I Fallujah tornano sulle scene con un nuovo album, Empyrean, giunto dopo una puntuale attesa di tre anni, come avvenuto a partire da Shameless (2016) e Undying Light (2019).
La band presenta anche una formazione in parte rinnovata: rimangono le colonne portanti Scott Carstairs alla chitarra e Andrew Baird alla batteria, ma alla voce arriva Kyle Schaefer (Archaeologist), mentre il ruolo di bassista viene ricoperto da Evan Brewer (ex Entheos / The Faceless). Un rinnovamento di formazione che permette sia di potenziare il sound proposto sia di perfezionare quanto finora realizzato.
I Fallujah hanno sempre offerto sonorità musicali molto caratteristiche, capaci di identificarli con chiarezza nel vastissimo panorama artistico odierno. Già Shameless, proclamato giustamente una pietra miliare del genere e della discografia della band, proponeva una formula che miscelava atmosfere oniriche e sonorità tech – death. Il risultato è stato un album dal grandissimo impatto sonoro e fortemente ipnotico e coinvolgente.
Con Empyrean, la proposta dei Fallujah consta dell’aumento della distanza tra i due estremi, generando un album estremamente potente, energico, violento per quanto riguarda la componente più metal, ma anche profondamente aperto verso, appunto, l’Empireo. Le sonorità oniriche sono permeate di profumi ambient molto marcati, definiti dall’uso aperto di armonie acute di chitarra, accordi di tastiere, pianoforti e sintetizzatori, pad caldi e vaporosi.
Ma non solo. La band si fregia della partecipazione delle cantanti Tori Letzler (presente nella colonna sonora di Batman V Superman: Dawn of Justice, realizzata da un certo Premio Oscar, Hans Zimmer, e dal magistrale Junkie XL) e Katie Thompson. La possibilità di inserire le loro voci calde e sulfuree, empiree eppure tutt’altro che eteree, favorisce la realizzazione di quel contorto immaginario che è il sound caratteristico dei Fallujah. Ossia un mondo onirico, nebuloso, quasi spaziale, ma stracolmo di elettricità, energia, entropia. Primordiale, affascinante, ipnotico e spaventoso quanto può esserlo l’esplosione di un’enorme supernova.
Ecco quindi che veniamo immediatamente trasportati nell’esosfera, dopo una rapida introduzione di chitarre sulfuree, cozzando con i riff violenti e gli energici blast beat di The Bitter Taste of Clarity. Brilla subito, come una stella che muore all’interno di un buco nero, la compattezza del sound e l’uniformità della band a marciare tutti, indiscutibilmente, verso lo stesso obiettivo. Un’unità di intenti che si manifesta nel drittissimo riff delle strofe: alla coordinazione tra chitarra e basso si unisce il supporto energico della batteria (pregevoli gli accenti spostati del rullante, utilissimi a dare vivacità a un riff altrimenti troppo lineare), mentre la voce plana pesante con un growl ruvido e poderoso.
Radiant Ascension è uno dei brani di Empyrean in cui meglio si manifestano tutte le anime del sound dei Fallujah. È qui infatti che assistiamo a una delle sezioni metal più aggressive di tutto il disco, ma anche all’apertura empirea del ritornello: il tremolo acuto della chitarra e il drumming celerissimo si condensano nell’incontro delle voci di Kyle Schaefer e Tori Letzler, permettendoci veramente di toccare lidi raramente esplorati. Simili esperienze musicali si potrebbero giusto riscontrare nei progetti strumentali dei Modern Day Babylon, senza mai essere stati affrontati adeguatamente da altre formazioni rispetto ai Fallujah. Non in questo modo, non con questi magnifici risultati.
Embrace the Oblivion permette di calmare un po’ gli animi con una sezione estremamente delicata, con chitarre clean, un drumming non serrato e un nuovo incontro di voci pulite, con un leggero Kyle Schaefer e una magica Katie Thompson, offrendo una variante più che valida sui temi già proposti in Radiant Ascension. E nuovamente riproposta nella successiva Into the Eventide: sugli scudi il lavoro di chitarra di Scott Carstairs che si muove tra riff energici, assoli vorticosi e arpeggi aerei, ma soprattutto magnifica la prestazione della Thompson, che ci porta veramente oltre, quasi alle atmosfere semidivine della favolosa Themiscyra di Wonder Woman (per gli appassionati della DC) o ai Campi Elisi del Gladiatore di Russel Crowe.
La rapidità della coppia Eden’s Lament e Soulbreaker ci catapulta in una sezione di Empyrean ancora più intensa, energica, caotica, in cui le parti metal si alternano con quelle oniriche, senza mai mollare un attimo la presa sull’ascoltatore. Secondo il dogma dei Fallujah “all killer, no filler” (“tutte canzoni assassine, nessuna riempitiva”: giusto per far capire che qui nulla è lasciato al caso e che non sono previsti né consentiti cali di tensione). Ci riescono perfettamente, permettendoci di essere piacevolmente travolti dalla valanga di parti serrate e poi essere delicatamente riportati a galla dalle sezioni più aperte e fluide.
Anche il duo Duality of Intent e Mindless Omnipotent Master si muove sulla stessa lunghezza d’onda e di durata musicale del resto dell’album, regalandoci alcune perle, come l’assolo di chitarra nella prima e l’introduzione nella seconda.
Con Celestial Resonance ci avviamo verso il duo di chiusura di Empyrean. Esperienza totalmente strumentale, è probabilmente uno dei momenti compositivi migliori dell’album, ricco di sezioni estremamente evocative e coinvolgenti. Si viaggia da sezioni molto serrate ad altre più eteree, ricche di arpeggi e suoni delicati e clean, fino a un assolo che è un manifesto di tecnica e gusto offerto da Scott Carstairs. La chiusura in fade out che lascia spazio ai pad che aprono le danze per la conclusiva Artifacts è poi un vero gioiello. Nella perfetta conclusione di questo album brilla nuovamente la voce di Tori Letzler, che ci regala una prestazione di livello superbo, prima di terminare il viaggio nell’Empireo con una maestosa sezione di pad, cori e delicate tastiere.
I Fallujah hanno saputo dimostrare con il loro nuovo album Empyrean che la loro formula musicale è estremamente valida, tutt’altro che stantia nonostante sia già stata proposta da altri quattro album in una carriera cha ha ampiamente superato i dieci anni. La loro capacità di unire atmosfere e sonorità così discordanti è straordinaria, offrendo risultati sempre molto piacevoli da sentire, senza essere mai banali e permettendo piuttosto di essere una fantastica fonte di ispirazione su più livelli. Con Empyrean tuttavia i Fallujah hanno trovato la giusta dimensione per fare un ulteriore ed enorme salto di qualità, offrendoci un disco ben concepito, magnificamente composto e perfettamente prodotto. Il sound è denso, compatto e profondo, dando giusto lustro a tutte le sfumature della loro espressione musicale.
Poter ascoltare album di così pregevole fattura è una vera fortuna: i Fallujah ci sono sempre riusciti, con Empyeran ancora di più.
Leggi anche
- Nosferatu di Robert Eggers: recensione - Dicembre 9, 2024
- Devin Towsend e i superpoteri del “PowerNerd” [Recensione] - Ottobre 23, 2024
- Dimmu Borgir – Inspiratio Profanus [Recensione] - Gennaio 10, 2024