The Dark Side of the Moon, dove nasce il successo dell’album immortale?

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Il tempo passa e, per tutti, è sempre tiranno. Il Dio Chrono continua costantemente ad imporre quel processo di cui, spesso, vediamo i risultati sulla nostra pelle. Noi umani, inesorabilmente, invecchiamo e con noi anche le nostre opere. Film, album, spettacoli, libri. Tutto ha un periodo, nasce, cresce e poi decade, rimane fisso nel suo tempo, con più o meno strascichi ma sempre mantenendo forte l’impronta del periodo che lo ha contraddistinto. Tutto…o quasi. Di fatto alcune opere sembrano essere immortali, destinate ad eterna giovinezza. Ed è il caso di The Dark Side of The Moon.

Vinile più venduto del 2019, lo storico album dei Pink Floyd scala ancora le vette degli acquisti e degli ascolti con un successo intramontabile che sembra non perdere colpi nonostante il continuo cadere della polvere nella clessidra. Ma da cosa deriva questo elisir dell’eterna giovinezza di cui l’opera di Waters, Gilmour and co. sembra essere portatrice?

Molti gli elementi che rendono quell’album tra le migliori produzioni musicali della storia

Composizioni raffinate, estremamente curate, avveniristiche e dotate di un’estrema e unica personalità, in grado di influenzare per anni e anni svariate correnti musicali. Il tutto rimanendo tremendamente orecchiabile.

Che sia un orecchio più esigente o un ascolto più casual, difficile non apprezzare i vocalismi di The Great Gig in the Sky, il groove apparentemente infinito del 7/8 di Money o lo squillante rumore delle sveglie di Time. The Dark Side of The Moon è uno di quegli unicum nel suo genere, in grado di fondere tanto maestria musicale quanto attenzione all’ascoltabilità.

Estremamente più fruibile dell’altrettanto noto successore The Wall, sicuramente molto meno scorrevole per i non amanti del genere, con il lato oscuro della luna i Pink Floyd riescono a propinare all’ascoltatore una pillola amara, contenenti i vizi e i vezzi della società che già a fine anni 70 andava definendosi, indorandola di sonorità delicate, raffinate, nel grosso dei casi propendenti all’etereo, in grado di scorrere con tranquillità senza stancare.

The Dark Side of the Moon

Privo di eccessivi barocchismi, anche gli sperimentalismi presenti e le armonie levigate sono serve di una musicalità che, con il passare del tempo, ha avuto oggi ben pochi successori

Annoverabile con estrema disinvoltura tra le migliori opere Prog di sempre (mi riesce difficile definirlo semplicemente psichedelia), The Dark Side of the Moon porta con se una commistione di differenti generi uniti tra loro in modo eterogeneo e ricco di personalità, guadagnandosi tranquillamente il titolo di miglior album della band anglosassone.

In rarissimi casi siamo stati in grado, nei recenti anni, di poter ascoltare musica dove la cura, l’attenzione e la ricercatezza potessero essere tranquillamente avvicinate dall’orecchiabilità

Vengono in mente i The Dear Hunter o gli Iamthemorning, per fare un paio di nomi. Artisti di livello sopraffino, probabilmente (anzi, sicuramente) tecnicamente anche molto più dotati dei quattro mostri Floydiani. La loro orecchiabilità rimane però in minima parte limitata a coloro che dalla musica hanno richieste più esigenti. In fondo tecnica non è tutto, anzi, è solo serva, mezzo del fine ultimo. La comunicazione.

E con il lato oscuro della luna i Pink Floyd sono stati in grado di mettere in campo un comparto comunicativo importante dove il suono non è mai casuale

Le voci tirate di The Great Gig in the Sky a celebrare la morte, lo scorrere del tempo con le sveglie di Time ed il suo andamento incontrastato e, allo stesso tempo, delicato. Lo scorrere delle monete di Money con il suo costante ritmo che alla perfezione rispecchia la grande macchina del denaro, sempre in movimento. O, ancora, la frenesia dei tempi moderni nei sintetizzatori circolari e dal ritmo forsennato di On The Run.

The Dark Side of the Moon è stato un album in grado di parlare all’uomo dell’uomo, facendolo nella maniera più chiara possibile, senza barocchismi, senza giri di parole, senza eccessi. Una storia che può essere raccontata a chiunque, dal grande potenziale di massa ma non massificata e, soprattutto, dai contenuti ancora tremendamente attuali.

E qui vi è, allora, l’immortalità di quell’album, in grado ancora oggi di comunicare forte e chiaro il suo messaggio con un linguaggio che, davvero in pochi, non possono comprendere.

Lorenzo Natali
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