Perché considerare David Foster Wallace patrimonio dell’umanità? La risposta è semplice: come i Nirvana e Quentin Tarantino, anche lo scrittore statunitense ha voluto lasciare, senza badare alla formalità del testo, una traccia di un’epoca ormai lontana nel tempo.
Con Infinite Jest, il suo romanzo più importante, Wallace ha deciso di reinventare la storia del testo: in pochi hanno avuto il coraggio di commentare la società contemporanea in un modo così irriverente, sfacciato, deciso e rassegnato.
Per andare a trovare esempi famosi simili allo stile di Wallace bisogna per forza di cose tornare alla musica: l’epopea Grunge dei vari Nirvana, Alice in Chains e Soundgarden non è altro che la frustrazione e la rabbia di David Foster Wallace, messa però all’interno di un differente campo.
Le urla di Kurt Cobain e la delicata sofferenza nella voce di Layne Stayley sono uno specchio distorto e alienante dello stile dello scrittore statunitense, uno stile che cercava con l’intreccio delle parole e la verbosità più complicata il senso della società contemporanea.
Con la sua prima raccolta di racconti La ragazza dai capelli strani (1988), Wallace anticipa l’ascesa del Grunge. I testi trattano della vita quotidiana dell’abitante americano in tutte le sue sfaccettature: lo scrittore passa, di volta in volta, dalle ossessioni della società capitalista all’alienazione, dalle nevrosi alla solitudine, caratteristiche che infine vengono accentuate con l’ingresso in scena di elementi Pop-punk.
Particolarmente apprezzato è il racconto omonimo della raccolta, un testo completamente informale ma allo stesso tempo raffinato ed elegante. La struttura segue il percorso della musica di Keith Jarrett, usata da Wallace come MacGuffin della vicenda: è tutta un’improvvisazione, un elegante susseguirsi di note (e nel caso di Wallace di parole) che rendono il momento unico, irrepetibile.
“Keith Jarrett era un musicista così abile e piacevole perché la sua performance jazzistica era in realtà improvvisata, che Keith Jarrett in realtà stava componendo la sua performance a mano a mano che la eseguiva. Gin Fizz ha cominciato a piangere per via di questo e dei capelli strani della ragazzina e io le ho prestato uno dei miei fazzoletti di seta che fanno pendant con il colore e il taglio di molti completi del guardaroba”
In uno stile un po’ alla Hunter S. Thompson e un po’ alla Fitzgerald, Wallace descrive ciò che accade nel Qui e Ora: ogni minimo dettaglio, per quanto insignificante e non inerente alla trama, serve a creare la complessità del racconto. Ed è qui che cade alla perfezione la similitudine con i lavori di Quentin Tarantino, trasposizione concettuale su pellicola degli eventi narrati dalla mente di Wallace.
Con Pulp Fiction (1994) Tarantino rende mondiale il fenomeno dell’Avantpop. E quando si parla di Avantpop si parla di David Foster Wallace. Sempre nella raccolta citata in precedenza si trova un racconto molto simpatico, paradossale, divertente nella sua tragedia: il titolo recita Per fortuna il Funzionario Commerciale sapeva fare il massaggio cardiaco.
Lo stile irriverente di Wallace prende forma già nella titolatura del racconto, trovando poi un exploit nel corpo del testo. La tragedia di un uomo colpito da un malore viene qui raccontata dallo scrittore in forma demenziale, con particolari stilistici disumanamente divertenti. E quando dico Pulp Fiction penso subito Alla scena dell’overdose di Mia Wallace (ora che ci faccio caso nello scrivere, il cognome del personaggio è quello dello scrittore!).
Ogni volta che rivedo tutta la preparazione alla puntura di adrenalina non posso non pensare al racconto di David Foster Wallace: una sequenza di frasi assurde, che a Tarantino servono a creare un climax di emozioni, mentre allo scrittore servono principalmente ad evidenziare l’alienazione dell’uomo capitalista.
L’immagine del Vice Presidente Responsabile della Produzione Estera colpito da un malore appena uscito dall’ascensore, è l’immagine astratta di un uomo obbligato a vivere attaccato ad una macchina. Nel momento in cui il personaggio si distacca dal suo lavoro, uscendo dall’ascensore il suo corpo smette di funzionare.
“L’ascensore vomitò il Vice Presidente Responsabile della Produzione Estera, che con movimenti rigidi, accaldato, avanzò nello spazio aperto, basso e ingiallito del Garage Dirigenti”.
Tutta questo era David Foster Wallace, lo scrittore che più di tutti ha saputo incarnare l’epoca dei grandi di Seattle e ha saputo anticipare i protagonisti dell’Avantpop: un essere fragile, estremamente sopraffino, forse troppo snobbato da una società che ricorda a gran voce Kurt Cobain e Quentin Tarantino ma che forse non rammenta che lo scrittore americano, più di chiunque altro, ha saputo unire, sia nei suoi scritti sia nella sua vita, la commedia e la tragedia.
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