The Hope List dei Lonely the Brave – Recensione

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Un cambio di rotta decisivo e diretto, per i ragazzi di Cambridge. Il loro nuovo album in studio The Hope List, mette in risalto una nuova forma e un sound più delicato, avvolto da un contorno notevole senza precedenti. Prodotto per l’etichetta americana Columbia Records.

Il collettivo Lonely the Brave vede la luce nel lontano 2008 nella periferia di Cambridge. Il loro sound iniziale è la ricerca costante nel genere rock, con molte influenze al blues. Infatti nei primi lavori la band è ispirata fortemente dai riff energici, di matrice Pearl Jam con richiami al boss Bruce Springsteen. Il loro successo esplode con l’album Things Will Matter del 2016, ritagliando una grande fetta di pubblico, che inizia a seguire con forte interesse il genere. Nel nuovo lavoro le idee cambiano, abbandonando leggermente la carica più dura delle composizioni e lasciando spazio alle nuove generazioni, più commerciali e di impatto emo. Il cambio radicale del sound è influenzato anche dall’ingresso del nuovo vocalist Jack Bennett, che prende l’eredità pesante di David Jakes, molto più sporco e ruvido nello stile.

Il primo singolo “Bound” da The Hope List, rilasciato gli scorsi mesi, apre il nuovo percorso. Scritto nel periodo più difficile per la scena underground, mette in chiaro tutto il suo contenuto diverso da tenere d’occhio. La voce melodica di Jack, illumina parabole angeliche su un nuovo giorno carico di speranza. A seguire “Distant Light” cavalca l’onda genuina di un sogno speciale, con una grinta senza eguali. I delay preziosi gridano alla libertà. Sulle note di “Bright Eyes” invece, apriamo la mente a nuove scoperte, il tiro emo punk spinge la composizione in un limbo interessante su un tappeto martellante e spedito.

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“Chasing Knives” si innalza nell’aria con il giusto mood, i cambi deliziosi delle chitarre fanno da contorno al sound malinconico molto anni 90. Mentre la title track The Hope List si presenta come una ballata triste, dove gran parte del timbro vocale, gira come una giostra sull’arpeggio di chitarra immenso e prezioso. Su “Keeper” il groove di batteria è incandescente e ricorda un po i primi lavori della band, molto più lineari e sporchi, la melodia sensibile continua ad essere il punto fermo delle strutture. Dopo la breve suite strumentale “Untitled”, con un riverbero che cresce in lontananza, il crescendo collega a “Something I Said”. Un’altra grande take molto orecchiabile, il tempo preciso del basso è un tocco di classe, su tutto lo schema del brano, uno dei migliori. Verso la fine ci soffermiamo su “Open Door” il secondo singolo rilasciato, diverso e più tecnico. Il tempo veloce dal gusto vintage e old school, lascia un segno duro. “Your Heavy Heart” si abbandona a una dolcezza unica da lacrime e brividi intensi su tutto il corpo, una perla superiore non serve aggiungere altro. Le urla nella parte finale danno un impronta speciale all’opera. Chiudiamo con “The Harrow” con gli arpeggi caldi e personali, su un sound originale e impeccabile.

The Hope List è un disco diverso, adatto per giornate spensierate, carico di sofferenza, lacrime e stati d’animo differenti. La band nonostante il cambio di line up, porta avanti la sua bandiera con un nuovo lavoro inedito da pieni voti.

Voto: 7

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