Luigi Tenco e la libertà mai avuta

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Luigi Tenco è morto ormai da 53 anni. Luigi Tenco si suicidò perchè si sentiva incompreso, ed il pubblico non faceva altro che aumentare le sue insicurezze. Da quel gennaio del 1967 però il pubblico italiano sembra essere rimasto lo stesso, senza imparare nulla dalla morte del cantautore genovese

Qualche sera fa stavo guardando la TV, in particolare un programma in cui si parlava di Luigi Tenco. Sapevo già, in parte, la storia del cantautore genovese, quel cantautore che si suicidò nella sua stanza d’albergo durante il Festival di Sanremo del 1967, ma non ho mai saputo il motivo per cui decise di arrivare a quel gesto, non sapevo chi fosse il Tenco uomo ed artista. Ho scoperto tutto, appunto, qualche sera fa, ed ho preso subito a cuore il cantautore.

Ad oggi sappiamo che Luigi Tenco si suicidò. Si suicidò perchè, come scrisse nella sua lettera di addio, si sentiva un incompreso, perchè quel pubblico a cui dedicò cinque anni della sua vita, non lo ha mai rispettato, facendolo sentire ogni giorno di più “inutile”. Ad oggi in Italia Tenco viene celebrato, viene considerato una leggenda, dalle stesse persone che ad oggi si comportano con molti artisti proprio come si comportava il pubblico di quel festival del 1967.

«Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io tu e le rose” in finale e ad una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.»

Luigi-Tenco

Quel 1967 è sempre rimasto qui, quel gesto di protesta è rimasto incompreso, proprio come lo era Luigi Tenco. Perchè il suicidio di Luigi Tenco, purtroppo, non è servito a nulla.

Luigi Tenco non si suicidò, come molti pensarono e pensano, perchè fu eliminato, ma perchè sperava che quel suo gesto facesse capire al pubblico italiano cosa significasse essere un musicista. Sperava di far capire alla gente che la musica non fosse una cosa semplice, che non bastasse scrivere un “Ti Amo” e cantarlo con malinconia. La musica era qualcosa di più difficile, ed il pubblico doveva cominciare a capirlo. Ma soprattutto sperava che la gente cominciasse a capire che il musicista fosse un umano, e non un robot pronto a eseguire gli ordini di quel qualcuno chiamato pubblico.

Probabilmente nel 1967 in Italia non si era pronti alla musica che lanciasse messaggi sociali e politici, non era pronto ad un Luigi Tenco dalla parte dei giovani, a favore di quella libertà cantata in “Ognuno è Libero” o in “E se ci Diranno”, non era pronto all’amore raccontato in Ciao Amore Ciao” o in “Io Lo so Già”. E pensate un po’, dopo 53 anni il pubblico non rimane pronto ad una musica più “studiata”; non rimane pronto al capire i testi, ed al capire che nulla gli è concesso a prescindere.

Quella rivoluzione, che doveva essere avviata subito dopo venuti a galla i veri motivi del suicidio di Luigi Tenco, non è mai partita. Siamo ancora in tempo per cominciarla, anche dopo 53 anni di torti nei confronti di tanti musicisti.

Dal giorno in cui Luigi Tenco si suicidò nulla è cambiato, anzi, è tutto peggiorato. Una volta l’unico modo per rovinare l’artista era non comprare il suo album e magari non fargli vincere qualche premio, e purtroppo mi ritrovo a dire che se fosse ancora così, sarebbe tutto molto più semplice. Oggi il fatto che non venga comprato un album è la cosa meno grave, oggi al pubblico non interessa la musica suonata, a dimostrazione che quest’ultima non conti più nulla. Oggi al pubblico interessa altro, e far rispettare “l’altro”, e nel caso che non venga rispettato vieni fatto fuori.

Sparandosi alla testa Luigi Tenco sperava di dare inizio ad una rivoluzione, sperava di vedere i musicisti cominciare a battersi pretendendo di essere trattati da essere umani con delle emozioni personali, con delle idee, con dei messaggi da lanciare, con il diritto di vestirsi come si vuole e di scendere dal palco e non volere un contatto con i proprio fan per scelte che non riguardano quest’ultimi. Ma soprattutto con il diritto di suonare, di avere una passione da amare e da portare avanti, senza che nessuno dice come “gestire” quella passione.

Tutto questo non è successo, il gesto di Luigi Tenco è stato inutile, il pubblico è diventato sempre di più “cattivo” mentre credeva che Tenco fosse arrivato a quel gesto solo per una canzone non arrivata in finale. Gli anni sono passati e purtroppo anche tanti musicisti sono stati educati nel rispettare il pubblico e stare zitti di fronte a qualsiasi torto.

Luigi Tenco doveva diventare un simbolo, simbolo di una rivoluzione musicale che non è arrivata neanche nel ’68. Tenco, invece, è diventato, purtroppo simbolo dell’ipocrisia.

Oggi tutti i musicisti dovrebbero conoscere Luigi Tenco, oggi il cantautore genovese dovrebbe essere un simbolo di una rivoluzione musicale che non è avvenuta neanche nel 1968 (visto che, se ci fosse stata, ora non mi ritroverei a parlare di questo argomento), simbolo di quei musicisti che amano la musica. Invece no, Luigi Tenco è diventato, purtroppo, simbolo dell’ipocrisia della gente che prima tratta male i musicisti, rovinandogli la carriera, o come nel caso del cantautore genovese, li porta al suicidio, per poi elevarli a leggenda.

Dopo 53 anni dal suicidio di Luigi Tenco, l’artista rimane quella persona che deve sempre rispondere agli ordini del pubblico: deve parlare di quello che vuole il pubblico, deve vestirsi come vuole il pubblico, deve vivere come vuole il pubblico, deve salire sul palco come vuole il pubblico. Ad oggi al musicista è ordinato di fare tutto, tranne suonare e farsi piacere il suo lavoro, ma soprattutto la sua passione.

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Marco Mancinelli
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3 commenti su “Luigi Tenco e la libertà mai avuta”

  1. Caro Marco Mancinelli, ma perché a distanza di 53 anni si scrivono e tu scrivi sempre le stesse amenità sul ‘suicidio’ di Tenco? perché,oltre a sentire/fare musica non ti documenti?
    Tenco è stato ucciso,sarebbe bene che leggessi quello che se ne scrive. Aldo Colonna

    • Salve, lei è il biografo di Tenco? Ho sentito tempo fa (oltre un anno) in tv una sua dichiarazione circa una pista risolutiva che “qualora avesse portato frutti”, avrebbe potuto riaprire il caso. Di cosa si tratta? Non è andata a buon fine? Grazie.

I commenti sono chiusi.

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