Contro la fretta di crescere di Edel, un disco per diventare grandi [Recensione]

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Contro la fretta di crescere è l’album d’esordio di Edel, un disco che segna un nuovo inizio per il cantautore romano già leader de La scala Shepard.

Il primo album di Edel è un piccolo viaggio nella decrescita felice, nel tentativo di eludere le tappe precostituite che la vita e la società vorrebbero vederci attaccate addosso. Una diapositiva su cosa significa avere trent’anni racchiusa in nove tracce prive di sovrastrutture inutili, che parlano di cambiamenti, di innocenza e del desiderio d’incontro, nella ricerca di equilibrio tra il mondo esterno, la paura e la musica.

Contro la fretta di crescere di Edel, un disco per diventare grandi [Recensione] 1

Già artisti come Motta ci avevano cantato de La fine dei vent’anni, a testimoniare che il cambio del numero davanti alla doppia cifra della nostra età anagrafica è uno spartiacque non indifferente per le nostre emozioni personali. Se a questo si aggiungono anche i percorsi artistici come quello di Edel che ha visto terminare l’esperienza come frontman e arrangiatore della band La Scala Shepard, per intraprendere una carriera solista che lo ha portato a vincere riconoscimenti come il Premio Assoluto e Miglior Testo al Premio Città di Quiliano e il Premio del Pubblico Banca Macerata a Musicultura 2024. La sua musica è naturalmente un viaggio tra introspezione e tentativo di tenere la propria musica ancorata ai tempi che sta vivendo.

L’album è stato anticipato dai singoli “Canzone poco originale sulla solitudine”, “Il bene che ci potremmo fare”, “Per gli amici che avevo” e dal singolo e video “Se vuoi restare sola”.  Dopo questi ascolti è chiaro che la matrice di un disco come Contro la fretta di crescere è chiaramente da ricercare in quella della tradizione italiana dei cantautori. Non solo tra i nomi classici degli anni 70, ma anche nella nuova scuola romana che ha ridefinito, dagli anni 90 in poi gli standard dei classici della musica italiana. In quel solco ritroviamo le canzoni dell’album di Edel.

Le mode musicali vanno e vengono nel nostro paese e nelle classifiche di mezzo mondo, certi modi di scrivere però sanno resistere al tempo che passa. Non è un caso se ancora oggi a distanza di quasi cinquant’anni anche i cantautori più giovani continuano ad attingere a dischi che hanno fatto la storia del nostro cantautorato, allo stesso modo si possono inserire in questa scrittura elementi di novità, dissonanze nuove e sensibilità contemporanee capaci di aggiungere ingredienti originali a standard imprescindibili. In questo modo riusciamo ad avere album come quello di Edel, un mix di esperienze vecchie e nuove e di sentimenti universali.

Perché alla fine quello che conta nelle canzoni, come nei libri o nei film, è raccontare l’animo umano e le sue pulsioni. Quel tipo di sensazioni a prescindere dall’abito sono di cui vengono vestite, riescono a tenere insieme gli ascolti e gli ascoltatori. E cosa c’è di più universale delle sensazioni che si provano alla fine delle nostre adolescenze? Esattamente tutto quello che è finito in questo disco di Edel.

Raffaele Calvanese
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