In Flames, Foregone ed il nuovo metal: la perfetta unione tra il passato ed il moderno [Recensione]

| |

In uscita il prossimo 10 febbraio per Nuclear Blast, Foregone, il quattordicesimo LP degli In Flames, promette di consacrare il lavoro di ricerca e sperimentazione sonora dell’ultima decade, ma non solo: quest’album sancisce il nuovo modo di fare death metal.

Dopo 4 anni dall’uscita di I, The Mask (2019) Anders Fiden e Bjorn Gelotte decidono di fermare la pioggia di critiche che accompagna la band dall’addio di Jesper Strömblad. Foregone è un album che, dopo 3 anni dall’inizio della pandemia, ha origini profondamente radicate nel primo lockdown, durante il quale Anders si è interrogato molto sul concetto di “tempo”: “cos’è il tempo? Cosa ne faccio del mio tempo? Come lo sfrutto? Cosa ne sarà quando il mio tempo sarà finito? Come posso migliorare il mio tempo” sono le questioni che spesso si è posto.

A quella del tempo, che fa da filo conduttore per l’intera durata del disco, si aggiunge la tematica della speranza: la speranza di poterne uscire migliori da un periodo di sofferenza, speranza di trattarci meglio. Speranza che è stata subito vanificata, soprattutto se si prende in considerazione la guerra in atto in Europa, argomento che sembra essere molto a cuore ad Anders.

I 6 singoli già rilasciati (State of Slow Decay, The Great Deceiver, Foregone pt.1 e pt.2, Meet Your Maker) ci hanno già dato un assaggio del nuovo sound degli In Flames ed ecco che l’analisi personale di Anders sul tempo trova subito riscontro nel nuovo Gothenburg Sound, moderno, ma che strizza l’occhio a quello che è stato: tornano i suoni pesanti, i riff stoppati ed il growl di Fiden, ma allo stesso tempo non c’è nulla che risulti “riciclato” da sperimentazioni passate, in un perfetto mix tra il “vecchio” ed il “nuovo” che piacerà sicuramente ai vecchi fan della band ma che farà appassionare anche tantissimi nuovi fan. Grazie a questo bilanciamento riuscito, il cantante è sicuro che le canzoni di quest’album riusciranno a farsi spazio anche durante i live, nel segmento dedicato ai primi tempi della band.

in flames 2023 foregone recensione

La prima traccia dell’lp – “The Beginning of all Things That Will End”- è un’inaspettata introduzione nella quale alla chitarra acustica vengono mescolate le armonie di una sezione di archi, con l’intenzione di omaggiare il vecchio folk svedese, ma anche quello di rendere più impattante l’intro della canzone che segue: “State of Slow Decay”. Fin da subito è facile notare come Chris Broderick (che aveva già collaborato con la band nel 2019 – e ne risulta membro ufficiale dallo scorso anno) abbia portato un impatto significativo sul nuovo suono degli In Flames. Dopo l’introduzione, i 2 elementi che risaltano sono sicuramente la tecnica di Tanner Wayne alla batteria ma soprattutto lo scream di Anders che sembra non risentire per nulla dei 50 anni da compiere la fine del prossimo mese. In “Bleeding Out”, la quarta traccia, c’è un ritorno ai suoni elettronici ed una voce per lo più pulita, con lo scopo di dare un senso di calma apparente prima di tuonare con le title tracks “Foregone pt.1 e pt.2” che, con il loro ritmo valzeggiante, i ritornelli melodici e cantabili e degli elementi che riportano alla memoria “The Jester Race”, diventano gli inni del metal contemporaneo. Oltre la ballad “Pure Light of Mind”, le canzoni che hanno davvero stupito sono state le ultime 4: In The Dark, A Dialogue in b Flat Minor, Cynosure ed End of Transmission che contengono tutto il meglio di quanto hanno sperimentato nell’ultimo decennio.

Che sia stata la mano di Howard Benson o la nuova rivalità con i The Halo Effect che li ha spinti a fare di meglio, ma Foregone è un album che non deluderà i fan della band.

Previous

Mare Fuori 3 – temere di amare o amare senza temere niente

Non smetti di bruciare, il ritorno di Chiara Turco.

Next
Wordpress Social Share Plugin powered by Ultimatelysocial