta nel distorcere i dati e la scienza con la sua antica apocalisse, ma basta ragionare per distruggere le sue affermazioni: la datazione al carbonio 14, infatti, si basa sul carbonio appartenente a creature viventi – e nulla vieta che, 21.000 anni fa, in quello strato di polvere e roccia, ci fossero creature viventi. In altre parole, se non connesso al ritrovamento di frammenti di origine umana, tale numero non prova assolutamente nulla.
Digressioni scientifiche a parte, L’Antica Apocalisse ha anche qualche merito. Si tratta di una serie-documentario ottimamente realizzata, che va a far conoscere al grande pubblico siti interessantissimi e di incredibile rilevanza storica: Gigantja, a Malta; Catal Hoyuk, in Turchia; il Serpent Mound in Ohio. Riprese aeree di grande pregio, e ottime spiegazioni dal punto di vista storiografico – se l’ascoltatore è in grado di discernere la realtà dalla fantascienza. I prolissi primi piani di Hancock stesso, che incede con sguardo sognante su una spiaggia tropicale, però, non aiutano la fruibilità del prodotto: ciò che colpisce, ne L’Antica Apocalisse, e che tiene incollato lo spettatore, almeno nel mio caso, è la curiosità di veder fin dove la capacità immaginifica di Hancock stesso si spingerà; quale teoria di costruzione delle piramidi Maya ed egizie riuscirà a mistificare e rendere volontariamente misterica. In quali modo cercherà di offendere ed attaccare gli accademici tout court, senza fare distinzioni fra quelli europei e quelli americani, e fra coloro con formazione scientifica e quelli con formazione STEM.
L’Antica Apocalisse è, però, una visione consigliata a tutti: è in grado di scovare il complottista in ognuno di noi. E, miei cari lettori, se vi trovate per caso d’accordo con alcuna delle teorie del vate Hancock, dovreste seriamente riconsiderare il vostro grado di educazione e la vostra capacità critica. Wikipedia è qui per voi.
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