E’ un ritorno dalle tinte decisamente fosche quello allestito dai Katatonia, dal prossimo 24 aprile in uscita con il loro nuovo album: City Burials (Peaceville Records).
Sia chiaro, quella dei Katatonia non è mai stata annoverabile come musica dai colori estremamente sgargianti e, sia chiaro, non è affatto un difetto. La line-up scandinava è sempre stata in grado di proporre una musica dai lineamenti alquanto personali, costruendosi una personalissima nicchia in quella variopinta scena tra il progressive rock e il progressive metal che, proprio ai paesi scandinavi, deve tanto se non tantissimo (vedasi, per dirne un paio, Opeth o Leprous).
E proprio quel taglio oscuro della musica progressiva dell’estremo nordico è come sempre presente in City Burials, album dalle sonorità plumbee, desolanti, pesanti e profondamente malinconiche
La voce del frontman Jonas Renkse è, come sempre, uno degli elementi cardine nella riconoscibilità del sound con la sua interpretazione mai sopra le righe, mai alla ricerca dell’estremo tecnico e con una vocalità calda e duttile in grado di muoversi tra tracce dai sound più dolci e levigati e pezzi più aggressivi e tendenti a sonorità heavy.
Nonostante quanto annunciato dalla band, con City Burials non abbiamo un vero e proprio step up stilistico per la band che, appunto, sembra sempre ferma su quelle che sono le fondamenta gettate da vari anni a questa parte anche nei precedenti lavori come The Fall of Hearts e Dead End Kings. Una formula musicale già nota, quindi, ma comunque non scevra di piccoli dettagli in grado di aggiungere un tasso di freschezza assolutamente necessario. Non manca comunque l’ispirazione in grado di dar vita a quello che è sicuramente considerabile un buon album, in linea con quanto di buono fatto durante una carriera lunga e senza ombra di dubbio fruttuosa.
Le composizioni dei Katatonia con City Burials ritornano così in un mondo grigio e desolato, dove una vita a tinte fosche e malinconica si dirama canzone dopo canzone in un caleidoscopio di differenti offerte, tutte riunite sotto un unico “soffitto”. Tra gli undici lavori presenti a colmare la tracklist, infatti, è possibile notare guizzi dal taglio più progressivo come quelli della opener Heart Set to Divide, di Flicker e di Neon Epitaph, ben mescolati con pezzi dal taglio rock più orecchiabile e diretto come il singolo Behind the Blood o la carismatica e coinvolgente The Winter of Our Passing (pezzo senza ombra di dubbio destinato a finire in una qualunque chart di essentials della band).
Spazio, ovviamente, anche per sonorità più delicate e melense impreziosite da interessanti innesti elettronici, come la minimale Lacquer (altro pezzo da greatest hits) o l’elegante Vanishers, malinconica ballata in ¾ impreziosita da una conturbante e perfettamente adeguata voce corale femminile. Nota di merito, ovviamente, anche per la conclusiva power ballad Untrodden, pezzo senza ombra di dubbio dal maggior peso sonoro rispetto alle precedenti ma altrettanto dotato di orecchiabilità e potenziale emotivo.
Con City Burials i Katatonia ritornano facendo, di base, nulla più e nulla meno di quello che hanno sempre fatto
Impreziosendolo questa volta con nuovi elementi di freschezza e spruzzate di sonorità eclettiche qua e la, senza però osare o tentare di uscire da quella comfort zone che, da anni, consente loro di produrre album si di indubbio valore ma sempre al di sotto della spanna dello “stupefacente”.
City Burials è un album dall’ascolto gradevole, in grado di scorrere senza disturbare e risultando in un’esperienza senza ombra di dubbio piacevole e non scontata per chi amante del genere e, soprattutto, avvezzo a sonorità dalle tonalità crepuscolari, malinconiche e plumbee, non troppo affezionato ai compatti “chitarroni” del metal moderno ma nemmeno ritroso verso sonorità più heavy alternate a eleganti tocchi di classe che il metal nordico da anni ormai ci riserva ad ogni nuova uscita.
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