Sleeping at Last – Atlas II. L’innocenza della scoperta, prima dell’individualità
Spesso scende il buio e diviene difficile ritrovare, in esso, quelli che sono i lineamenti che vanno a comporre il nostro essere, il nostro carattere, la nostra personalità. Spesso e volentieri capita di iniziare viaggi impervi in cui ci lasciamo alle spalle molto nel tentativo di andare altrove, approdare a qualcosa di diverso da quello che siamo sempre stati, allontanandoci da noi stessi. Dei viaggi necessari in un mondo che tende a respingere la luce, costringendoci alle volte a gettarci nel buio. Ma le case, quelle vere, anche se disabitate per anni rimangono sempre le stesse e, prima o poi, finiremo per rivederne l’uscio.
Con l’enneagramma delle personalità, bene o male, ciascuno di noi è in grado di riconoscere i suoi imperituri tratti caratteristici che ne definiscono l’essere
Nove tipi fondamentali, nove modi talvolta diversi e talvolta affini di vivere la vita. Chi a conoscenza di quanto ho accennato, leggendo questa breve introduzione avrà già capito che il sottoscritto appartiene spudoratamente al tipo quattro (dalla regia dicono sia uno dei più sfortunati, cosa piuttosto vera).
In un’epoca dove perdersi nei meandri di un mondo che tende alla spersonalizzazione l’enneagramma è uno strumento fondamentale, quasi sacrosanto e necessario, in grado di ricordarci cosa siamo, perché lo siamo e, soprattutto, perché non siamo altro. Tanto possiamo fuggire quanto ci pare da noi stessi ma prima o poi torneremo al punto di partenza…anche dopo aver compiuto grandi sacrifici.
Ma prima di arrivare all’individualità degli enneatipi vi è un primo lungo tutorial, che ci da gli strumenti per capire e comprendere il mondo, per plasmarci talvolta con durezza e talvolta con amore. La nascita, la vita, la percezione, l’emozione. Tutti passaggi necessari per quelle vite che appena venute al mondo si ritrovano per la prima volta a vederne le luci e, soprattutto, le molte ombre.
Con Atlas II, gli Sleeping at Last offrono la loro personalissima lettura musicale di quel percorso che parte dall’innocenza della nascita fino alla creazione delle individualità raccolte nei nove tipi cardine dell’enneagramma umano.
Un tema profondamente calzante in un album che si assume il pesante compito di dedicarsi ai rapporti umani, alle emozioni, ai legami. Un’ora e quarantacinque di riproduzione che, rilasciati nella loro interezza lo scorso 1 novembre 2019, offre un viaggio completo e toccante nei meandri dell’essere, offrendo anche delle interessanti chiavi di lettura sulle vite di ciascuno di noi.
Vita, sensi, emozioni, intelletto e personalità, il tutto narrato in venticinque lavori che confermano le grandi qualità insite in un’artista d’eccezione come Ryan O’Neal
Il ciclo degli enneatipi è il momento fulcro e chiusura di un lavoro che va ad investigare il microcosmo umano già nelle sue prime battute. Tutte le tematiche trattate, però, vengono dipinte con estrema precisione sulla tela della partitura, riuscendo a risultare dotate di un grande potere immaginifico.
Con Life gli Sleeping at Last danno avvio al lungo viaggio della vita. La nascita, il concepimento, lo sbocciare di qualcosa di nuovo che, in qualche modo, andrà ad impreziosire il mondo
Vista la luce, poi, inizia quel percorso scosceso attraverso i grandi rami dell’esistenza. Si può essere figli, si può essere figlie, si può essere mentori o allievi, si può essere madri o padri. Con Son e Daughter si investigano un poco entrambi le facce della medaglia. Alle volte ci capita di essere l’allievo che riceve l’importante lezione, altre volte ci capita di essere il genitore che nella nascita di una parte di sé trova, grazie all’amore, il coraggio utile a fare cose un tempo impensabili. In fondo amare è un poco come andare in bicicletta, non si è consci di saperlo fare finché non iniziamo a pedalare. L’importante è non aver paura di farlo perché se il dolore sembra volerci strappare la vita di dosso, solo l’immobilità può privarcene davvero.
Insomma, è proprio l’amore che, alle volte, ci insegna a essere genitori, a essere mentori. E credetemi, non serve necessariamente essere padri o madri per scoprirlo. Il sottoscritto lo sa bene. Quel prendere sotto la propria ala protettrice qualcuno con la voglia di accudirlo, senza alcun ritorno, quel voler curare ciò che è rotto prendendosi anche i rischi di ritorni negativi, dei payback con cui spesso siamo disposti a scendere a patti perché proprio come diceva un certo Lao Tzu, essere amati profondamente da qualcuno rende forti ma amare profondamente quel qualcuno rende coraggiosi. E così inizia il viaggio nella vita, il viaggio del mondo. Un poco da piccole anime accudite, un poco da grandi anime che accudiranno. Inizia da figli e figlie, ma anche da genitori e mentori. Nella maggior parte dei casi non si nasce solo dal grembo delle nostre madri ma anche dall’amore del diventare amanti, compagni, amici, genitori.
La mente umana è profondamente ricettiva, sveglia, guardinga, in particolar modo nei primi anni di vita
Li dove le ansie e le angosce della vita ancora non hanno fatto capolino nella nostra dimensione personale, la sola cosa che può penetrarci è quello stimolo continuo che giunge da quel grandissimo nuovo gioco che dobbiamo imparare a giocare. Il mondo. Una danza che interpretiamo con tutto il nostro corpo, anzi, con tutti e cinque i sensi. Con Touch, Taste, Smell, Hearing, Sight gli Sleeping at Last descrivono quei cinque poli che stimolati formano la nostra esperienza, raccontati in note nelle loro relative sfaccettature ed esperienze. I cinque sensi sono il nostro abecedario, quel primo libro da leggere che ci insegna a interpretare e capire il mondo nella sua natura più diretta, primaria, impressionistica. Prima ancora che giungano le grandi domande, prima ancora che si apra a noi l’universo delle emozioni, primo grande step del percorso verso l’individualità del singolo.
Quello delle emozioni è un cosmo che nasce da un violento scontro, da una grande e costante guerra, quella tra mondo esterno e mondo interno, tra il me e il loro, tra il noi e gli altri
O, ancor di più, tra mente e cuore. Così viene narrata in tutta la sua frizzantezza la gioia (Joy), che spesso e volentieri viene a noi quando il nostro cuore si dimentica dell’esistenza della gravità. E proprio quella dimenticanza, alle volte, ci conduce al dispiacere (Sorrow). Li dove vengono commessi errori o dove semplicemente le cose non vanno come avremmo voluto. Li quando la frizzante dimensione della gioia ritorna alla cruda realtà, li dove un bacio pieno di calore si trasforma in cenere sulle nostre labbra lasciando su di esse un profondo sapore amaro, degli archi malinconici, delle fughe di drammaticità che dipingono quell’elemento, il dolore, che impareremo a conoscere bene e che spesso, nella sua costante colonna sonora, ci porteremo dietro. E dopo il dispiacere arriva la rabbia (Anger), con i suoi violini frenetici ed il suo incedere incalzante, che ci anima e ci accende, ci fa pentire e rifiutare. Mentre le sue fiamme crescono, però, tutto brucia e alla fine, in un panorama ormai brullo, rimane solo la paura (Fear), e la sua narrazione malinconica fatta da tasti d’avorio e suoni sfuggenti.
Arbitri in questo scontro e spesso stessi fautori di esso sono la mente e il cuore
Due difficili coinquilini in quel corpo che silenziosamente ne subisce le angherie riuscendo, ogni tanto, anche a dire la sua. Con Mind, gli Sleeping at Last ci fanno percepire il matematico andamento dei meccanismi razionali che tutto analizzano e tutto vedono, tentando di tenere con i piedi ben saldi al terreno il cuore (Heart), che con estrema facilità si lascia andare tra sogni distanti dal reale all’inseguimento di quelle emozioni che, in fin dei conti, rendono la vita meritevole di vivere. Ma come potremmo vivere senza questo dualismo, senza questa lotta senza quartiere che si svolge nel nostro corpo (Body)? La chiave è nell’equilibrio, sempre. Un equilibrio instabile e davvero difficile da mantenere.
Conosciuti i sensi, conosciute le emozioni, viste le luci della nascita, in questo impervio percorso si va a formare l’individualità
Quella stella a nove punte, quell’enneagramma che nelle nostre infinite sfaccettature, comunque, ci raccoglie, dandoci un ruolo, uno scopo, spiegandoci cosa siamo e perché lo siamo. Una fine non fine, ma ben si un inizio. Perché tutto quello che viene prima del nostro essere se stessi era solo una preparazione alla vera vita, alla sua durezza, al suo calore, al gelo che alle volte ci dona e alla gioia che sapremo vivere, alle bellezze che sapremo cogliere. Per tutti vi è una via, una strada. Per tutti vi è una casa che indica e indicherà cosa saremo, come vivremo, come prenderemo ogni cosa.
Ma di questo, parleremo più avanti. Intanto godiamoci il calore della scoperta, l’innocenza della nascita, l’odore di nuovo di un mondo ancora tutto da scoprire prima che inizi la tremenda lotta tra noi e lui, tra l’io e il loro. Concediamoci il sapore delle prime stupende luci, in attesa che il buio arrivi cercando di portarci via quanto di più prezioso abbiamo: noi stessi.
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