I Sons of Apollo pubblicano il loro nuovo album MMXX.
I Sons of Apollo, il supergruppo fondato dagli ex-Dream Theater Mike Portnoy e Derek Sherinian con un’altra pubblicazione di alto livello si afferma ulteriormente come una delle realtà più interessanti del Progressive contemporaneo.
Del resto, già la formazione è da stropicciarsi gli occhi. Oltre ai già citati Portnoy e Sherinian, rispettivamente alla batteria e alle tastiere, abbiamo Billie Sheehan al basso, Bumblefoot alla chitarra e Jeff Scott Soto alla voce. Nomi veramente altisonanti, per un pieno di grande tecnica, ma soprattutto anche una certa spacconeria che rende la loro musica diretta oltre che elaborata.
Sulla falsa riga del precedente album, il debutto Psychotic Symphony, MMXX gioca nuovamente sull’intreccio di Progressive Metal e Hard Rock.
Il singolo di lancio, nonché opener, Goodbye Divinity rende subito tutto molto chiaro a tal proposito. Lo si potrebbe definire ormai un brano classico dello stile dei Sons of Apollo. Aperto con una bella partenza, opera delle straordinarie tastiere di Sherinian, il brano ci agita e ci smuove grazie al notevole coinvolgimento che i musicisti suscitano. Le linee graffiate di Soto poi sono il vero fiore all’occhiello, uno degli elementi più iconici del sound della band.
La voglia del gruppo di spaziare e soprattutto di divertirsi permette di giostrare con i generi e i sound.
Ecco quindi che l’accoppiata Wither to Black e Asphyxiation viaggia rispettivamente tra sonorità anni Settanta e spunti anni Dieci. In particolare lo stile di Sherinian richiama il sound dei grandi gruppi Rock di qualche decade fa. Bumblefoot invece incorpora riff più aggressivi e moderni. Il tutto tra l’altro senza disturbarsi mai, ma anzi dandosi reciproco supporto in questi viaggi del tempo musicali. Varie volte infatti la chitarra segue l’organo, assecondando le sue divagazioni. E di ricambio le tastiere volano su panorami futuristici quando le sei corde si avvicinano ai nostri tempi.
La componente Progressive non manca poi di essere sempre presente, quasi un eterno denominatore comune su cui tutti i brani, chi più chi meno, si innestano. Alla contorta sezione strumentale di Wither to Black si accosta quindi l’elaborazione strutturale di Asphyxiation. In vari punti quest’ultima richiama Just Let Me Breathe dei Dream Theater in cui erano presenti sia Portnoy che Sherinian.
Dopo questa partenza forsennata, ecco la quiete dopo la tempesta.
Desolate July si apre con una delicata introduzione al pianoforte. Il brano poi cresce sviluppandosi come una power ballad malinconica, lasciando a Sherinian lo spazio per un assolo da applausi. Il tastierista è in grande forma, come dimostra anche la successiva King of Delusion. Il pianoforte è nuovamente protagonista, ma stavolta in una veste più ambigua e misteriosa. La lunghezza del brano (9 minuti) permette di svariare su più fronti, cedendo prima a sonorità più aggressive (impossibile non cedere all’headbanging), poi più psichedeliche, sulla falsa riga dell’intro. Il confronto Progressive tra Portnoy e Sherinian cede poi il posto a Bumblefoot e a un assolo da capogiro.
Fall to Ascend, ulteriore singolo di lancio di MMXX, è invece un brano diretto, semplice nella struttura, Progressive nel suo approccio. Forse il brano che più di tutti strizza l’occhio al passato di Portnoy nei Dream Theater. Impossibile non restare ammaliati dal bridge e dal ritornello e anche la sezione strumentale lascia senza fiato. Brano ampiamente nei canoni della canzone-singolo Progressive gestita con sapiente esperienza.
Una componente che non è mai mancata nel sound dei Sons of Apollo è poi il richiamo alle sonorità orientali.
Già ampiamente sfruttate nel primo album, ritornano insistentemente anche nel secondo. Ma mai come in Resurrection Day. I riferimenti biblici, del resto, sono la perfetta fonte di ispirazione per queste sonorità. La chicca del brano è la sfida di assoli tra Bumblefoot, Sherinian e il bassista Sheehan. Il “Van Halen del basso” infatti si getta in due gare di tecnica e virtuosismo in cui è inutile stabilire il vincitore. L’abilità e la tecnica di tutti i musicisti la rende una parte spettacolare dell’album e un esempio mirabile di uno degli elementi stilistici più importanti del genere.
Per chiudere la band si cimenta in New World Today. Si tratta del brano più lungo dell’album (16 minuti) e dalle tematiche più futuristiche. L’introduzione lenta e atmosferica, basata su chitarra e tastiere, è pura magia. Viene quasi da richiamare alla mente Trial of Tears dei Dream Theater, ancora una volta quelli di Portnoy e Sherinian. Ma tematiche spaziali nel Progressive sono spesso state trattate ed è facile tirare in ballo anche Arjen Lucassen e i suoi Star One o anche gli italiani Anagramma, soprattutto per una importante componente Fusion. L’intreccio di generi, ritmi e tempi sfocia poi in un ritornello aperto e straordinariamente catchy. Forse uno dei punti migliori dell’album. La strumentale speed ricca di cambi di tempo lascia poi a un ritorno di quiete a metà del brano. La psichedelia del momento viene sostenuta da due splendidi assoli di Sherinian e Bumblefoot, per poi rientrare sull’intro e chiudere l’album sul ritornello.
I Sons of Apollo confermano la bontà del proprio materiale, della propria tecnica e della propria musica.
MMXX vede come grande protagonista soprattutto il tastierista Derek Sherinian, autore di una prova esecutiva a dir poco magistrale. I suoi interventi, i suoi assoli, le sue idee danno sempre la quadra perfetta a ogni brano. Il suo suono rende il repertorio estremamente iconico e identificativo. Ovviamente il supporto di una squadra a dir poco eccezionale rende il tutto ancora più semplice. La conclusione è che in un Progressive in continua evoluzione, in cui tante band giovani si cominciano a fare largo e a dire la loro, questi veterani sanno ancora spiccare nella folla e issarsi di una bella spanna sopra gli altri.
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