Rilasciato il primo novembre scorso, con Friend of a Phantom i Vola tornano sulle scene con un lavoro dall’enorme peso specifico
Già dimostratosi progetto assolutamente maturo con il precedente Witness, i Vola alzano ulteriormente l’asticella mostrando non solo coscienza della propria personalità ma, soprattutto, disinvoltura nel muoversi tra le sconfinate opportunità che il mondo musicale è in grado di offrire.
Una crasi, quella proposta dal complesso danese, che spicca per freschezza e genuinità, originalità e brillantezza. Con Friend of a Phantom più che mai il quartetto riesce di fatto a mettere in mostra estro creativo, capacità di ricerca e consistenza di idee. Doti, queste, che già intraviste in passato sembrano giungere così a piena maturità.
Fedeli a sé stessi ma senza mai adagiarsi troppo su territori già battuti (come molti esponenti del settore ben più quotati). Capaci di inseguire con curiosità e sfrontatezza nuove idee senza però perdere i genomi fondamentali del proprio DNA, Mygind, Werner, Mogensen e Janzi mostrano sfacciatamente una personalità ben definita, cangiante, eternamente bambina ma per questo mai ingenua.
Non manca mai la commistione tra sfacciate durezze metal e delicatissime sensibilità pop che, trovando in Friend of a Phantom ancora maggiori equilibrio e maestria, non si mostrano mai come un banale gioco di contrasti ma, anzi, come il necessario contraltare l’una per l’altra in un avvicendarsi che ispira naturalezza.
Le melodie “volpescamente” orecchiabili e furbe (come sempre) imprimono come uno scalpello nelle memorie dell’ascoltatore i singoli pezzi, i loro messaggi, le loro sfaccettature
Tutto ciò poggiandosi, adesso più che mai, sulla forza di una componente tastieristica che brillantemente, con minimale parsimonia ma con gusto sconfinato, riesce a fare da ponte tra le massose chitarre del metal contemporaneo e le necessarie fughe in sfumature di colore più emotive, più “umane”.
Ed è così che con Cannibal, uno dei pezzi più duri dell’album, tra i riff granitici e le brutali sporcature vocali di Anders Fridén (In Flames ndr) emerge un ritornello dalla melodia non meno tormentone di una Break My Lying Tongue, secondo episodio in rassegna in grado di reggere botta per ben tre minuti rigirandosi e contorcendosi attorno al medesimo magnetico e ingenuo al tempo stesso motivetto.
La power ballad We Will Not Disband si situa tra i pezzi più “da stadio” del quartetto danese con la sua carica energica e leggiadria emotiva garantendo una spinta sonora importante prima del timeout di Glass Manequin, episodio che in minimalismo e parsimonia trova la sua enorme forza.
Bleed Out entra a gamba tesa nella corsa a “Pezzo migliore della discografia” e, probabilmente, del 2024 progressive metal. Conturbante e variegata, inizia come un crossover urban/hip hop, prosegue giganteggiando con un chorus liberatorio e dalla grande presa e si chiude con una masterclass totale in breakdown. Con Bleed Out i Vola dimostrano a tanti (anche più noti) come si può fare ancora del bel metal nel 2024.
Paper Wolf non necessita di presentazioni, singolo già lanciato ormai quasi due anni fa e molto vicino alla “ritrattistica” di Witness, con il suo convincente andamento riff based tanto conturbante quanto quello della ben più pacata I don’t know How We Get Here. Pezzo più singolare dell’album e di certo non per tutti i gusti, è simbolo però della capacità del quintetto danese di pensarsi e ripensarsi senza mai smarrire i propri punti fermi.
In chiusura Hollow Kid, pezzo forse più debole della rassegna per quanto ugualmente ben riuscito, e la deliziosa Tray. Lenta, dolce, cinematica, profondamente emotiva e narrativa, con Tray i Vola dimostrano tutta la loro sensibilità musicale ed interpretativa con un’esecuzione che, proposta in chiusura, non può far altro che regalare stupore e sbigottimento.
Non rimane molto da dire su Friend of a Phantom, un album che merita anche più di un’occasione non tanto per la qualità (superba) musicale proposta ma quanto per la stupefacente capacità di comunicare
La tela realizzata dai Vola è colorata, dinamica, mutevole e ricca. Una parola, quella scelta dalla band, che merita di essere ascoltata. Un lavoro egregio ed un grande regalo, non tanto per il variegato pubblico musicale (spesso purtroppo inadeguato a comprendere le bellezze ad esso proposte) ma quanto per il mondo della musica in generale.
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