Christian Bale – la versatilità in persona

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Compie oggi 48 anni un attore straordinario, geniale e carismatico, che ci ha saputo emozionare con ogni suo ruolo, Christian Bale.

Christian Bale è sicuramente uno dei migliori attori della scena cinematografica. A contribuire sicuramente alla sua notorietà c’è il suo immenso talento nel calarsi perfettamente nei panni del suo personaggio, e la sua incredibile versatilità nel saper perdere o acquisire peso per rendere i suoi personaggi ancora più realistici.

Cominciamo dalla trilogia dedicata all’eroe dei fumetti DC Comics, Batman, ruolo che gli ha fatto ottenere un grande successo e il plauso della critica.

Trilogia del Cavaliere Oscuro, 2005 – 2012

Christian Bale
Christian Bale in una scena tratta dal secondo capitolo della trilogia.

Christopher Nolan firma oserei dire uno dei capolavori del cinema, sia del genere supereroistico che come trilogia dando vita ad una rappresentazione di Batman senza precedenti e senza rivali.

“Perché cadiamo? Per imparare a rimetterci in piedi!”

Frase pronunciata prima dal padre di Bruce e poi da Alfred il maggiordomo.

Christian Bale interpreta quindi Bruce Wayne. Il primo capitolo segna l’inizio della leggenda dell’eroe mascherato, il trauma sofferto da bambino a seguito della perdita dei genitori, la paura dei pipistrelli, l’addestramento con la Lega degli Assassini e la decisione di diventare un simbolo nella speranza di salvare la sua città.

Nel secondo capitolo Batman si trova ad affrontare il suo più acerrimo nemico, Joker, mentre nel terzo è costretto ancora una volta a portare sulle proprie spalle il peso del destino della sua città.

Nonostante infatti le numerose trasposizioni cinematografiche realizzate fino ad oggi su Batman, il lavoro realizzato da Nolan e collaboratori a livello di regia e sceneggiatura è insuperabile e la credibilità di Bale ha fatto sì che i tre film dedicati a Batman possano essere considerati l’unico, vero, ed emozionante omaggio all’eroe di Gotham.

“Non è tanto chi sei, quanto quello che fai, che ti qualifica.”

Frase pronunciata da Rachel a Bruce, che poi lui ripeterà rivelandole così la sua identità.

Nel 2010, in una piccola parentesi dall’eroe mascherato, Christian Bale interpreterà il pugile Dicky Eklund in The Fighter, parte che gli ha valso l’Oscar al miglior attore non protagonista. Ma questa è un’altra storia.

Vice – l’uomo nell’ombra, 2018

Christian Bale
Christian Bale in una scena del film in cui interpreta Dick Cheney.

Il Governatore del Texas, George W. Bush, sceglie Dick Cheney, amministratore delegato della Halliburton Co, come proprio vice per le elezioni presidenziali del 2000. Giunti alla Casa Bianca, i due utilizzano il proprio potere per rimodellare il paese.

Vice è un film che si destreggia tra satira e politica e che va visto principalmente per due motivi: il primo è che per capire il presente ed esorcizzare un pessimo futuro, bisogna prima di tutto conoscere il passato e il secondo è l’ennesima, straordinaria, perfetta trasformazione psicofisica di Christian Bale.

Le Mans ’66 – La grande sfida, 2019

Christian Bale – la versatilità in persona 1

James Mangold firma un vero e proprio capolavoro, vincitore di due premi Oscar, quello per il miglior montaggio e per il miglior montaggio sonoro.

“C’è un momento, quando sei a 7000 giri, in cui tutto svanisce. La macchina diventa priva di peso, scompare. E tutto quello che rimane è un corpo che si muove attraverso lo spazio e il tempo. 7000 giri al minuto, è lì che lo incontri. Lo senti arrivare, si avvicina al tuo orecchio e ti fa una domanda, l’unica domanda che conta: “Chi sei?”

Questa citazione racchiude in sé e per sé l’essenza del film. L’essenza sta anche, anzi soprattutto, nella presenza di grandi protagonisti con il volto di Matt Damon e Christian Bale. Un duetto di cui non sapevamo di aver bisogno, almeno fino ad ora.

Carroll Shelby e Ken Miles avranno anche due caratteri molto diversi, priorità della vita diverse, ma hanno un’unica cosa in comune, quella che conta davvero: la passione per le automobili e le corse.

Siamo nel 1966: l’americana Ford è in crisi quando un giovane manager propone di scendere dal piedistallo e di atterrare in pista per vincere la prestigiosa 24 Ore di Le Mans, e sfidare il diretto avversario, la Ferrari.

L’impresa impossibile viene affidata a Carroll Shelby, che ha già corso per Ford ed è stato l’unico americano a vincere Le Mans. Per di più, la sua azienda fabbrica auto sportive quindi ha la competenza necessaria. Sceglierà comunque di farsi aiutare da Ken Miles, anche lui pilota e meccanico. La loro collaborazione non piace particolarmente al vicepresidente della Ford che si farà nominare anche responsabile del reparto corse per ostacolarli.

Intanto che la Ford GT40 inizia a prendere vita, Shelby elabora un piano rischioso per convincere lo stesso presidente a fidarsi di Miles. Dopo un’iniziale intoppo e la conferma che Miles è il pilota giusto, arriva il fatidico giorno.

Nonostante qualche problema iniziale, Miles si libera della concorrenza rappresentata dalla Ferrari stracciando ogni record. Quando ormai la vittoria è certa, Shelby gli comunica che la Ford vuole che le tre auto in gara taglino insieme il traguardo. La scena è meravigliosa, se non fosse che Miles è stato ingannato. Avendo percorso più chilometri infatti, il trofeo viene assegnato a Bruce McLaren. Il tradimento brucia soprattutto a Shelby mentre Miles si accontenta di aver comunque gareggiato a Le Mans dimostrando la sua grande umiltà.

Poco dopo, i due sono nuovamente al lavoro per migliorare la macchina quando durante i test di strada avviene un incidente in cui Miles non riesce a salvarsi, sotto gli occhi allibiti di Shelby e di suo figlio.

6 mesi più tardi, Shelby fa visita al figlio dell’amico regalandogli una chiave inglese con cui Miles lo aveva colpito.

Nei titoli di coda, si legge che Ken Miles fu inserito postumo nella Motorsports Hall of Fame of America, mentre la Ford continuerà il suo duello con la Ferrari vincendo le edizioni 1967, 1968 e 1969.

Per una come me che non ne sa niente di motori, di macchine e di gare è stato illuminante.

Sembrava di ascoltare la voce di un nonno che racconta delle sue esperienze più profonde, di come ha costruito centinaia di oggetti in legno. O dei racconti della nonna, di come cura l’orto con amore, dell’opere d’arte che realizza con le sue mani. O delle parole di un pittore, di un cantautore, di un artista, di un veterano di guerra.

Il loro linguaggio, la loro conoscenza, non ti appartiene ma ne rimani comunque estasiata. E in quel momento vorresti soltanto poter avere un casco a portata di mano e sedere accanto ad uno di loro mentre ti sembra di volare.

Tamara Santoro
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