Mark Lanegan: quello che resta

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Non ci si sente mai all’altezza di scrivere della scomparsa di grandi artisti. Nel caso della morte di Mark Lanegan questo sentimento è, forse, ancora più forte.

Basta guardare come la rete, o forse la bolla di chi come chi scrive è nato negli anni 80 e cresciuto a cavallo degli ultimi due decenni dello scorso millennio, ha a reagito alla scomparsa del fondatore degli Screaming Trees. Da Duff Mckagan dei Guns n Roses a Iggy Pop solo per citare due poli opposti dello stesso mondo che lo citano come amico e fonte di ispirazione.

Gli alberi non urlano più, non lo facevano da tempo, ma una personalità come quella di Mark Lanegan ha saputo davvero lasciare nel mondo della musica e non solo un’impronta enorme. Ha attraversato generi e mode non solo musicali che abbracciano una platea sconfinata. Non gli è bastato infatti essere tra i fondatori di un genere come il grunge che con i suoi Screaming Trees ha contribuito a far esplodere, ha intrapreso successivamente una carriera solista in grado di dare pochissimi punti di riferimento e un caleidoscopio di emozioni inesauribile. Se andiamo a leggere le sue collaborazioni infatti è difficile trovare artisti del suo calibro in grado di mettere insieme punti apparentemente così distanti tra Kurt Cobain, Moby, Neko Case e Isobel Campbell dei Belle and Sebastian, i Queens of the Stone Age e i Gutter Twins oltre ai Mad Season.

Mark Lanegan: quello che resta 1

Dentro la sua voce troviamo Leonard Cohen ed Eddie Vedder, Tom Waits e Chris Cornell, un misto di dolore e oscurità che però non ha mai ceduto al nichilismo. Ha semmai portato le sue ferite in superfice mischiandole alla polvere e al sangue, al whisky ed all’acqua delle disintossicazioni non solo dalle dipendenze chimiche ma anche sentimentali. Il suo modo di cantare, di interpretare e di vivere la musica era diventato uno standard per schiere di musicisti. Cantiamola “à la Lanegan”, ovvero in modo impossibile da replicare. Graffiamo come fa la sua voce, guardiamo l’oscurità come hanno avuto il coraggio di fare i suoi occhi.

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Nell’epoca dei social viviamo questo strano fenomeno per cui le nostre identità digitali ci sopravvivono, così abbiamo tutti appreso della scomparsa di Lanegan dal suo stesso account. Immediatamente molti sono tornati alle parole della canzone Tono metallico standard degli Offlaga disco pax che ha consegnato Mark Lanegan all’immortalità anche per la generazione dell’indie che poco ci aveva avuto a che fare. Uno dei tanti esempi capaci di spiegare come un artista immenso come lui abbia saputo cambiare le vite di tanti che alla sua musica hanno trovato appicciati i propri ricordi, le proprie storie. Spesso storie e vite cambiate da un suo concerto, da una sua sola canzone, un suo disco.

Tutto quello che scivola via sono gli anni in cui si viveva il presente con intensità, senza avere il tempo di guardarsi indietro, quando il tempo avanti a noi era immensamente di più di quello che avevamo alle spalle. Ora che la bilancia si è rovesciata riusciamo a trattenere poco, e quel poco è spesso attaccato alle canzoni. Di sicuro molte di queste canzoni avranno sempre la voce di Mark Lanegan.

Raffaele Calvanese
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