Jeff Buckley, cantautore dalla voce angelica, strappato alla vita troppo presto, in modo assurdo, la notte del 29 maggio 1997.
Jeff Buckley, cantautore e musicista di razza, è nato il 17 novembre 1966. Emerso dal circuito folkie e bohemien newyorkese, l’artista si è dimostrato nel corso degli anni musa ispiratrice di molti artisti rock. E’ stato capace, a suo modo, di tramandare il suo (breve) vissuto, il suo spirito fragile e disperato, rivelandosi uno dei personaggi di culto degli anni Novanta, soprattutto grazie all’album straordinario Grace.
Nato ad Anaheim in California, Jeffrey Scott Moorhead – Moorhead è il cognome del secondo marito della madre, Ron Moorhead – è il figlio di Mary Guibert e del cantautore statunitense Tim Buckley, artista della scena rock conosciuto in tutto il mondo, che proprio nel periodo della nascita di Jeff si stava affacciando nel panorama musicale. Una carriera, quella di Tim, che finì ben presto: dopo aver inciso il primo disco infatti lascerà la moglie ed il figlio di pochi mesi per trasferirsi a New York, per poi morire nel 1975 per overdose a soli ventotto anni.
Durante l’infanzia e l’adolescenza Jeff scoprì che la musica era tutto ciò che lo appassionava, ascoltava i Led Zeppelin e i Queen, lo psichedelico Jimi Hendrix e i Pink Floyd, tutti artisti che lo formarono musicalmente, tanto da formare a diciassette anni il suo primo gruppo: gli Shinehead di Los Angeles. Poco dopo, a New York insieme con l’amico Gary Lucas diede vita ai Gods & Monsters, un sodalizio artistico che tuttavia fallì ben presto a causa dei dissidi interni al gruppo.
Così Buckley decise di intraprendere la carriera da solista, iniziando ad esibirsi nel circuito del Greenwich Villane e facendosi conoscere durante un concerto omaggio al padre, durante il quale cantò la bellissima Once I Was. Nel 1993 Jeff Buckley ebbe l’opportunità di incidere il suo primo album, dal vivo, attraverso l’etichetta discografica Columbia: Live at Sin-E, contenente quattro tracce: due pezzi inediti (Eternal Life e Mojo Pin) e due cover, una di Van Morrison e l’altra di Edith Piaf.
Tuttavia, il successo lo ottenne con Grace, disco uscito negli Usa ad agosto del 1994. Un lavoro etereo che mostra la grande sensibilità e l’attenzione minuziosa che Jeff Buckley metteva nella sua arte. Un vero capolavoro ascritto al secolo scorso, intenso e creativo, capace di intrecciare emozioni, rabbia tormento ed energia.
I testi sono profondi e attingono sia dal repertorio del padre Tim, sia dal poeta Leonard Cohen che al menestrello Bob Dylan. Grace presenta una tracklist di dieci brani: tre cover, tra cui la bellissima versione di Hallelujah, e non esagero se la reputo tra gli omaggi più belli e ben riusciti fatti al cantautore canadese Cohen, tre brani interamente scritti da Jeff e quattro frutto di collaborazioni varie.
Grace è la prova di quanto un artista possa diventare importante con solo un album alle spalle, forse lo è ancora di più il fatto che il disco sia uscito pochi mesi dopo la scomparsa di Kurt Cobain, un altro musicista che ha segnato (nel bene e nel male) un preciso periodo musicale.
Dopo il grande successo di Grace, nel 1997 Jeff Buckley iniziò a preparare il nuovo album, My sweetheart the drunk. Il disco uscì postumo in una versione grezza, con il nome di “Sketches (for my sweetheart the drunk)”. Perché Jeff morì tragicamente, annegato nel fiume Mississippi il 29 maggio 1997, dopo essersi recato a Mud Island Harbor, nel Tennessee, con un amico.
Entrato nel fiume per nuotare con tutti i vestiti addosso, Jeff fu travolto da un’onda. Le ricerche delle forze dell’ordine, pur immediate, non diedero gli esiti sperati, e il cadavere del cantante venne recuperato solo il 4 giugno successivo. L’autopsia decretò che nel corpo di Jeff non c’erano tracce di alcool o droga.
Nel corso della sua breve carriera, Buckley ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui: la candidatura ai Grammy Award per la canzone Everybody here wants you come Best male rock vocal performance, la candidatura della rivista Rolling Stone nel 1995 come Best new artist e la candidatura, sempre del 1995, degli Mtv Video Music Award per il video di Last goodbye come Best new artist. Nel 2008, sempre la rivista “Rolling Stone” ha inserito Buckley nella lista dei cento cantanti più grandi di tutti i tempi, al 39° posto.
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