Dieci è Roberto Grosso Sategna, già Drink To Me, Ten Dogs e musicista live di Cosmo, da pochi giorni ha dato alle stampe il suo primo album, Vitamine.
Un disco che mescola influenze diverse ma che punta essenzialmente a creare una musica pop nel senso più nobile del termine. Abbiamo incontrato Dieci per farci raccontare il suo lavoro, le sue esperienze che lo hanno portato fino al disco d’esordio, le lotte del mondo dell’arte in questa pandemia e tanto altro.
Vitamine è il tuo disco d’esordio. Un album che si muove tra pop, elettronica ed altre influenze. Quali sono stati gli artisti che hanno più influito nel tuo lavoro?
Darò una risposta che magari sembra una provocazione ma che invece non lo è: Paolo Conte, J Balvin, Casiotone For The Painfully Alone. Io voglio fare musica pop. E in testa ho un’idea molto precisa di che cosa è il pop per me, ed è un’idea che ha a che fare con un certo tipo di emotività, una freschezza di linguaggio, un’ispirata semplicità. Questi tre artisti, anche se in modi molti diversi, sono per me tre grandi artisti pop.
Anche se questo è il tuo disco d’esordio la tua carriera nel mondo della musica è molto lunga, dai Drink To me passando per i tour di Cosmo. Quando hai cominciato a maturare l’idea di intraprendere un percorso solista?
Prima ancora dei Drink To Me avevo un progetto solista che si chiamava Ten Dogs. Scrivevo canzoni e cantavo in inglese. Uno dei primi incontri con i Drink To Me fu proprio perché Marco/Cosmo mi chiese di aprire un loro concerto. Era il 2009 credo. Ma l’idea di tornare a fare canzoni da solo in italiano è venuta molto dopo, nel 2016. A un certo punto mi è tornata una voglia fortissima di stare su un palco a cantare canzoni mie. Ho quindi deciso di chiamare il progetto Dieci, per lasciarci dentro un pezzettino di Ten Dogs.
La prima avvisaglia del tuo debutto solista è stata il singolo Twin peaks, canzone che già raccontava un bel po’ del tuo universo musicale, risalente al 2017. Cosa c’è stato tra quella canzone e Vitamine?
Ci sono stati altre canzoni sparse, uscite in modo un po’ confuso forse. Poi a un certo punto con 42 Records abbiamo deciso che quello che stavo facendo si capiva meglio con un disco intero. Io ho questa tendenza a variare sempre un po’ di stile quando faccio musica. Che è una cosa che peraltro mi viene molto spontaneamente, ma che probabilmente ha bisogno di un po’ più di tempo per essere capita da chi mi ascolta. Per questo uno dei consigli che do a chi vuole sentire il mio disco è quello di ascoltarlo tutto insieme. Si capisce meglio.
In quanto protagonista della scena indipendente italiana hai visto tutti i cambiamenti che l’hanno investita. Cosa è cambiato secondo te dai tuoi inizia ad oggi?
I cambiamenti sono così tanti e così profondi che semplicemente non si possono fare confronti. Se dieci anni fa qualcuno avesse detto che il cantante degli AlbanoPower, Edipo con il suo nuovo progetto, Carota dei My Awesome Mixtape, il cantante dei Funk-Shui Project, etc. sarebbero andati in prima serata a Sanremo tra i big, lo avrebbero preso per matto.
E invece, eccoli lì. Davvero impossibile rispondere a questa domanda quindi, perché parliamo proprio di due entità distinte. E ti assicuro che non sto cercando di non rispondere, né tantomeno voglio fare passare l’idea che una volta fosse meglio, che ci fosse più spontaneità, o altre dietrologie del genere. Ma sarebbe davvero come paragonare gli italiani di oggi con gli antichi romani. Non c’entrano nulla.
Uscire con un album in una situazione come quella di oggi è un atto di coraggio, hai pensato a qualcosa in particolare per portare in giro le tue canzoni?
Effettivamente sì, ci ho pensato! Però ancora non lo posso dire, perché prima dobbiamo capire se si potrò effettivamente fare.
L’ultimo anno per i lavoratori del mondo dello spettacolo è stato probabilmente il peggiore in assoluto. A dodici mesi dall’interruzione degli spettacoli e dei live qual è lo stato dell’arte e che iniziative avete messo in campo?
Ci sono state molte iniziative importanti, come “La Musica Che Gira” per esempio. Conosco amici e colleghi personalmente coinvolti in questo progetto e so quanto si siano impegnati per informare, sensibilizzare l’opinione pubblica e cercare di smuovere questa situazione di silenzio e disinteresse da parte delle istituzioni. Più recentemente poi, c’è stato il segnale forte di “Ultimo Concerto”.
Purtroppo, riconosco che da un lato ci sia il problema contingente della pandemia, una situazione nuova per tutti e nella quale tutti, singoli e istituzioni, navighiamo necessariamente un po’ a vista. Dall’altro, però, c’è anche un problema strutturale nel nostro Paese di prospettiva nei confronti dell’arte e della cultura. Ma sono riflessioni sul carattere degli italiani e dei politici italiani che facevano già Pasolini e, prima di lui, Joyce. Quindi, purtroppo, non sono una novità.
Leggi anche
- Fatti di rock, un viaggio nella musica che ha fatto la storia - Dicembre 5, 2024
- Mundi, il microcosmo musicale di Me July: recensione - Dicembre 2, 2024
- I Feldspar presentano il loro nuovo progetto al Largo Venue - Ottobre 19, 2024