Vasco Pratolini, ovvero come declinare la cronaca familiare in infiniti modi

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Cronaca Familiare, classico di Vasco Pratolini del 1947: ha come argomento principe la famiglia, entità che fornisce infiniti spunti artistici.

Caso piuttosto raro, nella produzione di un autore, trovare lo stesso termine più volte nei titoli delle proprie opere. Bisogna essere comprensivi: ripetersi, questo l’insegnamento aureo, è peccato, almeno dal punto di vista formale. Si rischia di essere tacciati di scarsa creatività o di indigenza lessicale. E uno scrittore che si rispetti, fa mente locale dieci volte prima di licenziare un titolo che possa metterlo in difficoltà.

Una grande mania

La cosa curiosa è che in Vasco Pratolini la parola “cronaca” torna diverse volte nei titoli delle sue opere. La ritroviamo in Cronache fiorentine del XX secolo, un saggio dedicato alla sua città, e nella mai realizzata Cronaca napoletana, abbandonata per la scarsa conoscenza di quella città che pure lo aveva ospitato qualche anno durante la sua carriera di insegnante. Ma, fatto ancor più curioso, è che ritorni in due romanzi pubblicati nello stesso anno dalla stessa casa editrice. Correva il 1947 quando uscirono a stretto giro per i tipi Vallecchi Cronaca familiare e Cronache di poveri amanti. Stessa città, Firenze, a fare da sfondo alle vicende narrate, più o meno gli stessi anni, per quanto Cronaca familiare sia più elastica da questo punto di vista. Ma non è finita qui. L’avventura editoriale dei due libri, accomunati dal fatto di aver ricevuto entrambi una trasposizione cinematografica, li porterà ad essere ripubblicati nel 1960 dallo stesso editore, stavolta il milanese Mondadori. Strane coincidenze? Noi non crediamo.

Il significato di “cronaca”

Bisogna partire proprio da quella parola, “cronaca”, per trovare delle possibili risposte. Lo Zingarelli, uno dei dizionari più comuni nelle case degli italiani, dà tre definizioni: “1. Narrazione, per lo più con intento storico, di fatti registrati secondo l’ordine della loro successione; 2. Narrazione, descrizione particolareggiata; 3. Informazione scritta su eventi nazionali e internazionali di maggior interesse, fornita dai giornali”. Pratolini le sperimenta tutte e tre, anche se la terza è la meno ricercata, essendo uno scrittore che ha avuto le sue esperienze da pubblicista, soprattutto in riviste culturali come «Il Bargello» e «Campo di Marte», ma uno scrittore, per l’appunto, che alla consequenzialità delle cronache giornalistiche preferiva il piacere di una narrazione libera da schemi.

Cronaca familiare, quasi un’autobiografia

La Firenze raccontata nei suoi romanzi è diversa da quella di Dante, appartiene agli anni del Ventennio fascista, e suoi protagonisti sono schiere di operai, artigiani e anche qualche nullafacente. Se in Cronache di poveri amanti le vicende dei personaggi si intrecciano con gli eventi della storia, in Cronaca familiare repressioni, persecuzioni, lotte politiche rimangono ai margini, evocate per fugaci accenni, per far posto a quel genere di cronaca più intima, privata, familiare appunto, che ci viene prospettata fin dal titolo. In Cronaca familiare Pratolini racconta la storia della sua vita, dal 1918 al 1945. La divide in tre parti, che poi ricalcano le fasi in cui, per tradizione, si è soliti suddividere l’esistenza dell’uomo: infanzia, giovinezza, età adulta. Su un totale di cinquanta capitoletti, ventinove sono occupati dalla seconda parte. Più della metà. Non è un caso. Pratolini sembra voler sbilanciare la narrazione verso i fatti accaduti durante la giovinezza, quando lui aveva 22 anni e il fratello 17. Il perché vi sarà presto chiaro.

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Locandina di Cronaca Familiare, film del 1962 con protagonista Marcello Mastroianni. Fonte: Filmtv.it

Cronaca Familiare di Vasco Pratolini: l’infanzia

Nella prima parte lo vediamo bambino di 5 anni inerpicarsi insieme alla nonna su per delle stradicciole di campagna costeggiate di ulivi. Un quartiere signorile, ricco di ville e di personalità che, dall’alto di quelle colline, guardano la Firenze operaia dalla quale nonna e nipote provengono. Dove vanno? Ogni giovedì vanno a far visita a un pargoletto di pochi mesi che abita in uno di quei palazzi, Villa Rossa. E il pargoletto altri non è che suo fratello Ferruccio. Affidato alle cure di una famiglia di contadini poco tempo dopo la morte della madre, il neonato viene notato dalla moglie del maggiordomo della villa e, su consenso del signor Barone che ne è proprietario, trasferito nell’edificio, dove viene cresciuto da vero signorotto di campagna. La nonna e Vasco continuano a fargli visita, puntualmente, ogni giovedì, per mantenere il legame affettivo e rivendicare i diritti di sangue. Ma il maggiordomo, diventato suo protettore, non se ne vorrà separare e, quando il padre naturale, dopo lunga discussione riuscirà a riportarselo a casa, troverà il modo di convincerlo a rimandarlo in villa, per il suo bene, per un futuro diverso da quello di un operaio, per una vita agiata, lontana dalle tribolazioni di chi abita nei bassifondi della città.

Cronaca Familiare di Vasco Pratolini: la giovinezza

Nella seconda parte, dedicata alla giovinezza, in cui Vasco ha 22 anni e Ferruccio 17, i due si ritrovano dopo diversi anni dall’interruzione di quelle visite a Villa Rossa, rese sempre più complicate dal dispotismo del maggiordomo che era arrivato perfino a proibire a nonna e nipote di parlare a Ferruccio della madre. Vasco e Ferruccio si ritrovano in uno di quei locali frequentati dagli studenti del ginnasio e del liceo con le rispettive compagnie. Non è un incontro strappalacrime, come ci si potrebbe aspettare. Ferruccio è cresciuto con la puzza sotto il naso per tutto ciò che sa di plebaglia e, addestrato a fare le dovute distinzioni, non può esimersi dal guardare con una certa aria di saccenza anche i suoi congiunti, che di quella plebaglia fanno parte. Occorrerà una rottura con quel mondo ovattato, artificiale, per tornare a ricostruire un rapporto con la famiglia di origine: un litigio con il patrigno, ormai sceso dal piedistallo a causa della morte del Barone e costretto ad affittare un appartamento nel quartiere di Ognissanti. Ferruccio si riavvicina a Vasco e fra i due si rinsalda, a poco a poco, quel legame che, due infanzie lontane, avevano reso quasi un ricordo del passato. Insieme visitano la nonna, ormai chiusa in un ospizio, e con lei, anello forte di questa catena, riscoprono cosa significhi la parola “famiglia”.

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Cronaca Familiare di Vasco Pratolini: la maturità

La terza parte, quella della maturità, è anche la più drammatica. Siamo a Roma, dove si è trasferito Vasco, tra il 1944 e il 1945. La nonna è morta da qualche anno, Ferruccio lo raggiunge da Firenze, in grosse difficoltà finanziarie. È disoccupato e privo di abilità che possano tornargli utili per procurarsi un mestiere. Dopo aver interrotto gli studi ha provato a guadagnarsi il pane onestamente, lui che aveva sempre avuto una forte repulsione per qualsiasi lavoro manuale. È stato spalatore durante le nevicate in città, compilatore durante un censimento, fattorino. Ma niente gli è andato per il verso giusto. A Roma si ammala gravemente e viene ricoverato in un ospedale in cui il suo male, prima considerato un interessantissimo oggetto di studio, al punto da essere proposto dal medico curante agli specializzandi durante le sue lezioni, poi trascurato da tutto il personale sanitario (una puntura fatta distrattamente da un’infermiera gli causerà addirittura un ascesso), lo conduce inesorabilmente verso una prematura morte (avvenuta, però, nella città d’origine).

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Due strade che si intrecciano

Cronaca familiare è il racconto di due fratelli che sperimentano sulla propria pelle le infinite sensazioni che possono verificarsi nell’arco della vita. C’è l’indifferenza verso l’altro, in una lotta di classe che porta a guardare con sospetto chiunque non appartenga all’ambiente della villa o non sia cresciuto per i vicoli della Firenze proletaria. Ma c’è anche la ricostituzione di un nido familiare, senza la quale questo libro non avrebbe avuto ragione neppure di essere scritto. Ciò avviene nella seconda parte, la più corposa, che proprio per via di questo rapporto ritrovato rappresenta il cuore pulsante di tutta la storia e merita di essere approfondito come si deve. Non a caso corrisponde al periodo della giovinezza, il periodo della vera rinascita dei due. Vasco vive di aspettative e ha ben chiari i suoi progetti per il futuro; Ferruccio inizia davvero a vivere, dopo essere stato allevato da principe, ma sotto una campana di vetro.

In una famiglia non si è tutti uguali

E se il legame dei due fratelli costituisce l’asse portante di tutta la narrazione, non possiamo comunque dimenticare una serie di personaggi che contribuiscono a ricreare quell’atmosfera familiare che viene condivisa con noi, perfetti sconosciuti. Dominano le figure femminili, come dimostra la persistenza della nonna, quelle maschili, invece, sono prive di personalità, se non addirittura denigrabili. Il padre dei due viene coinvolto in tre sole occasioni: quando va a riprendersi Ferruccio e, nel breve lasso di tempo in cui sono stati insieme, gli insegna le prime scoraggianti parole (“fagioli” e “culo”), quando chiede un prestito al patrigno per comprarsi una marsina (i suoi “trenta denari”, dice Pratolini, grazie ai quali il maggiordomo avrà finalmente vinto la battaglia per il possesso di Ferruccio) e quando Vasco, già ragazzo, gli domanda notizie sulla madre morta quando aveva cinque anni e il padre, evasivo, sfugge il discorso per carenza di ricordi da condividere.

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Fonte

La figura della madre

La madre non prende parte alle vicende, perché, come abbiamo già detto, viene a mancare molto presto. Però la sua presenza è costante e attraversa i ventisette anni in cui si articola la storia. Vasco, il più grande dei due fratelli, è in un certo senso il custode della sua memoria. Non ha un’immagine chiara della donna, in quanto il suo unico vero ricordo è quello di una madre distesa sul letto, vestita di nero, circondata di ceri, attorno alla quale ronza fastidiosa una mosca. Un’immagine di morte, certo, ma l’unica da cui ripartire per sentire più vicina la donna che lo ha messo al mondo. E anche Ferruccio ci proverà. La ricostruzione della sua figura diventerà una missione per entrambi, ma una missione che, basandosi sui soli ricordi della nonna, non può che alimentare il vuoto, accrescendo quel senso di impotenza per un puzzle che non si riesce a ricomporre.

C’è chi non muore mai

Allora eccola la grande trovata di Ferruccio, proprio nel momento in cui la morte lo avvicina alla donna la cui immagine è rimasta ferma a un corpo nel suo capezzale. Rivolgendosi a Vasco gli dice: “Se sei uno scrittore, descrivimela. Dimmi qualche cosa che me la faccia immaginare viva”. E uno scrittore, se è un vero scrittore, siatene certi, ci riuscirà. Perché può tanto il potere della parola. Non cancellare la morte, forse, ma restituire la vita, sì. Ed è questo che avviene in Cronaca familiare, molto più di un romanzo autobiografico. Un romanzo che ci fa conoscere gli affetti più cari di Pratolini, che serve a lui per alleggerirsi di un peso, quello che immancabilmente la perdita di un parente stretto ci lascia sul cuore, e a noi a riflettere sull’importanza di vivere per collezionare ricordi e, in questo modo, alimentare una memoria che non cesserà mai di darci conforto.

Massimo Vitulano

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