Rino Gaetano, l’intramontabile menestrello dissidente

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Rino Gaetano, al secolo Salvatore Antonio Gaetano, è stato un cantautore italiano, un poeta geniale e originale dal punto di vista sia musicale che letterale, abile nel superare il linguaggio comune. I suoi testi hanno uno stile meravigliosamente attuale, capaci di raccontare la verità amara e di coadiuvare la denuncia sociale alla leggerezza, trattati con graffiante ironia ed audacia

Apparentemente nonsense e demenziale, Rino Gaetano, unicum nel suo genere, si distaccò in modo netto dai cantautori degli anni Settanta divisi in “scuole”, creando da solo un terzo filone parallelo. Una genialità musicale incompresa, capace di abbracciare le ansie e le paure delle classi sociali meno abbienti, raccontando una società italiana corrotta, piena di vizi e pregiudizi. La stessa società che a distanza di quarant’anni ritroviamo ancora con le medesime problematiche, ma che sono una prova di quanto il menestrello sia ancora oggi attuale, ed è per questo che artisticamente lo amo più di chiunque altro. Perché Rino ebbe la prontezza e l’estrosità di dare una logicità potentissima, a volte non immediata e non riconoscibile, alle sue parole. Non era assolutamente un autore scanzonato, come spesso veniva classificato, ma un cantastorie intelligente e anticonformista, capace di smuovere le coscienze e gli animi attraverso una ritmica disimpegnata, tant’è che la sua operazione culturale fu colpita più volte dalla censura.

La sua denuncia sociale lo tenne sempre radicato alle proprie origini di emigrato calabrese, dalle quali non si distaccò mai, nonostante passò la sua vita in gran parte a Roma. Rino Gaetano morì nella Capitale in un tragico incidente stradale a soli 30 anni, il 2 giugno 1981, dopo esser stato rifiutato da ben cinque ospedali. La cosa più inquietante è che il cantautore descrisse 11 anni prima, nella sua canzone La ballata di Renzo, la tragica fine di un uomo che fu rifiutato anch’esso da tre ospedali, tra l’altro tre degli stessi che non accettarono il ricovero dell’artista.

Rino Gaetano, l'intramontabile menestrello dissidente 1

Sugli eventi della morte molto si è detto e molto ancora si continua a dire. Tuttavia, quello che ci interessa è la sua eredità artistica, un patrimonio che comprende canzoni vive e ineguagliabili, frutto della personalità complessa e fuori dagli schemi.

I suoi capolavori vengono cantati ancora da tutti, “Almeno quattro generazioni parlano di lui, lo ricordano, lo amano, lo citano, lo diffondono”, si legge sulla pagina Facebook a lui dedicata. Ma questo lui lo aveva predetto in una serata, quando durante un suo concerto disse:

“Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni! Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera! Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale!”.

Quel che è certo è che Rino Gaetano avrebbe avuto ancora tantissime cose da raccontarci.

Le 10 canzoni più belle di Rino Gaetano

Scegliere solo dieci canzoni di Rino Gaetano è stato un dramma emotivo. Tuttavia qualcuno doveva pur sceglierle e questa “croce e delizia” è spettata a me. Ad inaugurare la mia top ten non poteva che essere l’evergreen per eccellenza, Ma il cielo è sempre più blu. Pubblicata originariamente come singolo nel 1975 dall’etichetta discografica It, non è una canzone, ma un inno alla vita. Le parole sembrano (e forse lo sono) dedicate ad ognuno di noi, dove chiunque ritrova il proprio “io” in almeno una strofa. Un brano che ottenne un successo lusinghiero, stando all’attenzione riservata a Gaetano in quegli anni, nonostante la censura ne vietò la diffusione radiotelevisiva. La versione originale dura 8 minuti e 23 secondi.

Mio fratello è figlio unico, contenuto nell’omonimo disco pubblicato nel 1976, è un lavoro estremamente raffinato, una canzone d’autore dal significato nascosto e profondo, che parla di emarginazione, disagio e incomunicabilità. Un brano che rompe gli schemi della musica popolare e descrive un italiano che non si rassegna all’omologazione. Nello stesso lavoro discografico troviamo, a mio avviso, un dei “pezzi forti” di Rino Gaetano, Berta Filava. Il testo, volontariamente nonsense, è centro di una miscela di giochi di parole. Un’invettiva contro la resistenza degli adulti al cambiamento degli usi e costumi. Un tappeto ritmico originale, un invito a ballare e a divertirsi senza pensieri.

Tra le mie personalissime dieci canzoni viene annoverata Aida, contenuta nell’omonimo album pubblicato nel 1977. Un lavoro immediato e dirompente che tratta della storia e della società del novecento raccontata attraverso gli umori e le sensazioni di una donna, per l’appunto Aida. Gaetano usa la filastrocca, a mo di ritornello da canticchiare sotto la doccia, ma che nasconde un significato complesso. Nella stessa produzione discografica troviamo Sei ottavi, una canzone che abbatte il tabù dell’amore solitario, che racconta in modo romantico e poetico l’autoerotismo femminile. A fare da contraltare a Rino Gaetano c’è la voce sottile di Marina Arcangeli.

L’album Nuntereggae più del 1978 è il disco della svolta, dove il pubblico inizia ad avere un certa consistenza e Gaetano lascia la casa discografica indipendente It per approdare alla major Rca. Rinveniamo tre capisaldi, tre antologie fresche ed originali senza tempo. Tra queste l’omonima canzone Nuntereggae più, è certamente il singolo più pungente, il più scomodo all’interno delle caste dell’Italia dell’epoca, dove, attraverso la sua solita ironia sarcastica, punta il dito contro potenti, partiti, industriali, calciatori, vip, giornalisti, sportivi, nessuno escluso.

Anche se Rino Gaetano non amava questa canzone e soprattutto non voleva portarla a Sanremo, con Gianna sdoganò i luoghi comuni della kermesse e conquistò il pubblico, guadagnandosi il terzo posto. Supportato dal gruppo dei Pandemonium, al Festival dove “cuore” e “amore” la fanno sempre da padrona, il cantautore calabrese portò una canzone che rappresenta apparentemente il mondo libertino femminile, ma sotto al nome di donna si cela una classe sociale, quella politica, poco trasparente e corrotta, un po’ come successe in Berta Filava.

Terza canzone, sicuramente meno conosciuta delle altre due, a cui sono particolarmente legata è E cantava le canzoni. Un brano nato lungo la riviera di Pescara, dove i protagonisti sono un emigrante che decide di partire via mare portando “le provviste e pacchi di riviste”, un mercenario “con un figlio da sfamare ed un nemico a cui sparare” ed infine un produttore “con un film da girare ed un’azienda da salvare”, tutti accomunati sempre dal ricorrente nome femminile, che in questo caso è Bice.

Nella hit inserisco la dolce ballata del cantautore crotonese dedicata alla sua terra d’origine, Anche questo è il Sud, contenuta nell’album Resta vile maschio, dove va? del 1979. La canzone è uno dei tanti omaggi alla sua Calabria e al suo soleggiato Sud, dove le onde del mare lo baciano dolcemente mentre i pescatori sono intenti a ritirare le reti.

Da ultimo, non potevo non mettere A mano a mano, canzone di Riccardo Cocciante e mai registrata da Rino Gaetano, che la interpretò una sola volta durante un live, ma che bastò per ricollocarla in uno spazio temporale più lungo rispetto alla versione più melensa di Cocciante. Un brano d’amore poco originale, ma la melodia straordinaria che Gaetano le diede la rese potente e struggente. La canzone è divenuta di recente colonna sonora del film di Ferzan Ozpetek “Allacciate le cinture”.

Oggi il nome Rino Gaetano rappresenta un vuoto incolmabile, perché seppur le sue canzoni vivono nel tempo quel sorriso sberleffo che raccontava i difetti degli italiani avrebbe meritato l’immortalità non solo artistica.

Isabella Insolia
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