Cip, Brunori non sbaglia più [Recensione]

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Cip era un album molto atteso. A tre anni da A Casa tutti bene, Brunori avevo alzato incredibilmente l’asticella ponendosi come il cantautore di riferimento della scena italiana.

Capace di mettere insieme pubblico e critica. La verità, il singolo di lancio dell’album precedente, aveva stabilito un prima e un dopo. Si era capito subito che il cantautore calabrese era entrato in una fase decisiva della sua carriera e Al di là dell’amore, il singolo di lancio di Cip, prodotto dallo stesso Dario con Taketo Gohara per Picicca, non ha fatto altro che confermare quanto di buono ci si aspettava.

Non era facile replicare l’intensità e la quantità di potenziali singoli e classici usciti da A Casa tutti bene, ma Cip non delude. Non è un album fotocopia ma in qualche modo, restando fedele all’abitudine di Dario Brunori di procedere per capitoli, anche qui, seppur senza numerarli sembra di ascoltare pagine nuove dello stesso romanzo.

Brunori sas

Il racconto è quello di questi anni, di anime perse e sbattute in onde altissime e solitudini che non lasciano scampo. Ci si può sentire immensamente soli e piccoli anche bevendo un amaro sui navigli o viaggiando in lungo e in largo per il mondo, come ci si può sentire persi su un barcone diretti verso quella che si spera sia una nuova vita.

Brunori è uno dei pochi cantautori in circolazione capace di leggere i nostri tempi, declinare l’amore per il prossimo in termini di umanità ed anche di crescita. Perché il suo album è quello di un ragazzo che diventa uomo, con tutti i pro e i contro che ne conseguono, vedi il riflesso sui rapporti di coppia splendidamente declinato in Due che come noi.

Cip è il disco della maturità disillusa ed dell’umanità che prova a resistere, con un amore diverso da quello dei vent’anni, con la voglia di combattere ancora ma scegliendo con più cura le proprie battaglie. Vedi alla voce Capita così e Anche senza di noi, che in modo quasi profetico racconta di un mondo che va avanti anche senza di noi, ormai chiusi in casa per difenderci mentre fuori tutto continua a scorrere. A questa canzone si collega l’ultima traccia del disco: Quelli che arriveranno, scritta a quattro mani con Antonio Dimartino, che racconta proprio del mondo che lasceremo a chi verrà dopo di noi.

Un album, Cip, che ha incontrato la pandemia restando nelle nostre cuffie invece che sui palchi come meritava di stare, ma non per questo ha perso di valore, ne ha acquistato semmai uno diverso. Il mondo e la sua visione sono al centro di questo racconto poetico e disilluso al tempo stesso.

Un disco, forse un po’ al di sotto del precedente, che tuttavia cerca di trovare dentro noi stessi un via d’uscita da tempi che continuano a sbatterci in faccia le nostre piccole e grandi sconfitte lasciando però sempre aperta una porta alla versione migliore di noi.

Raffaele Calvanese
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