Cosmopolis: il racconto lucido di una precarietà epocale

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Se dovessimo puntare su un libro che sappia descrivere l’inquietudine paranoide e ossessiva dell’uomo contemporaneo, questo libro sarebbe, e non ho dubbi nel dirlo, Cosmopolis di Don Delillo.

Cosmopolis è innanzitutto il racconto lucido di una precarietà epocale, filtrata attraverso una giornata di un giovane e apatico miliardario all’interno della sua limousine in una New York che gronda di un senso apocalittico di non ritorno.

Eric Parker è intelligente, Eric Parker è ricco, Eric Parker è affascinante e ha donne e ha una moglie e vuole attraversare la città per “tagliare i capelli”. Ma la New York, che De Lillo ci consegna con sapida e visionaria violenza narrativa, esprime implicitamente, nel suo intasamento mondano simile a un crack, il thanatos urbano di questa nostra società dell’informazione, ch’è giungla di dati e numeri e, nella quale, latita sempre di più la componente umano-emotiva nelle relazioni.

Gli uomini di De Lillo sono macchine d’inespressiva voracità e d’inappetenza morale; Eric ha tutto e viaggia nel caos della megalopoli, non alla ricerca di sé stesso, come la tradizione romantica, post-romantica ed esistenziale avrebbero voluto, ma verso quel cieco gorgo in cui l’eccesso di qualunque natura inevitabilmente porta: l’autodistruzione. “C’è un pericolo importante” dicono le sue guardie del corpo, adducendo a uno o più killer che hanno puntato Eric, ma lui deve “tagliare i capelli.

Tagliare i capelli significa, probabilmente, mettere ordine a quelle idiosincrasie interiori che dettano l’infelicità del superbo miliardario, abbandonato, nel suo accumulo, ad una falsa presenza, ad un tira e molla tra una volontà di potenza e la morte. L’immagine esterna del caos rappresenta una proiezione delirante di Parker circa la direzione in cui il mondo sta andando.

I flussi di dati volando da computer a computer, si sostituiscono alle vite; le granitiche certezze (seppur illusorie) del mondo che non c’è più, hanno lasciato spazio ad una frammentazione veloce, ed il caos, ordinato nei secoli da religioni, filosofie, credenze, amori e falsi amori, ora si esplicita in gruppi di sparuti ribelli, in riottosi attentatori, in semplici cittadini inglobati dalla più folle delle follie del mondo attuale, ovvero un iperattività sganciata dal senso.

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Copertina di Cosmopolis

I valori sono morti, insomma. E vi è una disumanizzazione in atto.

Con Cosmopolis troviamo, forse, il Delillo più lucido, laddove i temi dell’autore di “Rumore bianco”, esplodono in una prosa dalla rara chirurgia narrativa. Geniale lo stile, dunque, ma altrettanto la molteplicità di temi affrontati con estremo rigore, nell’appuntamento col futuro (il nostro) e con la morte, di Eric Parker nell’incontro col suo killer, che è morte di una civiltà, oramai triturata dal flusso informativo e da un capitalismo che Delillo squarta, nella sua analisi, senza lasciare superstiti

Un libro imperdibile, dunque, che stabilisce la dimensione perduta dell’uomo nei confronti dell’uomo, e lo fa con una critica raffinata e col senso dell”ineffabile, senza chiudere mai discorsi e frasi, come un monito, forse, o forse come prendendo atto del mondo e delle sue derive.

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