Nel 2018 esce negli Stati Uniti Febbre, dell’autrice sino-statunitense Ling Ma, che narra l’epidemia di una strana forma di febbre proveniente dalla Cina. Come trovata promozionale, la casa editrice Picador distribuiva in omaggio con ogni copia del romanzo una mascherina chirurgica rosa. Nel 2020, è arrivata la Covid-19.
Da sempre piace a noi animali umani attribuire capacità profetiche agli artisti che vivono insieme a noi. Crediamo, per qualche strano motivo, che la loro saggezza, la loro capacità di immaginare mondi alternativi, garantisca loro una visione prospettica sulle grandi distanze spazio-temporali, che a noi comuni mortali non è concessa.
Nonostante oggi gli scrittori e le scrittrici siano, un po’ troppo spesso, paragonabili più alle star di Hollywood e della loro capacità profetica, o presunta tale, il più delle volte, ce ne infischiamo, accade che in momenti critici, come appunto una pandemia, troviamo conforto nelle loro parole. Lungimirante e a tratti quasi inquietante per l’esattezza delle descrizioni che riesce a creare con la sua penna, è Ling Ma con il suo romanzo Febbre, vincitore del Kirkus Prize 2018 e pubblicato in Italia nel 2019 da Codice Edizioni con la traduzione di Anna Mioni.
La trama
È il 2011 a New York e Candace Chen continua a lavorare come produttrice di Bibbie per una casa di produzione di libri mentre il mondo circostante le si sgretola sotto gli occhi. Ha un fidanzato, Jonathan, che rifiuta il conformismo capitalistico della grande mela e le annuncia che lascerà presto la città; ha delle colleghe molto fredde e distaccate; ha un piccolo appartamento e un’ossessione per le creme per il viso e la skincare routine, ossessione ereditata dalla madre, morta di Alzheimer alcuni anni prima. Anche suo padre è morto in seguito a un incidente ancora prima della madre, e l’unico vero legame di Candace con New York è la città stessa.
Ovunque, lentamente, si comincia a parlare di questa febbre di Shenzen, città cinese dove Candace è stata spesso per lavoro. I sintomi di questa infezione da spore di funghi sono inizialmente confondibili con un banale raffreddore: “mal di testa, stanchezza, fiato corto, disorientamento” dice il bollettino informativo che troviamo al capitolo 13.
Successivamente la febbre Shen si sviluppa fino a bloccare le facoltà cognitive del paziente che è destinato a morire ripetendo all’infinito i gesti quotidiani più frequenti della sua vita. Candace è quindi circondata da innocui zombie che muoiono lentamente logorandosi nella ripetizione di gesti meccanici, mentre la città di New York si sgretola per la mancanza di manutenzione delle infrastrutture. Gli ospedali sono al collasso. Una cura non c’è. Tutti i servizi della moderna metropoli non sono più accessibili. In seguito a “la fine”, Candace si aggiunge a un gruppo di sopravvissuti intenti a raggiungere un luogo in Illinois, dove ricominciare a vivere.
La struttura
Febbre è formato da un prologo e ventisei capitoli. Come nella migliore tradizione del romanzo distopico, e della speculative fiction, a capitoli pre-collasso si alternano quelli post-collasso, tutti narrati al passato da Candace, protagonista e unica narratrice del romanzo. Questa strategia aiuta i lettori ad avere appigli costanti alla loro realtà, (quella pre-collasso) per andare avanti nella lettura dei momenti post-collasso, di cui i lettori non hanno esperienza (o forse sì?).
La ripetitività della routine di Candace, dei gesti degli infetti, delle frasi della madre di Candace che incontriamo malata di Alzheimer nei flashback, della routine per la cura della pelle, si traduce per iscritto in frasi formulari che danno alla storia un’avvilente ma incisiva forma dell’epica moderna: “I woke up, I went to work in the morning” – “mi alzavo e andavo al lavoro al mattino”, così cominciano molti dei capitoli di Febbre.
Ci sono tantissimi riferimenti a brand importanti di cosmetica, di fast food, di catene di negozi di vestiti e di libri: anche questi nomi vengono ripetuti a un ritmo martellante nella narrazione, a ricordarci la schizofrenia del capitalismo che degenera, per dirla con Deleuze e Guattari. Impressionanti e angoscianti sono anche le descrizioni dei numerosi fevered, degli infetti, che Candace e il gruppo di sopravvissuti a cui appartiene incontrano di continuo mentre saccheggiano, attraverso un macabro rituale istituito dal capogruppo Bob, alcune case, centri commerciali e negozi per raccogliere provviste per la loro futura vita.
Le parole chiave
Oltre che ovviamente parlare di febbre e New York, questo romanzo è un grido di rabbia esasperato contro i danni delle politiche neoliberiste di sfruttamento di esseri umani e non umani; è un romanzo che grida contro un atteggiamento e uno stile di vita vuoto e che non è più sostenibile; è il racconto della difficoltà di migrare, di separarsi dalle proprie origini, di essere dislocati e soli in uno spazio che è l’unica cosa che ci sembra familiare (il titolo originale del romanzo è Severance, separazione); è una denuncia contro il lavoro d’ufficio alienante e svilente della personalità e della dignità umana. Possibile che anche davanti alla fine del mondo come lo conosciamo, non ci accorgiamo di essere già malati, incastonati nelle nostre routine ripetitive e farraginose, che ci consumiamo e consumiamo senza misura e senza equilibrio?
A chi piace
Sicuramente chi ha guardato e amato The Walking Dead potrà apprezzare i particolari più cruenti e violenti della storia. Se siete fan di film come 28 giorni dopo o anche di AI – Intelligenza artificiale e vi piace il ruin porn o semplicemente avete nostalgia di metropoli deserte dove piante e animali hanno preso il sopravvento, non rimarrete delusi dai paesaggi decadenti e apocalittici di Febbre.
A chi non piace
A chi non è ancora psicologicamente pronto a confrontarsi con storie di pandemia e a chi potrebbe trovare irritante una narratrice in prima persona fredda, distaccata e passiva (fino a un certo punto…).
La citazione
To live in a city is to live the life that it was built for, to adapt to its schedule and rhythms, to move within the transit layout made for you during the morning and evening rush, winding through the crowds of fellow commuters. To live in a city is to consume its offerings. To eat at its restaurants. To drink at its bars. To shop at its stores. To pay its sales taxes. To give a dollar to its homeless.
To live in a city is to take part in and to propagate its impossible systems. To wake up. To go to work in the morning. It is also to take pleasure in those systems because, otherwise, who could repeat the same routines, year in, year out?
Consiglio di lettura
Febbre è un romanzo avvincente: le pagine scorrono come nel più fortunato dei casi di lettura, ed è una rarità per una storia con un grado così alto di complessità. Tutto sta nella bravura di Ma che ci offre diversi livelli di profondità a cui decidere di fermarci. Possiamo scegliere di leggere Febbre come un romanzo di avventura, distopico, ad alto tasso di azione e quindi fermarci qui. Possiamo scendere qualche altro gradino, e apprezzare la vita sconsolata di una cittadina newyorkese, immigrata di seconda generazione, alle prese con la sua quotidianità e con un lavoro stabile ma alienante e scoprire una critica alla società statunitense del terzo millennio. Possiamo scendere ancora, fare collegamenti tra la vita di Candace prima e dopo la pandemia, e renderci conto che oltre alla mancanza di elettricità e ristoranti costosi, la sua vita non è poi così diversa. Possiamo scendere ancora, forse senza neanche rendercene conto, fino alle fondamenta di questo romanzo e vederci la nostra pandemia, i nostri lockdown, quelli che abbiamo vissuto poco fa come nella scena in cui Candace si rende conto che tutti i suoi colleghi stanno abbandonando il lavoro e tutti stanno raggiungendo i loro cari per vivere gli ultimi giorni insieme. Allora Ling Ma ci apparirà davvero come una moderna profetessa e aspetteremo con curiosità il suo prossimo romanzo.
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