The Witcher torna su Netflix con la seconda parte della terza stagione dal 27 luglio. Quest’ultima tranche è composta da 3 episodi dalla durata di 55 minuti ciascuno e va a portare a termine il viaggio intrapreso dai protagonisti durante tutti gli episodi. Questa sarà anche l’ultima stagione in cui lo strigo sarà interpretato da Henry Cavill.
The WItcher 3 porta avanti il percorso di Ciri verso il compimento del suo destino.
La stagione riprende esattamente da dove si era interrotta, con il ballo organizzato ad Aratuza in cui ornuno dei partecipanti sembra avere in mente un piano preciso da mettere in atto. Il tutto mentre Geralt e Yennefer cercano una soluzione per salvare la vita a Ciri ed impedire una guerra ormai imminente.
Per quanto chi era dietro le macchinazioni sembrerebbe ormai essere messo all’angolo, un’oscura ombra si prepara a colpire senza pietà e tutti sembrano dover pagare le conseguenze delle loro scelte. Ciri dal canto suo non sembra essere ancora pronta ad abbracciare il proprio potere ed il destino che l’aspetta.
Per evitare spoiler non continuerò con l’analisi della trama, tenendoci a precisare che i tre episodi conclusivi portano sullo schermo un bel numero di colpi di scena che gettano le basi per una movimentata quarta stagione.
The Witcher ha forse perso il suo mordente?
Tecnicamente parlando questa serie è ben fatta e si lascia guardare in maniera molto piacevole, ma quest’ultima stagione se paragonata alle precedenti sembra aver perso quel qualcosa che la rendeva speciale.
Il difetto più evidente è il ritmo: la storia prosegue lentamente per poi recuperare soltanto nei tre episodi finali che comunque risultano sotto tono rispetto a quello che la seria ci ha mostrato di saper fare. Complice forse l’eccessiva politica messa in scena in questi episodi, veramente troppo ridondante anche i un mondo così politicizzato come quello in cui vive Geralt.
Il che ci porta al secondo grande difetto, la quasi totale mancanza di mostri: io non dico che la serie deve ridursi a divenire una semplice copia dei videogiochi, ma sicuramente il bestiario di creature leggendarie da cui attingere è molto vasto e qualcosa in più si sarebbe potuto trovare.
Insomma questa terza stagione di The Witcher sembra essere una stagione di transizione più che altro, per definire i ruoli di determinati personaggi iconici dei libri e per prepararci al prossimo arco narrativo. Il problema è che l’attesa lunghissima che ogni stagione ci obbliga a vivere porta poi ad una crescita dell’aspettativa, che potrebbe non essere pienamente soddisfatta.
Visivamente The Witcher è ben fatta e porta in scena un mondo vivo e credibile.
Se i libri ed i videogiochi della saga ci hanno insegnato qualcosa è che il mondo in cui si muovono i protagonisti è vivo e muta costantemente. In questa stagione questo rimane sicuramente un punto saldo della serie, con tutte le nazioni e le varie alleanza che si forgiano e si distruggono così come l’opera di Sapkowski ci ha abituato a vedere.
I combattimenti della serie sono sempre ben fatti, con coreografie chiare e sempre godibili, anche se onestamente meno ispirate rispetto alle stagioni precedenti (la battaglia che vale il soprannome di Macellaio a Geralt rimane imbattuta).
I mostri per quanto poco presenti sono sicuramente ben fatti, con una CGI decisamente più credibili anche di alcune pellicole uscite al cinema. La fotografia è sempre sporca e tendente al grigio nero, come se tutto il mondo fosse invaso di pece e fumo. Più colorate invece le scene nelle varie corti, che risultano con colori più brillanti ed accesi.
Insomma questa terza stagione di The Witcher è godibile e sicuramente va vista per chi è appassionato alle gesta di Geralt, ben consapevoli di non trovare un prodotto perfetto ma comunque apprezzabile. Piccola nota dolente: questa sarà l’ultima volta che vedremo Cavill nei panni dello strigo e per quanto Liam Hemsworth sia un attore competente, sarà comunque difficile vedere un volto diverso per il protagonista.
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