Il prendersi cura della salute mentale deve cominciare dalla musica

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Non è una novità che la salute mentale, almeno in Italia, non sia considerata, anzi, è un vero e proprio tabù. Ma nel mondo della musica la storia è diversa, o quasi.

Che la salute mentale in Italia sia poco considerata e non presa mai sul serio non è una novità, e non sono neanche il primo a parlare di questo, grave, problema. Insomma, anche se non gli viene data abbastanza voce, sono tanti gli appelli da parte di esperti e di chi ha, o ha avuto, problemi psichiatrici, che chiedono che la salute mentale cominci ad essere presa in considerazione, e cominciare a capire che chi chiede l’aiuto di uno psicologo non sia, come spesso viene chiamato in modo dispregiativo, un “pazzo”

Purtroppo il non interessarsi della salute mentale si ripercuote anche sul mondo della musica che si è sempre esposto, in qualsiasi modo, sull’argomento. Ma se da una parte ci sono i musicisti che trattano l’argomento, in molti casi descrivendo esperienze personali, dall’altra c’è comunque quella società che sottovaluta la salute mentale, andando a rovinare tutto questo “paradiso”, ma in parte mi sono già occupato di questo argomento, partendo dal caso Tenco (articolo a questo link).

Salute Mentale

In tutti i generi si trovano canzoni del genere, ognuna di essa prende in considerazione i diversi tipi di patologie psichiatriche e come possono nascere queste patologie. In altri casi si va anche a sensibilizzare l’opinione pubblica verso l’argomento della salute mentale, cercando di far capire al pubblico che non si tratta semplicemente di persone deboli e “pazze”. Ovviamente non potrò elencare tutte le canzoni, ma ho deciso di prenderne in considerazione tre, ognuna di esse molto significative.

Tre canzoni per descrivere tre argomenti: gli abusi psicologici, l’isolare il “non sano di mente” e la depressione vista come una cosa “semplice”

La prima di esse è “Down With the Sickness” dei Disturbed, in cui si riprende un trauma dato da un membro della famiglia, in questo caso dalla madre. Nella canzone si racconta di un figlio che viene psicologicamente abusato dalla madre (non escludendo che quel bambino sia proprio il cantante della band, David Draiman). Una canzone “dura”, ma diretta, con una parte in particolare molto esplicita, che punta a “raccontare”, crudelmente, l’abuso.

Ma dal metal, passiamo al cantautorato italiano, con Fabrizio De Andrè, con la sua “Un Matto”. Quel “matto” che non riesce dallo staccarsi dal suo tormento, quel “matto” che non riesce ad esprimersi, che viene visto come lo scemo del villaggio e poi isolato in un manicomio da quelle stesse persone che poi ne sentiranno la mancanza, nel momento in cui si renderanno conto di aver allontanato il capro espiatorio.

L’ultima, ma non ultima, “Jenny è Pazza” di Vasco Rossi. Una canzone importante, come le altre due, per un argomento che ancora oggi viene visto come “roba da poco”. Chi ne soffre viene visto come una persona a cui basta dire di star bene e che non sia nulla, arrivando a peggiorare la situazione, facendo sentire la “depressa” circondata, oppressa. Una canzone simile a quella di De Andrè, ma meno esplicita, e quella Jenny che viene allontanata da tutti, stanca che vuole solo “dormire”.

Nella musica, quindi, si combatte tanto e bene per far dare alla salute mentale la giusta importanza, ma purtroppo troppo spesso questa battaglia viene ignorata nel nome del marketing e del “piacere”

Da una parte gli artisti che si preoccupano di sensibilizzare, anche tramite esperienze personali, il pubblico sull’importanza della salute mentale. Dall’altra invece il pubblico che vuole il musicista sempre sorridente sul palco, un musicista non umano che non crolla mai e sempre esempio di “felicità”. Ed è per questo che tutto deve cominciare dalla musica, per il suo attirare le grandi masse, per il suo arrivare direttamente al cuore ed alla mente delle persone. Una battaglia in cui tanti hanno fallito di cui la musica rimane l’ultima linea, prima di perderla.

E perchè la scelta di Chester Bennington? Molto semplice. Quando il front man dei Linkin Park decise di togliersi la vita a causa della sue depressione che lo tormentava da molto tempo, la gran parte dell’opinione pubblica si fissò su un pensiero unico, ovvero quello di dire che in realtà il cantante non poteva essere depresso visto il suo essere ricco e che siccome in una della sue ultime foto appariva sorridente quella depressione che lo portò via non esisteva. Ecco quindi, l’esempio, dell’artista considerato “robot” da tutti” e di come la salute mentale è considerata solo nel caso ci siano dei “sintomi”.

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Marco Mancinelli
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