Erano praticamente anni che Corey Taylor, oltre a Slipknot e Stone Sour, andava in tour anche da solista, limitandosi però a fare delle cover, in acustico. Ma era nell’aria che, prima o poi, sarebbe arrivato questo momento, il momento del progetto solista di Corey Taylor.
Per “capire” questo album solista di Corey Taylor, CMFT, ci sono quattro punti importanti da capire. Due sono più delle avvertenze, e due sono delle caratteristiche dell’album, una positiva ed una negativa. Ma andiamo con ordine, concentrandosi sulle due avvertenze: la prima avvertenza, che per molti potrà essere molto “dura” da mandare giù, è che questo album deve, purtroppo, essere considerato come “album più vicino al sound degli Stone Sour”,vista la lunga, lunghissima, pausa che la band si è presa. La seconda invece è un consiglio, a prepararsi psicologicamente, soprattutto se siete abituati a sentire il Corey Taylor degli Slipknot, o per dirla più in “generale”, se siete abituati al Taylor brutale.
Ora passiamo alle due caratteristiche, una positiva ed una, purtroppo, negativa, e tutte e due queste caratteristiche vanno molto in conflitto tra di loro. Da una parte abbiamo un Corey Taylor che spazia tra molti genere, quindi si tratta di una “libertà musicale” rivendicata, cosa che si ricollega al discorso del dimenticarsi del Corey Taylor “brutale”. Invece, per quanto riguarda la caratteristica negativa, è evidente come, in CMFT, ci sia una continua ricerca del metal, del far sembrare i pezzi, anche un minimo, metal. E tutto questo è una palese forzatura (in alcuni casi), cercando di “trattenere” i metalhead che hanno sempre seguito gli Stone Sour e gli Slipknot
Bene, ora possiamo cominciare a parlare delle tracce presenti nell’album. Tanti generi, forzature e tanta voglia di esprimersi al massimo di Corey Taylor con il suo CMFT.
La prima traccia di CMFT è “HWY 666”, ci mette subito di fronte alla varietà dei generi, ed in questo caso ci troviamo a sentire un singolo che possiamo definire “country rock”, con “piccole” influenze metal, tenute molto “basse”. Segue “Black Eyes Blue”, una traccia con cui Corey Taylor strizza l’occhio, anche se di poco, al pop. Ma con questa traccia abbiamo anche il primo singolo in cui la presenza dell’influenza metal si a sentire, e va a rovinare una canzone che sarebbe stata perfetta anche tenendosi totalmente sul pop.
Ora andiamo a scoprire quello che posso definire un “trio puro” di tracce, composto da “Samantha’s Gone”, “Meine Lux” e “Halfway Down”, tre singoli che sono puramente hard rock, ognuno a modo suo, ma puri, senza nessuna influenza da parti di altri generi, una purezza che, per ovvi motivi, manca in CMFT. Nell’album c’è spazio anche per le ballad, e la prima che incontriamo è “Silverfish”, ed è interessante come questa traccia sia molto vicina alle ballad che gli Stone Sour ci hanno abituato a sentire, in cui la voce di Corey Taylor, seppur “forte e violenta”, non rovina minimamente l’atmosfera.
L’impressione è che Corey Taylor in CMFT oltre a trattare vari generi, più che “comporre” un album tutto suo, si sia ispirato ai sound di varie band che hanno fatto grandi quei generi.
Non so, sarò io che faccio caso a troppe cose, ma ascoltando CMFT ho avuto l’impressione che alcune tracce, anche nel loro essere comunque dei grandi pezzi, non minimamente accostabili alla parola “plagio”, siano delle tracce in cui Corey Taylor, si sia voluto ispirare, molto, ad artisti che hanno fatto grande un certo genere. Per esempio, se prendiamo le tre tracce che ho definito “pure”, possiamo notare come, in “Samantha’s Gone” ci sia la presenza dei Guns n’ Roses, in “Meine Lux” ci siano i Motorhead ed in “Halfway Down”, ci sia un po’ di AC/DC soprattutto nella parte finale della canzone.
Ho cominciato a fare questo ragionamento per una traccia in particolare, ovvero per “Culture Head”. Infatti sentendola la prima cosa che ho pensato è stata subito, soprattutto per l’intro, “ma questi sono i “Rage Against the Machine”, inoltre è la prima traccia “più cattiva” di CMFT, sia chiaro però, non si parla assolutamente di plagio. Tutto questo può essere apprezzato o non apprezzato, a seconda di quale visione abbiate su questi “modi”, anzi, di “ispirarsi” a certe band.
Dopo questa “piccola” parentesi, continuiamo con quello che sembra essere un signor album, arrivando ad un grande pentolone di sound diversi, tra cui LA traccia.
Arriviamo a quella,che secondo me, ha il primo titolo più bello (prima di quello dell’ultima traccia), ovvero “Everybody Dies On My Birthday”, e lasciatemi il dire che questa traccia merita soprattutto per il titolo oltre che all’ironia con cui Corey Taylor, tratta l’argomento del testo. Non me ne vogliate, ma in un certo senso “eviterò” due tracce, “The Maria Fire” ed “Home”, due tracce di generi completamente inediti per Corey Taylor. La prima è un buon blues rock, mentre la seconda è una canzone completamente suonata al pianoforte, accompagnato dalla voce di Corey.
Ok, rinnovo le scuse per aver “trascurato” le due tracce, ma la penultima traccia è LA traccia, in cui Corey Taylor, da uno schiaffo in faccia a tanti puristi del metal, presenti, purtroppo, anche tra il fandom degli Slipknot e Stone Sour, inoltre rinnova, anzi, rafforza, la mia idea che il metal ha bisogno di questi featuring, tra artisti di punta della scena metal e tra gli artisti di punta della scena rap. La traccia si intitola “CMFT Must Be Stopped”, in feat con Tech N9ne e Kid Bookie, dal sound rap metal (genere comunque familiare a Taylor), in cui Corey Taylor regge molto bene il confronto con gli altri due rapper a livello di flow.
L’ultima traccia, “European Tour Bus Bathroom Song” ci porta su un altro genere, un singolo molto influenzato, se non completamente, dall’hardcore punk, il che la rende già una canzone molto interessante, ma le luci sono tutte per il testo, perchè non è un testo “di tutti i giorni”, insomma, sono poche parole ma dette lettera per lettera, quella giusta dose di trash che ti aspetti da Corey Taylor e che non guasta mai.
Corey Taylor con CMFT dimostra che, oltre ad essere un grande conoscitore di vari generi, riuscirebbe ad andare avanti anche senza suonare solo ed esclusivamente metal. Un album che non può essere definito come uscita dell’anno, ma che sicuramente piazza molto bene Corey.
Questo album, con il suo essere comunque fantastico, ma non capolavoro, lascia con l’amaro in bocca. Infatti sentendo le tracce possiamo capire quanto, Corey Taylor, abbia il potenziale per andare oltre al semplice metal ed il semplice hard rock, andando addirittura a toccare il pop o entrare nelle collaborazioni tra rapper. Di questo album salviamo sicuramente la varietà di generi (anche nel loro essere, in certe tracce, più dei tributi), ma il più grande flop, anzi, la più grande delusione, rimane quella di sapere che, certe tracce sarebbero potuto essere molto diverse se non ci fosse stata la forzatura del metal.
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1 commento su “Corey Taylor: CMFT, l’album solista che non ti aspetti. [Recensione]”
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