Birthday, Blues Pills: recensione

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Birthday è il quarto album degli svedesi/francesi Blues Pills, che segue Holy Moly!, ed è uscito il 30 luglio 2024 per BMG. Fortemente ispirato dalla gravidanza della vocalist Elin Larsson, è un delizioso ed irrinunciabile invito ad abbracciare la vita.

C’è chi ancora blatera, nel sottobosco musicale composto dai virgulti orticari della critica, che il rock sia morto. Io rispondo di no. Nient’affatto. E i Blues Pills, dalla verde Svezia, provano appieno questa convinzione.

Già il precedente Holy Moly! era stato un divertentissimo tentativo di immalinconire il rock classico – ben riuscito, a mio parere; il nuovo Birthday, però, è un lavoro di totale onestà, spontaneità intellettuale, ed ispiratissimo. Per soli 38 minuti di durata, Birthday mette sul piatto molte, moltissime, ottime idee sia musicali che concettuali: il dono della sintesi, a volte, è un vero e proprio dono.

I Blues Pills, come dice il nome, apprezzano parecchio il blues. Però, ecco, lasciatemi dare un consiglio ad un neofita: non stiamo parlando di B.B. King e Muddy Waters, perché il loro blues è profondamente bianco e rockeggiante. È da Janis Joplin, da Fleetwood Mac, da Eric Clapton – è quasi Lady Gaga. E, per l’appunto, oltretutto, alla voce c’è una donna, Elin Larsson, che soulleggia graziosamente col suo timbro vocale rauco ed espressivo – Elin, sembra di poterla immaginare gesticolare davanti al microfono, durante la registrazione dei brani di Birthday. Un tocco di psichedelia, a là Church of the Cosmic Skull, condisce come cipollotto un già ottimo riso fritto.

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Birthday è un album gioioso. È fatto di chitarre allegre, di ritmi uptempo, di testi giocosi, di baby shower, di grigliate in giardino – di piccoli spicchi di vita da ritagliare con impegno in un mondo tanto più grande delle nostre misere vite.  Così è Birthday, quasi punk ma caratterizzata da uno splendido wall of sound che non lascia scampo a noia, e così è l’inno Don’t You Love It, che viene da ondeggiare ascoltandola – dondolando, come nel miglior rockabilly degli anni verdi. Complici, anche, un’ottima produzione di dubbing della voce ed ottime scelte in fase ritmica di basso e batteria. Si vola oltreoceano con Bad Choices, charleston e schiocchi di dita, un po’ Think di Aretha Franklin – mentre la vera perla di Birthday, finora, è la dolcissima ballad lounge Top of the Sky. Elin, infatti, appare decisamente incinta nella cover dell’album: ed abbraccia e si lascia ispirare dall’amore totalizzante per un qualcuno che ancora deve conoscere – ed il parallelo con la creazione artistica viene spontaneo. L’interpretazione di Elin è commovente, in ogni nota ed in ogni sillaba: troppo raramente l’amore per i figli viene cantato in musica, e troppo spesso è relegato a “roba da femminucce” – e, anche se così fosse? In Top of the Sky risulta un’involontaria dichiarazione di orgoglio verso l’essere sia capace di generare la vita che il produrre musica come professione: non solo madre, non solo artista, ma entrambe. Non esiste l’una senza l’altra.

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Like a Drug conferma, solo chitarra acidina anni ’90 , basso e batteria, conferma lo stato di grazia in termini di composizione da parte dei Blues Pills: ugualmente divertente, e che riporta l’ascoltatore sul piano terreno dopo i sogni celestiali di Top of the Sky. La divertentissima Piggyback ride fa il verso a Bad Choices, mentre la successiva Holding me Back, in cui la voce di Elin afferra l’aria come un guanto fatto di spine, ricorda un certo pop rock dei primi duemila – decisamente meglio cantato e suonato rispetto ad innominabili dimenticate band nordamericane. Somebody Better è un’altra deliziosa power ballad, in cui Elin sfiora con delicatezza la pelle dell’ascoltatore e smuove ricordi di insicurezze lungamente sopite durante l’adolescenza – il mio amato mi lascerà per qualcuna migliore di me? Qualcuna più bella? Sono abbastanza per lui? La voce calante di Elin sul bridge, quasi un sussurro, esprime e riporta alla mente quel dolore sordo che qualunque umano prima o poi proverà – anche quello non ancora nato. Shadow, con le sue contaminazioni spiritual, fa sì che Elin si esponga anche su note contraltili, lasciando peraltro un’ottima prova: nuovamente, l’eccellente produzione inserisce ogni elemento al proprio posto – controcanti, reprise di chitarre, dubbing, echi, percussioni e tamburelli.

Eppure, nonostante Birthday approfondisca eventi tendenzialmente felici della vita di un umano (anche quelli non ancora nati), c’è spazio anche per la tristezza, se non per la depressione clinica: I Don’t Wanna Get Back on That Horse Again si trascina lenta ma accorata fino ad un delizioso assolo di Dorian Soriaux ed al finale in anticlimax del brano. Birthday è, infine, degnamente concluso da What Has Life Done to You, introdotto da una frase musicale degna di scuola di chitarra ma genialmente esplorata ed espansa. E la narratrice del brano è figura positiva e salvifica verso quell’amico, quell’amato, il cui cuore è stato divorato dalla tristezza, inacidito e inasprito dalla vita. C’è speranza di redenzione, nel dolce e affettuoso villaggio dei Blues Pills.

Birthday è una ventata d’aria fresca al cuore stanco dell’estate opprimente e caldissima, una carezza affettuosa da parte di un amico, di una madre, di una famiglia, di un gruppo di amici; è un regalo immenso che i Blues Pills hanno fatto ai loro fans e al mondo intero. È un inno alla vita, che cresce in un pancione, ma che, una volta nata, può sempre rinnovarsi.

Giulia Della Pelle
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