The Wall, 40 anni dal concept album dei Pink Floyd

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Esattamente quarant’anni fa, il 30 novembre del 1979, usciva The Wall, l’undicesimo album dei Pink Floyd.

Nonostante la band di Cambridge avesse raggiunto ben altre vette, artistiche e commerciali, The Wall è oggi forse il loro disco più famoso. Di sicuro il più conosciuto dalle nuove generazioni.

The Wall è essenzialmente un lavoro di Roger Waters, nonostante David Gilmour si produca nel suo numero più famoso, Comfortably Numb. Ma vediamo come nacque il disco.

Nel 1979 i Pink Floyd vengono da un decennio di successi inimmaginabili, ma sono anche logorati internamente.

Nonostante i guadagni milionari, la situazione economica non è florida. Qualche investimento azzardato, il successo non fenomenale di Animals.
Waters in particolare, dopo essersi preso per mancanza di concorrenza la leadership, è il più provato dal successo. Personaggio cupo e con un vissuto certo non facile – ha perso il padre nello Sbarco di Anzio, quando lui è appena nato – è reduce anche da un devastante divorzio dalla moglie.

Quando si tratta di tornare in studio per il nuovo album, come al solito, nessuno ha idee nuove tranne lui, che presenta due progetti. The Pros And The Cons Of Hitch-Hiking viene subito bocciato – secondo Gilmour è inascoltabile – e riaffiorerà nella carriera solista di Roger. Il secondo si chiama Bricks In The Wall e parla essenzialmente di alienazione.

The-Wall-cover

Spesso negli anni si è associato il muro floydiano a quello di Berlino, che in realtà non c’entra nulla.

Il muro a cui si riferisce Waters è psicologico, rappresenta le difese che l’uomo costruisce per difendersi dal mondo e dai rapporti che non funzionano. È quindi l’incomunicabilità il centro del progetto di Waters.

I problemi nel tradurre in musica le idee di Roger si presentano subito pesanti. C’è materiale per ben sei facciate. E c’è un aspetto da non sottovalutare, il contesto dell’epoca. Il rock progressivo è stato spazzato via dal punk; la musica commerciale ora si chiama discomusic. Le atmosfere suggestive e rarefatte che hanno fatto entrare nel mito i Pink Floyd ora fanno sì che appaiano dei vetusti, enormi dinosauri in via di estinzione.

Si decide di affidare la produzione a Bob Ezrin, a cui Waters dà carta bianca promettendogli in cambio nessun riconoscimento.

La situazione all’interno dei Pink Floyd, peraltro, non è delle migliori. Gilmour e Wright hanno ansie da solisti, mentre Waters è sempre più calato nel ruolo di dittatore. Richard Wright inoltre abita in Grecia con la moglie e il suo atteggiamento indolente fa infuriare Waters che lo licenzia. Richard parteciperà infatti al disco e al tour solo come turnista; ma si vocifera che la sua sia anche una scelta, non si fida del progetto e non vuole condividerne le probabili perdite. Ovviamente si sbaglia, e non di poco.

La trama di The Wall vede il protagonista Pink, – modellato da Waters quasi del tutto su sé stesso e in parte su Syd Barrett – una rockstar in profonda crisi personale, affrontare uno a uno i fantasmi del passato per rivoltarsi contro qualsiasi tipo di istituzione. Il muro dell’alienazione che innalza finirà per isolarlo completamente dai rapporti umani e, infine, da sé stesso. Anche se forse alla fine c’è lo spazio per una flebile speranza.

Musicalmente il lavoro di Ezrin si fa sentire; monta e smonta le varie parti fino a ottenere un risultato sontuoso e almeno un paio di pezzi che faranno la storia del rock.

Tuttavia The Wall è un lavoro che non è invecchiato benissimo; cupo e pesante, tanto da richiedere un certo sforzo per essere ascoltato per intero. Sarà comunque un successo grandissimo, se non subito come Dark Side, alla distanza.

Diverso è il discorso per i due pezzi più celebri del lavoro, Another Brick In The Wall Pt.2 e Comfortably Numb.

La prima affonda le radici nel 1954, quando un giovane Roger Waters viene iscritto alla High School For Boys. Ho odiato ogni istante di quel periodo – ricorderà Roger – a parte gli sport. La scuola si basava su modi di fare di prima della guerra dove dovevi solo ubbidire. La maggior parte dei docenti erano dei perfetti stronzi.

La scuola e l’istruzione in generale, diventano i primi bersagli di Pink. Ezrin trovava però la musica del pezzo troppo cupa, e invitò Gilmour a farsi un’idea dei nuovi ritmi imposti dalla disco andando per locali.

Mi feci forza – dichiarerà il chitarrista – e ascoltai tutte quelle cose in quattro quarti, tutte basso e batteria. La mia impressione era: “Dio che merda!” Poi tornammo in studio e cercammo di cambiare una delle sezioni del brano per renderla più commerciale.

L’intuizione di Ezrin di inserire un coro di bambini registrato alla Islington Green School fece il resto.

Discorso diverso per Comfortably Numb, sicuramente il pezzo forte del disco, che sarebbe dovuto stare nel primo disco solista di David Gilmour. In particolare l’assolo di chitarra è entrato nella storia; per alcuni è il migliore di tutto il rock.

Il chitarrista suonò in studio varie versioni, poi le riascoltò con calma e unì i pezzi più riusciti; era il metodo molto schematico di Gilmour, abile nel creare suggestioni, non certo un improvvisatore. Uno penserebbe che il volto di David Gilmour trasudasse tutta l’emozione del momento, ma era immobile, composto – a parlare è Bob Ezrin – non riuscivi a intuire cosa stesse per suonare.

Dopo l’album, a far entrare The Wall nel mito ci penseranno il tour e il film.

Le scenografie sono talmente sontuose e complesse che anziché fare un vero e proprio tour, le date vengono ripetute più volte nelle stesse location, per ammortizzare gli incredibili costi di trasporto e allestimento. Il film sarà diretto da Alan Parker nel 1982. Roger Waters per una volta viene convinto a farsi da parte e il protagonista è interpretato da un giovane Bob Geldof. Anche la pellicola sarà un successo, chiarendo in modo efficace la trama del concept, a volte criptica.

A quarant’anni di distanza le mode del periodo, dal punk alla discomusic, sono passate, sepolte dal tempo. La musica di The Wall è invece rimasta, a testimoniare in modo sicuramente incompleto la grandezza dei Pink Floyd.

Andrea La Rovere
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