Ciao Erriquez, ti porti via un’epoca

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È arrivata il giorno di San Valentino la notizia della scomparsa di Enrico “Erriquez” Greppi, fondatore e volto della Bandabardò.

La storia band fiorentina fondata da Erriquez nasce nel 1993 ed è da subito ciò di più lontano e immaginabile dal concetto di classifica, ma al contempo è l’entità musicale più simbiotica che si possa immaginare col concetto di piazza, di musica live, di impegno ma anche del non prendersi sul serio.

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La Bandabardò è il simbolo di un’epoca musicale che accomuna molti dei figli degli anni 80. Si parla spesso del ricambio generazionale, molti di quelli che piangono la scomparsa di Erriquez sono infatti testimoni di un mondo e di un modo ci intendere la musica che forse non esiste più o che in qualche modo non è replicabile con le condizioni in cui nacquero band come quella di Greppi e, un nome fra tanti, i Modena City Ramblers.

La bandabardò fu una delle prime formazioni a mischiare il rock con il folk e la musica gitana, contribuendo a delineare quel genere, la patchanka, che ebbe in artisti come Manu Chao le sue punte di diamante. E furono piazze, circoli Arci, Feste dell’Unità, concerti del Primo Maggio ma soprattutto strada.

La vera ragione d’essere della Bandabardò è stata la strada, senza filtri, senza compromessi. Le migliaia di chilometri percorsi su e giù per l’Italia dovunque ci fosse da suona, dovunque ci fosse da far ballare. Poi l’impegno, mai cieco, sempre presente verso i più deboli e nelle cause degli ultimi. Un concetto di musica che probabilmente non esiste più o non potrà più esistere al modo in cui l’abbiamo conosciuta.

Erriquez è uno di quegli artisti a cui non si può non voler bene. Un musicista capace con la sua band di creare un prima e un dopo in questo paese. Nonostante l’ultimo disco della Bandabardò fosse del 2014 canzoni come Beppeanna, Se mi rilasso collasso, 20 bottiglie di vino, Manifesto, Ubriaco Canta amore risuonano ancora nelle parole e nei messaggi di quegli che a tutti gli effetti sono testimoni di un’epoca allevati dai concerti della Banda.

Nelle canzoni della Bandabardò risuonano migliaia e migliaia di storie nate sotto ai palchi dei loro concerti. Il coro di artisti e personaggi pubblici che si è unito al saluto ad Erriquez è incredibile e trasversale proprio perché tutta la leva cresciuta negli ultimi anni del secolo scorso vede scivolare tra le dita anni che non torneranno, giovinezze che scompaiono, sogni e speranze frantumate a poco a poco dal tempo che passa e calpesta inesorabile tutto.

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Resta la musica, il ricordo di balli, sudate, birre scadenti, polvere nella gola, manifestazioni, di un millennio che finiva e di uno che cominciava. Resta Piazza San Giovanni, il Primo Maggio che senza di loro non poteva essere omologato al pari della bandiera dei quattro mori. Restano le nottate in auto sparati verso qualche posto in provincia a sentire l’ennesimo concerto della Bandabardò, il ricordo di centri sociali rimpiazzati dai locali alla moda che ora chiamano “club”, degli ingressi a sottoscrizione, delle mille foto postate con Erriquez nei post concerto.

I poeti non muoiono mai, ha scritto Peppe Voltarelli nel ricordare Erriquez, e credo sia la cosa migliore da dire al riguardo. Ciao Erriquez, ti porti via le nostre piazze, le nostre manifestazioni, i nostri centri sociali, le nostre assemblee, tante delle nostre speranze e anche un pezzo grande delle nostre vite. Abbiamo ballato, abbiamo cantato, abbiamo sperato, ci abbiamo provato. Ma se è vero che le mode se ne vanno qualcosa, nonostante tutto, resta. Ci resta tutto quello che si può far entrare in un ritornello, in una strofa, in una canzone, quello resta a prescindere dalle occasioni perse.

Raffaele Calvanese
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