Biffy Clyro – A Celebration of Endings: un album pieno di colori e libertà

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Colori e voglia di rinnovarsi. Sono questi i due elementi che, in ormai diciotto anni di carriera, non hanno mai abbandonato i Biffy Clyro. E, rispettando la tradizione, non mancano nemmeno in A Celebration of Endings, il nuovo album del trio scozzese rilasciato lo scorso 17 agosto (14th Floow/Warner Bros)

Il complesso alternative composto da Simon Neil (voce, chitarra e tastiere) e i fratelli Johnston (basso, batteria e cori) non ha mai rinunciato alla possibilità di esplorare nuove vie, nuove soluzioni, nuove sonorità da implementare ad un genere musicale come l’alternative rock per natura aperto tanto alla contaminazione quanto all’”accessibilità”.

Quella vena sperimentale che aveva preso il sopravvento nel 2013 con il successo di Opposites per poi vedere continuazione nel 2016 con Ellipsis, trova la definitiva coronazione con A Celebration of Endings, un album ricco di colori, di differenti spunti e, soprattutto, di libertà. La libertà di chi, durante la sua carriera, si è preso la briga di tentare vie differenti, imparando a padroneggiarle e assumendo la dimestichezza di chi, funambolicamente, in grado di passare con disinvoltura da “palo in frasca” rimanendo comunque coerente con sé stesso.

A Celebration of Endings Biffy Clyro

Impossibile, infatti, anche in questa nuova uscita non notare costantemente il timbro tipico dei Biffy Clyro, quello composto da quel mix di energia, orecchiabilità e freschezza che, nel passare del tempo, ha garantito a Neil e compagni un meritato successo

Quello che ci ritroviamo di fronte mettendo in riproduzione A Celebration of Endings è un album maturo che ha il coraggio di osare e vagare attraverso differenti rotte, dove la libertà non è solo quella musicale ma anche quella narrata attraverso delle liriche che vanno a fondo proprio nei concetti di libertà e nello snocciolamento di questioni sociali e, soprattutto, morali.

Un album che lascia spazio a pezzi dotati di un’estrema cantabilità (forse apparentemente eccessiva) ed aperti all’universo dell’orecchiabilità più pop, senza però mettere da parte anche episodi più energici, più coraggiosi e più carismatici.

Ci ritroviamo così di fronte al mix di potenza e calma dell’energica North of No South dove l’esplosivo riff introduttivo fa da spola per un ritornello slanciato e carismatico prima di abbandonarsi ad intermezzi e strofe più chill e rilassate.

Una opening perfetta che introduce subito l’ascoltatore alle varie “tonalità” che incontrerà durante tutta la riproduzione e che, subito, vengono nuovamente messe in chiaro dalla seguente The Champ che, nascendo su delicate note di pianoforte e archi a supporto di una voce delicata ma incisiva, crescendo gradualmente si lascia poi andare alla compattezza e l’energia di riff chitarristici e di linee vocali fortemente supportate da cori variopinti ed estremamente efficaci.  

Se con Weird Lesure ci ritroviamo di fronte alla classica canzone dei “Biffy Clyro”, dotata di tiro, potenza e orecchiabilità, con Tiny Indoor Fireworks entriamo in una dimensione musicale più alt pop all’americana, una sorta di college music che, nonostante la sua estrema leggerezza, non stona e anzi, aggiunge colore al complesso del lavoro.

Con A Celebration of Endings I Biffy Clyro si sentono liberi di affrontare tutto ciò che, nella loro vita, hanno incontrato trasponendolo in note musicali.

Così dopo le delicate emozioni in sei ottavi della dolcissima Space, ballata emotiva e raffinata nella sua semplicità, efficace ma non troppo originale, ci ritroviamo catapultati nel chaos della aggressive e “Grungy” End Of, pezzo ricolmo di influenze che vagano dal grunge anni 90 fino ai primi Muse, condito da un pesante riffing dalle tinte quasi vagamente “Tool”. Il tutto, ovviamente, sotto l’inconfondibile “tetto” dei Biffy Clyro.

Proprio parlando di libertà, però, non può non emergere Instant Story, uno dei fiori all’occhiello di A Celebration of Endings e che, distinta dall’intrecciarsi di tastiere, sintetizzatori e drum machine mescolata a batteria acustica (in grado di creare una perfetta commistione tra il pop di tendenza moderno e lo spirito rock della musica alternative) proprio nel suo ritornello contiene il manifesto dei nuovi Biffy Clyro:

This is the sound that we make
Can you hear it?

A ridosso della fine la gentile e acustica Opaque calma gli animi prima di sfociare nella conclusione affidata a Cop Syrup, pezzo dal sound singolare, violenta flessione tra il grunge e il math rock che, nel suo mix di melodia e irruenza, clean e harsh vocals, ricorda e non poco gli Arcane Roots (leggi qui per la nostra review) di Left Fire.

Ed è così che giunge a conclusione A Celebration of Endings, un album inaspettatamente più bello e interessante del dovuto

Non perché i Biffy Clyro non fossero in grado di produrre buona musica, per carità. Più che altro sembra essere sempre più raro, da qualche anno a questa parte, ritrovarsi di fronte a nuova musica in grado di colpire, emozionare. Musica con la voglia di esplorare differenti mondi cercando di creare qualcosa di, se non originale, fresco e colorato.

E forse sono proprio i molteplici colori contenuti nella cornucopia del trio scozzese l’elemento in grado di regalare un’esperienza godibile, variegata, capace di offrire un piccolo pezzo di puzzle per ogni stato emotivo, situazione, condizione interiore in cui l’ascoltatore potrebbe trovarsi durante tutto il percorso della sua vita.

Ben registrato, ben pensato, dotato di una produzione difficile da critica e ottimamente eseguito sul piano tecnico da ogni membro. La voce di Neil, come sempre, è in grado di toccare ogni corda necessaria cucendosi su ogni necessità nel modo più opportuno possibile, aumentando lo spettro di colori di ciò che, per natura, nasce già simile alla tavolozza di un pittore. Uno strumento, all’epoca, ideale proprio per dipingere e fermare su tela la vita di tutti i giorni e non solo.

Una vita fatta di tanti inizi ma anche di tanti “ending”. Ed è così che i Biffy Clyro vanno a rinnovarsi, ricominciando con coraggio, chiudendo un vecchio ciclo ed aprendone uno nuovo rimanendo, comunque, se stessi.

Lorenzo Natali
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