Due chiacchiere con Thomas Eriksen su “Katedralen”, l’ultimo album di Mork

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È ancora possibile dire qualcosa di intelligente nel black metal? Lo dimostra l’ultimo lavoro di Thomas Eriksen, in arte Mork: si tratta di Katedralen, uscito il 5 marzo per Peaceville Records.

thomas eriksen mork katedralen intervista

Katedralen è un album che urla con tutta la sua rabbia: la ricerca dell’innovazione è un falso mito. Il black metal ha una sua continuità, un suo spirito che permane nel tempo, a prescindere dalle soluzioni sempre più diversificate – e sempre più ibride – che si sono succedute negli anni, fino alle commistioni più ardimentose, dal jazz all’elettronica. Ma c’è un nucleo consistente di artisti che si cura poco di queste evoluzioni, ed è unicamente interessato a riproporre lo stesso messaggio (musicale e testuale).

È un merito? Un demerito? Ciascuno giudicherà da sé. Ma rispetto agli obiettivi del progetto Mork, Katedralen è un album di valore altissimo. Un lavoro pressoché privo di cali dalla prima all’ultima delle otto tracce che lo compongono. Un black metal ancora in grado di suonare ruvido eppure sofisticato, martellante eppure dinamico, sporco ma allo stesso tempo non caotico, a tratti persino “lirico” (penso agli splendidi accenni “organistici” qui e lì).

Molto del black metal dell’ultima ora, tolte le sperimentazioni più ardite, sembra battere un’altra strada: creazione di barriere di suono impenetrabili, al di sopra delle quali si ergono ronzanti le chitarre, creando uno strano distacco tra il cielo e la terra, il terreno e l’ultraterreno. Un sound onnipresente, in cui ogni momento è egualmente importante e l’enfasi è uniformemente distribuita. Forse i polacchi Mgła sono il gruppo più rappresentativo di questo trend, mentre un album in questo stile di cui si è parlato molto nel 2020 è Melinoë degli americani Akhlys.

Nulla di tutto di ciò in Mork (non solo nell’ultimo album). Soluzioni più dinamiche, apparentemente meno efferate, ma in realtà più subdole. Una maggiore attenzione all’elemento del riff, che ha l’effetto (evidentemente involontario) di dimostrare che il black metal è ancora al cento per cento parte di quel movimento che da più di mezzo secolo chiamiamo rock n’ roll.

Se già gli album precedenti avevano avuto il merito di riportare in auge il “Norwegian Black Metal”, con Katedralen – complici anche le collaborazioni prestigiose, Nocturno Culto dei DarkthroneDolk dei KampfarMork compie il salto di qualità. Se ne sta parlando molto, con giudizi tra il positivo e l’entusiastico. Così, ho deciso di raggiungere per iscritto Thomas Eriksen, il cervello dietro Mork – nonché, come scoprirò nel corso dell’intervista, anche bravo imprenditore – per alcune domande sull’ultimo album e sui suoi piani futuri.

FM: Anzitutto, Thomas, mi congratulo per la pubblicazione di Katedralen. Penso sia il miglior album di Mork fino a questo momento. La mia prima domanda riguarda il posto di quest’album all’interno della discografia di Mork. Mi sembra ci sia un songwriting più sofisticato, sia nei riff – penso all’incredibile lavoro della chitarra su Lysbæreren, ma non solo – e nella struttura, più articolata, dei pezzi. Sei d’accordo? E in generale, come ritieni che la tua musica si sia evoluta da Isebakke (2013) ad oggi?

TE: È molto semplice: non ho alcun interesse per regole o aspettative. Ogni album che ho pubblicato dall’inizio mi sono sentito più a mio agio con ciò che facevo, ed ero perciò sempre più in grado di valorizzare la mia creatività. Per me, Isebakke è ancora “mio” al 100%, ma più rigido, rispetto a Katedralen.

FM: Il black metal ha conosciuto una repentina evoluzione sin dalla sua nascita negli anni ‘80. Innumerevoli ibridi hanno fatto la loro comparsa (nel 2020 due album molto discussi in tal senso sono Alphaville degli Imperial Triumphant e Mestarin Kynsi degli Oranssi Pazuzu). Eppure la tua musica è rimasta fedele all’essenza del black metal per come lo conosciamo. Qual è il tuo punto di vista sull’evoluzione del genere negli ultimi decenni, e in particolare su come e quanto bilanciare tradizione e sperimentazione?

TE: Tutti i fenomeni evolvono nel tempo, e il black metal non fa eccezione. Che il black metal sia diventato un albero con ramificazioni in vari sottogeneri mi sta bene. Per me il black metal è, essenzialmente, un punto di vista personale sulle emozioni e le atmosfere oscure. Il mio punto di vista può essere diverso da quello di altri, e la cosa non potrebbe importarmi di meno: c’è anche una componente di egotismo. Mork è qualcosa di semplicistico e primitivo, ed è come la mia musica voglio che sia.

FM: Puoi parlarci degli artisti che ti hanno influenzato? Assumo che i Darkthrone siano tra questi e lo stesso dicasi di Burzum (ho apprezzato molto la tua versione acustica di Valen)? Intendo, in senso lato, artisti che hanno contribuito a espandere la tua immaginazione e il tuo vocabolario musicale.

TE: Nel black metal è molto semplice: Darkthrone e Burzum. La primitiva asprezza e la natura vibrante dei primi unita agli elementi inquietanti e magici e alle atmosfere del secondo: la perfezione. In senso più ampio, i miei primi amori sono stati (e sono ancora) AC/DC, Black Sabbath, Led Zeppelin e persino Sex Pistols. Negli anni mi sono appassionato al thrash e ad altri tipi di metal, naturalmente. Tuttavia, oggi sono più aperto quando si parla di musica. Se qualcosa mi prende, mi prende.

FM: In passato si è parlato molto di satanismo e occultismo, in riferimento al black metal. Ritieni che questi temi siano altrettanto cruciali per il genere rispetto a quanto lo erano negli anni ’90 (e in effetti anche prima)?

TE: Sono certo che lo siano. Come ho detto, la musica è qualcosa di personale (se uno è un vero artista, si intende). Se un artista o band decide che la sua musica deve trattare un certo tema, sta semplicemente impiegando la propria libertà. Immagino che chiunque possa buttare lì un riff brutale accanto qualche immagine satanica e pensare di essere un gruppo black metal, magari perché ritiene che gli porterà credibilità e successo. È triste ma c’è chi ragiona così. C’è da sperare che gli ascoltatori sappiano distinguere il falso dall’autentico. Alla fin fine non mi interessa di cosa scrivono gli altri, perché sono focalizzato sul mio percorso.

FM: Sono riuscito a vedere parte del tuo concerto live streaming dello scorso 6 marzo, ed è stato fenomenale. Pensi di sfruttare questa modalità più spesso in futuro?

TE: Credo fosse il nostro terzo o quarto concerto live streaming, da quando è arrivato il Covid. Onestamente preferisco uscire là fuori e suonare per delle persone, in un contesto live reale. Ma in queste circostanze non possiamo fare altro. Un aspetto molto positivo è che puoi avere spettatori da tutto il mondo, e questo è speciale.

FM: A proposito dell’odierna scena black metal, sei al corrente di band underground che ritieni meriterebbero un seguito più ampio? Considerato che il genere si è ormai diffuso in tutto il mondo, ritieni che la Scandinavia sia ancora il centro della scena black metal globale?

TE: Il black metal inteso in senso più ampio per me non conosce restrizioni geografiche. Il black metal è, per me, un fenomeno umano. D’altronde, se vieni all’India non puoi chiamarti “Norwegian Black Metal”. Questo è ovvio. Per quanto riguarda altre band, mi risulta difficile metterne in “luce” (o “oscurità”!) qualcuna. Sono perlopiù smarrito nel piccolo mondo di Mork e nella mia vita in generale. Posso però garantire che c’è una gran quantità di ottima musica là fuori. Gli artisti più seri e talentuosi alla fine emergeranno, se nessuna band di poser gli mette i bastoni tra le ruote. La vita è ingiusta.

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FM: L’ultima domanda è sul futuro di Mork. Stai già lavorando su qualcosa di nuovo? Hai programmi particolari?

TE: Non appena la situazione lo consentirà vorremmo andarcene in giro per il mondo a diffondere la nostra piaga. Dietro le quinte c’è un gran pianificare di tournée e concerti. Speriamo presto. Dal lato creativo sono sempre al lavoro, sempre a escogitare nuovi “incantesimi neri”. Verosimilmente continuerò anche con il mio podcast. Oh, abbiamo anche lanciato la nuova birra “Gravøl” di Mork e presto avremo anche il caffè “Svartmalt”. Possiamo dire che la pandemia di Mork è in arrivo.

Federico Morganti
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