Daniel Tompkins: le dicotomie della vita nei White Moth Black Butterfly [intervista]

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Vi abbiamo parlato qualche tempo fa del nuovo lavoro, preziosissimo, dei White Moth Black Butterfly, The Cost of Dreaming. Abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con il cantante, nonché fondatore, del progetto, il poliedrico Daniel Tompkins – già vocalist nei Tesseract.

Ciao Daniel! Sei soddisfatto di The Cost of Dreaming? Come è stata l’accoglienza da parte del pubblico?

Ciao a te! Sono assolutamente soddisfatto del risultato di questo lavoro. Per ciò che concerne l’accoglienza… beh, tranne che per i pochi appassionati, onestamente mi aspettavo più calore. Coloro che l’hanno ascoltato hanno risposto in modo estremamente positivo, non c’è stata alcuna critica – nemmeno comparato ad Atone. Il problema è stato nella vera e propria scoperta di The Cost of Dreaming da parte del pubblico. Forse c’è stato poco hype rispetto ad Atone? Non so, perché trovo che questo album sia molto più forte. Forse perché è meno prog? È più pop? Ci sono più brani individualmente forti, c’è più storytelling? Non so. Ci sono stati problemi di pubblicità, soprattutto sui social media e da parte nostra. Ma è un periodo particolare, si vedrà come procederà. In ogni caso penso sia il mio lavoro più raffinato… conosci Imogen Heap?

Certo!

Ecco, sono capitato sulla sua pagina Facebook e ho notato un post in cui condivideva un evento. C’erano dieci o quindici like, non di più. Facebook è definitivamente morto.

Spostiamo i White Moth Black Butterfly su TikTok, il social del futuro! Riguardo l’audience dell’album… credo che aumenterà col tempo. C’è una certa dilatazione temporale, ormai, nella scoperta di nuova musica, vista l’enorme scelta che il consumatore ha.

Sì, credo che avrà successo sulla lunga distanza.  

Ecco, data la particolarità del periodo… raccontami come è nata l’idea e come si è svolto il lavoro di composizione.

È venuto tutto da sé. Lavoriamo in differenti continenti – e parliamo poco. Abbiamo comunicato per audio su whatsapp, scambiandoci demo ed idee. Abbiamo lavorato separatmente, contrariamente ad Atone. È stato un processo magico: ogni livello aggiunto da ogni musicista era perfetto, e siamo riusciti a compiere l’impresa di comporre un album pieno di bellissime canzoni, e anche molto catchy, in certi casi.

Quindi l’album è stato composto interamente l’anno scorso?

Avevamo già qualche demo da un paio d’anni. Appena finito Atone, avevamo ancora delle idee che avevamo tralasciato, ma la stragrande maggioranza è stato scritto l’anno scorso.

Cos’è cambiato rispetto ad Atone?

Ben poco, devo dire. Il nucleo dei brani dei White Moth Black Butterfly si compone della scrittura mia e di Jordan Bethany per ciò che concerne i testi. Randy invece si trova negli Stati Uniti, assieme a Mac, mentre Keshav (Dhar) è in India. Normalmente, il corpus iniziale della musica parte da Randy. Ci manda delle demo, Mac e Randy ci lavorano su, e inviano l’instrumental a me e Jordan, che ci divertiamo a comporne linee vocali e testi. È un processo incredibilmente lineare! Non ci piace complicare le cose. Non abbiamo problemi di composizione, ogni brano ed ogni obbiettivo ci vengono naturali.

Parlami dunque di come la pandemia abbia influenzato la composizione e i temi proposti. Mi ha colpito moltissimo la drammaticità di Use you.

Abbiamo evitato accuratamente di cadere nella trappola. Abbiamo aggirato l’argomento. Molti musicisti non hanno fatto che fare “covid album”, mentre noi volevamo comporre qualcosa di reale, problemi di tutti i giorni – anche se ovviamente la sensibilità che c’è stata dietro la sua produzione è stata toccata dalle difficoltà dell’ultimo anno. Da parte mia, ho provato a scrivere i testi in risposta alla musica: quando ascolto un demo, non mi approccio mai ad esso con un’idea pre-concetta, lascio che essa mi colpisca. Per me è più facile scrivere una storia in risposta alla musica. The Cost of Dreaming è pieno di problemi reali e comuni, che sono spesso essi stessi dicotomici: come il nostro nome, White Moth Black Butterfly. Ying and Yang, caos e ordine. Abbiamo pensato come introdurre un esito positivo nel finale dell’album, ma allo stesso tempo arricchirlo di elementi crudi e crudeli; la storia dell’album riguarda sostanzialmente la nascita – o la riscoperta – di un sogno. Tratta il ricordare ciò che abbiamo già e ciò che ci manca. Essere ottimisti ma realisti. La vita è difficile, e anche i problemi vanno trattati. Problemi che si sono moltiplicati, nell’ultimo anno. Ecco… hai parlato di Use you. Ad inizio lockdown, mi sono subito domandato cosa ne pensassero coloro che, più di ogni altra cosa al mondo, non volessero essere rinchiusi.

Persone con problemi mentali, casi di violenza domestica, persone che già avrebbero preferito scappare. Use you parla di loro. È il brano più oscuro di The Cost of Dreaming.

Effettivamente ci siamo domandati se inserirla o meno, perché è un brano difficile da ascoltare e molti possono essere colpiti da esso – ma io credo che rinfreschi e dia un tono fortemente teatrale all’album.

In The Cost of Dreaming ci ho visto una profonda ammissione di colpa. Dall’ammissione, la rinascita, e la speranza di riscoprirsi persone capaci di essere migliori.

Non c’è solo ammissione di colpa, ci sono anche rabbia, paura, distacco. Delusione. Ci sono problemi personali, miei, di cui non amo parlare ma di trovo rassicurante scoprire. Lascio l’interpretazione all’ascoltatore. È una sensazione di catarsi, è stato in molti casi il mio tentativo di scendere a patti con questioni risalenti, ormai, a molti anni fa. Questioni esagerate drammaticamente dalle difficoltà dell’ultimo anno: la mia famiglia, problemi finanziari. Ti fa rivalutare chi tu sia, riconsiderare il tuo modo di fare arte. È per questo che scrivere questo album è stato catartico.

E com’è cantare le canzoni dei White Moth Black Butterfly? Tu hai una voce espressiva e teatrale, sei fra i vocalist migliori in circolazione. Ti adatti al pop e al metal dei Tesseract senza problemi.

In questo album ci sono brani che sono ugualmente difficili a quelli dei Tesseract. Se ascolti verso la fine dell’LP, in Spirits, ci sono alcuni passaggi che richiedono moltissimo controllo e fatica: cantarla in uno streaming, ad esempio, non è assolutamente facile. In generale, la musica dei Tesseract è un po’ più impegnativa, e lo è stata molto più degli anni passati per via dei miei limiti personali come cantante, ma nell’ultimo anno e mezzo ho cantato più che nel resto della mia vita: ho studiato, sono migliorato, e non vedo l’ora di tornare sul palco per mostrare i miei progressi. Sono molto più forte, e lo trovo incredibilmente eccitante. Amo cantare il dream pop, perché mi permette di concentrarmi sull’espressività, è confortevole. Devo essere il proxy per qualcosa, non solo un ottimo vocalist.

Aspetta un attimo… Possiamo fare il recap di tutti i progetti attivi al momento?

Beh, me stesso (ride), ossia la mia carriera solista, i White Moth Black Butterfly, i Tesseract. Per ora tre. Il resto (Skyharbour, ad esempio) non li sento più miei, e vennero creativi in un periodo in cui ero io ad essere estremamente creativo e avevo necessità di sopravvivere come vocalist quando lasciai i Tesseract (nel 2011, ndr) e di continuare a galleggiare in questo campo. Ho realizzato di avere cantato, e rilasciato, DICIASSETTE ALBUM. Non l’ho realizzato fintanto che non ho visto la playlist riguardo me stesso su Spotify. Sono circa 20 ore di musica e c’è ancora qualcosa che manca. Mi fa domandare come io riesca, ancora, a fare questo lavoro: ogni brano ha un significato, ogni brano necessità di uno scavo interiore. Non ricordo i testi di tutti: quando faccio streaming su Twitch devo avere i testi davanti!

castles daniel tompkins intervista
Castles, secondo album solista di Daniel Tompkins.

Riguardo, invece, i White Moth Black Butterfly… Ti ispiri a qualche altra arte in particolare?

No, ma vorrei. Vorrei ad esempio leggere di più. Ma tutti gli altri componenti sono avidi divoratori di letteratura e cinema, e non saprei nemmeno enumerare le influenze di Randy e degli altri. Ad esempio io adoro Active Child, come musicista e producer, mentre Emilie Nicolas, norvegese, trovo che sia una cantautrice pop geniale. Per ciò che concerne invece lo stile nel canto, non lascio che alcuno mi influenzi. Non lo permetto. Pretendo di essere me stesso.

Ti senti un po’ fuori da questo tempo, come musicista?

Credo che se fossi stato adulto negli anni ’80 avrei avuto molto più successo. Gli artisti negli anni ’90, ancora, divenivano famosi per essere trasmessi alla radio, e infine gli album venivano fisicamente comprati. Ora la scelta è così ampia, ci sono così tanti album che vengono rilasciati ogni giorno, c’è una competizione enorme. È una buona e una cattiva cosa, perché ti invoglia a scrivere di più ma è allo stesso tempo sfiancante. Ho scoperto che è estremamente importante focalizzarsi nel core fanbase, perché loro ti supporteranno sempre. Non tradirli, non andare troppo lontano da ciò che li ha fatti appassionare a te. Quando rilasciai Castles, il mio primo album solista, mi resi conto che era molto diverso da ciò che la fanbase si aspettava; se avessi rilasciato Ruins, invece, per primo, probabilmente sarebbe stato meglio recepito. Nonostante la sperimentazione estrema, mi sono reso conto che mi ha fatto sentire eccitato per ciò che componevo e cantavo, di nuovo. I Tesseract, in quest’ottica, non cambieranno mai. Ma ciò che farò di solista sarà molto più rock, molto più prog, più heavy.

Parli di prog. Cos’è il prog per te? Cos’è stato, cosa sarà? Che significato dai a questo termine?

È un mondo che mi abbracciato e fatto sentire al sicuro. Dagli anni ’70 ad ora, Pink Floyd, Yes, Genesis, ecc, capolavori. Ma noi, come musicisti metal, siamo stati infilati in questo mondo perché ciò che proponiamo viene recepito come “avventuroso” dall’ascoltatore medio. Se ti piace sperimentare, finisci nella giungla dell’avventuroso. I White Moth Black Butterfly sono vagamente sperimentali, sebbene pop: ecco, vengono dunque considerati prog.

Beh, a parer mio, questa etichetta è ben azzeccata. Le intelaiature di base sono prog, così come i tempi, le dissonanze, e tutto il corredo tipico del genere. Sono poche le band pop così raffinate come voi, ci infilerei giusto i Pure Reason Revolution, inglesi anch’essi.

Per me non ha molto valore. Ma se pensi al prog, ora, è metal. Come non c’entra molto il djent, col prog.

La critica musicale ha un senso solo nel mettere ordine in ciò che esce e parlare, dare visibilità a ciò che merita, non schiaffare etichette. Ma senti, dimmi, farete mai un tour come White Moth Black Butterfly?

Credo di no. Un po’ per la difficoltà nell’incontrarci tutti assieme nello stesso continente, ma molto perché è difficilissimo ricreare la musica – multi stratificata e decisamente diversificata – di quest’album, in live. Pensa a quanti strumenti, synth, dubbing ci sono. È impossibile da rifare live, anche con l’attuale tecnologia. Ma sarebbe bello fare almeno un live show. Tutti assieme. Parlando dei Tesseract, forse a novembre saremo in tour coi Trivium, terza ondata permettendo. Credo più per la seconda metà del 2022, quando saremo usciti con un nuovo album, ci impegneremo seriamente nell’organizzazione di un tour.

Wow.

Eh sì, sto lavorando attualmente al nuovo album dei Tesseract – ne usciranno grandi cose, vedrai.

Un’ultima domanda, un po’ personale. Tu eri un poliziotto, avrai visto tantissime persone e affrontato molteplici situazioni. Come ti ha influenzato come songwriter?

Mi ha cambiato come persona. L’atto in sé di parlare di differenti situazioni, il riuscire a mettersi nei panni altrui, il mondo criminale sotterraneo a cui non si pensa mai… anche ora, quando ho un giorno di ferie, divento un po’ paranoico. Ancora ho un po’ di deformazione professionale, me la porto ancora dietro. Questa attitudine ha avuto un impatto enorme soprattutto sulla musica dei primi anni dei Tesseract, e ancora sto provando a ridimensionarla. Ora ho due figli, e li vedo crescere: sono loro un’enorme forma di ispirazione. The Cost of Dreaming è stato il primo album che mi ha fatto tornare indietro alla mia vita precedente. A livello subliminale, però, quell’aspetto di me c’è sempre stato. È sempre presente.

Grazie per tutto Daniel! È stata una chiacchierata davvero interessantissima. Non vedo l’ora di tornare ad un vostro concerto.

Anche per me!

Giulia Della Pelle
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