La Matematica dei Rami, Max Gazzè: recensione

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La Matematica dei Rami è il nuovo album di Max Gazzè, presentato dal singolo sanremese Il Farmacista. Uscito l’8 Aprile 2021 per Universal.

I rami degli alberi si dipartono dal tronco, in un modo apparentemente casuale. La ragione reale dietro la crescita dei rami – ossia, lo sviluppo di un meristema secondario: sostanzialmente le cellule staminali vegetali – è stata oggetto di indagine da parte di Leonardo da Vinci. Cos’è che spinge il fusto a creare un figlio più debole, che si regge a lui, soggetto al vento e alle intemperie?

La risposta è: l’ambiente circostante. Raggiungere il sole con le foglie; ridurre il contatto con alberi circostanti; resistere ad un vento impetuoso. E gli umani, secondo Max Gazzè, nel nuovissimo La Matematica dei Rami, seguono una logica simile, nel loro continuo divenire, stratificarsi, moltiplicarsi. Allargarsi. Occupare più spazio possibile. Perdersi, dimenticarsi in simpodi sempre più piccoli.

Per La Matematica dei Rami, undicesimo album in studio, nonostante la pandemia, Gazzè ha collaborato con la Magical Mystery Band (Daniele Silvestri, Fabio Rondanini, Gabriele Lazzarotti, Duilio Galioto, Daniele Fiaschi e Daniele “il Mafio” Tortora) – un pugno (una galla!) di musicisti che sono riusciti a stabilire una collaborazione continua e fruttuosa.

Di vecchia data è l’amicizia che lega Gazzè e Silvestri, coetanei ed entrambi romani – esponenti di quella scuola capitolina che ha dato i natali anche a Niccolò Fabi.

Rimarrà nella mente degli spettatori di Sanremo la metamorfosi alchemica di Gazzè, che, per la sua performance ne Il Farmacista (Si può Fare!) si è appositamente vestito da rosacruciano cercatore di pietra filosofale, un dr. Frankestein che sfrutta il tuono – o un Leonardo da Vinci attempato? Una domanda cui solo affidandoci al fattore stocastico possiamo rispondere è quella che riguarda la relazione fra il brano stesso e la sua realizzazione scenica, e la useremo come punto di partenza per la nostra analisi. Il brano – un pop up-tempo nello stile di Gazzè, più vicino a La Vita com’è che alle sperimentazioni felici di Alchemaya, e che fa uso anche di un sommesso theremin – narra di un maniaco del controllo e grande amante della chimica che, volontariamente, droga la compagna: barbiturici, calmanti, antidepressivi, litio, cocktail di farmaci conditi di guaranà; una compagna a suo dire fastidiosa, che, il protagonista vorrebbe plasmare a sua immagine e somiglianza. Un rapporto, non un amore, disfunzionale e malato. Un ramo, dunque, marcio, attaccato dal più crudele degli agrobatteri – che termina con un sanatorio per malati psichiatrici. Cosa vuole dire, dunque, Gazzè? Che uno scienziato è un maniaco del controllo, o, forse, solamente è così che la società dipinge?

Viene inclusa, anche, una cover: Del Mondo, dei CSI, presentata anche a Sanremo, un sentito e potente lavoro di squadra con la Magical Mystery Band. In realtà, però, La Matematica dei Rami si apre con Considerando, che riprende i passaggi chitarristici già esplorati in Notte –  parole d’amore in libertà. Tema abusato, che Gazzè ha esplorato in lungo e in largo. Declinato, stavolta, però, in chiave di sopravvivenza pandemica. Ringrazia di essere vivo, e lamentati poco (“Considerando l’ottimismo/quel passaggio necessario/a compensare la realtà/Considerando un eufemismo/dare un senso di equilibrio/a questa non felicità/Semplicemente vivere/è un grado sopra il limite”). L’ending è di pregevole fattura musicale, semi funk. Echi jazz e, ancora, funky, dagli albori della carriera di Max Gazzè riemergono con Il Vero Amore: in cui, Gazzè, dopo Cara Valentina, Teresa, dipinge qui un uomo deluso da una donna che l’ha sfruttato come tappabuchi emotivo. L’andamento è gioioso, fortemente radiofonico, da Bandabardò – è ad Enrico Geppi, che La Matematica dei Rami è dedicato. Gioioso e triste nel contenuto: un uomo, ancora, che spera di essere contato qualcosa. E che, non riesce a scendere a patti col fatto di essere stato cancellato. Triste è, triste sarà: reale, reale è la fregatura del tempo perduto.

la matematica dei rami recensione max gazzè

La scoperta dell’amore romantico e sessuale avviene durante l’adolescenza, quel periodo magico (orrendo, per la sottoscritta) che dura dai tredici ai, forse, trenta anni: in Un’altra Adolescenza, sommesso, sottovoce, un Gazzè che diviene Simone Cristicchi narra di una ex fidanzata incontrata di nuovo anni e anni dopo. Ricordi distanti, studenti fuori sede, una chitarra emozionante e struggente nel refrain – i sogni distanti di un’universitaria, i pacchi da giù. E, soprattutto, il timore dei trent’anni, quasi raggiunti e sofferti. Un vuoto, quello dei Millennials, che Gazzè, pur essendo nato negli anni ’60, cattura ottimamente. Il delicatissimo lavoro di padding di sottofondo rende il brano eccellente nella produzione, un focus lucido e malinconico sulla stempiatura che avanza e su un seno non più tanto sodo. La solitudine esistenziale – e la voglia di ramificarsi, per incontrare altri rami, altre foglie – si esplora anche in Le Casalinghe di Shangai, ballad electropop che ha, per protagonista, un uomo che chiama un call center per scappare al silenzio opprimente di casa sua. Un acufene, che non può essere zittito, che viene attenuato dal telefono. Il telefono fisso, un ricordo ormai lontano nel 2021. Malinconica, in accordi diminuiti e mini-orchestra di percussioni elettroniche, si dispiega la fenomenologia di un uomo che esplora hotline la notte di Natale. La necessità di connessione è fulcro anche di Animale Guida, brano malriuscito – Max, non me ne volere: bell’esperimento ma il refrain è inascoltabile – ma dal forte sapore da musical: la scelta di una qualunque creatura, un patronus, che sia un insetto o un elefante, che dia un senso alla vita dell’uomo – che, nonostante amori carnali, si sente vuoto e disadorno, nell’animo. Un insetto stecco, per i più curiosi, può essere facilmente ritrovato nell’edera anche in Italia, a fine estate, ai primi acquazzoni. Nel caso si scelga un Phasmatodea come animale guida.

La malinconia, però, non è terminata, ne La Matematica dei Rami, e nel triste piano di Attraverso, col canto monacale di Gazzè, entriamo nel reame del notturno, di ciò che resta dopo la fine di un amore. Scene ripetute all’infinito, scolpite nella memoria: di nuovo, resta implicita la domanda sul come si possa cancellare con tanta facilità qualcuno dopo avervi condiviso anni.

Nel freddo del mattino manchi tu

E ti rivedo affacciata al tuo balcone

Sei rossa che trattieni le parole,

Ed io guardo su

E non so più dove cercarti

Sul finale, un delicato flute sintetico si unisce al leid di Gazzè e ad una chitarra elettrica retrò, per una ninnananna.

Sebbene Gazzè sia sempre stato un maestro nell’indagare se stesso e i comportamenti umani, forse ne La Matematica dei Rami viene fatto un passo in più nel cogliere la verità: Autoanalisi è il racconto disperato di un amore falso, una relazione di comodo, in una cantautorale – sebbene più vicino all’it pop ormai sdoganato e a cui Gazzè ha dato molto – elegia alla solidità dell’Io del protagonista, che si sgretola andando avanti nell’autoanalisi. La Matematica dei Rami termina, infine, con Figlia, intensa ballad elettrica che narra del rapporto con una figlia: una figlia voluta, amata, una paternità indispensabile per Gazzè. Una ramificazione che però dà origine ad un intero albero, ad una nuova persona. E c’è, qui, in duetto, Daniele Silvestri, co-autore. Brano psichedelico ed evocativo, di piccole delicatezze illuminate dall’affetto – qui il protagonista è adulto, invecchia. Ha avuto una vita soddisfacente: ha amato, ha cresciuto, ha capito, forse, La Matematica dei Rami, quell’istinto che ci spinge ad espanderci, a disperderci. Cos’è che ci guida? È un fenomeno casuale? Non importa. Il protagonista si meraviglia, e sorride.

La Matematica dei Rami è l’ennesima grande prova di Max Gazzè, un lavoro intenso ma di non facile fruibilità: la connessione emotiva coi brani è immediata e, può, talvolta, risultare eccessivamente totalizzante. Fortunatamente, sono state incluse tracce come il Farmacista e il Vero Amore, che smorzano il sentore Nick Cavesco dell’intero platter. La domanda iniziale, però, non ha avuto risposta. Qual è il confine fra la follia egoista e la naturale inclinazione nel ramificarsi? Che sollievo possiamo avere? L’amore è un sollievo alla solitudine?

Come in Alchemaya, l’implicita risposta è sì, l’amore è soluzione ad ogni più ozioso enigma che la mente, quando annoiata, quando scavata troppo in profondità, spinge a inventare. Una nuova, eccezionale, dimostrazione dell’abilità compositiva di Max Gazzè.

Giulia Della Pelle
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