Robert Rauschenberg: che terremoto in quel 1964 alla Biennale di Venezia!

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Robert Rauschenberg, artista poliedrico del secolo scorso, muta il proprio linguaggio artistico fino a divenire principale esponente del Neo-Dada, corrente che nega gli ordinari criteri estetici dell’epoca, utilizzando materiali moderni e includendo soggetti appartenenti alla cultura pop contemporanea.

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Robert Rauschenberg, Ritratto 1968

Da un’arte pura e pulita alle influenze Pop

Gli esiti pop, che porteranno questo artista a vincere l’ambitissimo premio della Biennale di Venezia del 1964, non sono gli unici prodotti degni di nota di tale artista. Robert Rauschenberg negli anni ’50 viaggia continuamente tra Europa e Marocco, alimentando il suo immaginario figurativo. 

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Robert Rauschenberg, White Painting (1951), oil on canvas

Nel 1951 realizza il primo della serie White paintings, una serie di pannelli bianchi esposti con l’intenzionalità di uscire dal canonico gesto pittorico, aspettando che sia la luce e lo spazio in cui è esposta l’opera stessa a modificarla, causando su di essa la presenza di ombre e zone più illuminate.

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Robert Rauschenberg, Charlene, 1954

Charlene è, invece, il risultato dei suoi viaggi in Marocco. Colori etnici si mescolano, infatti, a materiali deperibili antichi e moderni come olio, carbone di legna, carta, tessuto, giornale, legno, plastica, uno specchio e metallo su quattro pannelli Homasote, montati su una base in legno e con l’inserimento di una luce elettrica.

Ad un certo punto la sua carriera incontra quella di Jasper Johns, altro artista statunitense che in quegli anni si stava interessando al panorama culturale popolare americano. I due nel 1955 fondano la ditta Matson Jones – Custom Display, ditta di design con cui realizzano l’allestimento di numerose vetrine di negozi, come per esempio Tiffany&Co e Bonwit Teller l’anno successivo. Nell’ambito di uno di questi allestimenti viene esposta White Flag, l’opera più nota di Jasper Johns.

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Jasper Johns, White Flag, 1965

Inizia così un periodo di analisi sull’oggetto quotidiano e sul significato che questo assume nella società contemporanea. Per farlo, l’artista esce dal tunnel espressionista del soggettivismo e sposta l’attenzione dall’interno della propria intimità all’esterno. Non guarderà più alla propria sfera emozionale personale, ma comincerà a guardarsi intorno, la strada e la quotidianità diventano la prima fonte di ispirazione.

La Biennale di Venezia del 1964: premiazioni e polemiche

La trentaduesima edizione della Biennale di Venezia fu caratterizzata dallo “sbarco” della cultura artistica americana in quella Post-informale italiana. Sebbene anche l’Italia avesse trovato in Piero Manzoni l’esponente principale del Neo-Dada, questo non aveva certamente raggiunto gli esiti e le mescolanze Pop di Rauschenberg, che tanto piacquero al punto da nominarlo vincitore dell’evento artistico.

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Lo sbarco delle opere di RR a Venezia per la  XXXII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1964

Le opere di Rauschenberg furono esposte all’interno del Consolato americano, motivo per cui, quando l’artista fu nominato vincitore, furono spostate velocemente all’interno dei giardini della sede principale.

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Robert Rauschenberg, ​Retroactive I, 1963​ (opera presentata alla Biennale di Venezia 1964)

Tra le opere esposte vi era Retroactive I, realizzata con tecniche di riproduzione e serigrafia. Evidente è la presenza della fotografia del presidente americano J.F.Kennedy al centro della tela e la doppia riproposizione del gesto della sua mano, a indicarne l’importanza e l’autorità. La foto lo ritrae durante una sua apparizione televisiva, chiara influenza della cultura artistica Pop.

La vittoria dell’artista americano non fu vista di buon occhio dalla critica italiana, che gridò all’invasione culturale. Leo Castelli, collezionista e mercante d’arte, si rifiutò di accettare l’evento, dichiarando che la Biennale di Venezia obbediva alle stesse regole del gioco politico.

Difficile per un veneziano dell’altro secolo […] amare queste Biennali, perchè è evidente che il potere è ormai saldamente tenuto da questi artisti dei cinque continenti, con addosso abiti stracciati molto eleganti e pettinati come i Beatles.

Diego Valeri, “Il Gazzettino”, giugno 1964​
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Carla Accardi, Gastone Novelli, Robert Rauschenberg, Tommaso Cascella, Giuseppe Santomaso alla XXXII Biennale di Venezia, 1964

Ammiratissimo era, invece, Rauschenberg tra gli artisti italiani dell’epoca a lui legati da un sentimento di amicizia e legame professionale, che compresero che l’arte americana non voleva instaurare una gara al linguaggio più avanzato, ma semplicemente tradurre in arte i tratti caratteristici della società contemporanea.

Eleonora Turli

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