Övergivenheten, Soilwork: recensione

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Tornano gli svedesi Soilwork con Övergivenheten, che potremmo tradurre come “Abbandono”. Un album sulla paura di essere abbandonati, e di abbandonare, per stessa ammissione di David Andersson e Björn “Speed”Strid. Övergivenheten è uscito il 19 agosto 2020 per Nuclear Blast.

La band di Helsingborg ha concepito l’ultimo lavoro durante la pandemia, confessando durante le interviste di aver lavorato con una netta sensazione di Armageddon incombente. L’ombra della pandemia è infatti palpabile. Il cantante Björn Strid ha confessato di aver visto molti amici soffrirne ma questo gli ha anche permesso di guadagnare una prospettiva maggiormente esternalizzata invece che ossessivamente personalistica come può spesso accadere nel rock, soprattutto nel death metal.

Le quattordici tracce di Övergivenheten mostrano una certa sicurezza nel muoversi tra le suggestioni dell’heavy metal classico con sfumature AOR molto melodiche.

Il brano di apertura, omonimo del titolo dell’album, comincia acustico, in modo non prettamente metal. La voce esplode in modalità tipicamente death metal per poi sfociare in un ritornello melodico che ricorda l’heavy metal classico.

Nous Sommes la Guerre, il secondo singolo, rappresenta per stessa ammissione della band, i conflitti interiori e i lati oscuri della personalità che contro cui lottare in attesa del ritorno dei “porteur de lumiere”.

L’epica Electric Again è un inno disperato, una ricerca di elettricità vitale per riconnettersi. Valleys of Gloam è, invece, un heavy metal classico e pulito, mentre Is it in your Darkness, alterna un un ritmo velocissimo, growl e momenti più distesi. Vultures, poi, evoca scenari apocalittici:

“But the end is night
Life in itself is an unknown disease”

Sfocia nell’intermezzo strumentale di Morgongåva/Stormfågel prima di cedere il passo a Death I Hear You Calling  canto di opposizione alla morte, a cui si resiste nonostante tutto “Sento che mi chiami ma non c’è tempo per morire”.

Övergivenheten soilwork recensione

This Godless Universe, che comincia con un piano spettrale, è invece piena di rassegnazione all’oblio “’cause we are all dust/In this godless universe”.

Dreams of Nowhere gioca su riferimenti a sofferenze evangeliche, miracoli sprecati e dannazione da vivi. Segue The Everlasting Flame è un delicato intermezzo di piano e violino che introduce Golgata e Harvest Spine, tra i due pezzi piu’ heavy del disco.

L’ultima traccia, On The wings Of A Goddess Through Flaming Sheets Of Rain, riprende il tema della ricerca della luce e della condivisione del dolore.

Övergivenheten è un album forse leggermente troppo lungo, ma molto accessibile anche a chi non frequenta il death metal grazie alla presenza di strumenti acustici, una certa nitidezza sonora senza troppo uso di compressione. Reinventare la ruota assemblandone altre preesistenti, come dice David Andersson in un’intervista, è possibile.

Arianna Capuani
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