Si possono recensire le poesie?
Me lo sono chiesto quando ho avuto voglia di scrivere di Le Cose Imperfette (Liberaria editrice), il nuovo libro di Gianni Montieri. Non credo, mi sono risposto. Si possono però trovare in quelle poesie i riflessi e i rimandi che parlano della nostra storia personale e di quella condivisa.
Le storie dei migranti ad esempio, a cui è dedicata una fetta centrale della raccolta. Le cose imperfette sono quelle che ci attirano, catturando lo sguardo dall’ovvio dettato dalla logica. Ma cos’è l’ovvio? Se lo chiede anche Gianni in una delle sue poesie, tutte senza un titolo, componimenti che però restano impressi lo stesso per un’immagine, una sensazione, un rumore o un dolore.
David Bowie e Chriss Cornell, altra ampia fetta di memoria condivisa, poi il Sud America, l’amore, il pendolarismo dell’anima e del corpo. La lontananza da casa, dalla persona amata, dagli amici, dalle proprie passioni. La casa, le abitudini, le strade, gli amici ed i ricordi che ci riportano in un attimo a momenti lontani nel tempo e nello spazio. Tutte cose imperfette che si avvicendano pagina dopo pagina nella raccolta edita da Liberaria.
Poi la parte finale, una Venezia che seppur fissata su pagina ormai un anno fa resta tremendamente attuale, con l’acqua che arriva e se ne va senza una scadenza precisa, senza una logica, rendendo tutto quello che avevamo programmato tremendamente fragile e, appunto, imperfetto.
Poi la quiete, il ritorno, la vicinanza, la chiusura di alcuni cerchi e l’assenza di acqua alta. Ma guai a pensare questa pace duratura, sarebbe la fine dello scrivere, il capolinea del sentire come “cucire la penna tra le dita e bloccare l’inchiostro al polso”.
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