A colpi di musica dance e di goffi passi di danza, eccoci introdotti al nuovo spettacolo su Netflix di Michela Giraud, “La verità, lo giuro!”.
“Fatemi un applauso come se fossi nuda” e via, si comincia.
Lo spettacolo della Giraud, per chi già non la conoscesse, si muove sul genere della stand up comedy, ossia quella comicità dai toni un po’ più forti rispetto allo standard. Nei monologhi di questa tipologia di comicità si tende spesso a uscire dalla comfort zone, toccando temi sensibili, per i quali a volte lo spettatore deve avere parecchio pelo sullo stomaco.
Proprio queste caratteristiche lo rendono un genere ancora piuttosto giovane nel nostro Paese, laddove negli Stati Uniti ad esempio è molto più frequente (anche se non sempre ben accetto, come testimonia il caso di Chris Rock e Will Smith alla serata degli Oscar…). Si tratta di un tipo di comicità piuttosto efficace per smontare nel modo comune di vivere un certo perbenismo troppo spesso solo di facciata.
Michela Giraud offre un suo spettacolo tipico, la sua comicità assume toni non propriamente leggeri, ma non sente neanche la necessità di essere troppo pesante e disagevole.
Il suo monologo di circa un’ora ruota principalmente attorno al tema del suo personaggio più caratteristico, quello della ragazza curvy, che gioca e scherza col disagio del suo corpo. Ed ecco quindi che veniamo trasportati in una serie di avventure e disavventure che la vedono protagonista, dai banchi di scuola alla pista della scuola di danza, fino alle discoteche e ai centri commerciali.
La Giraud ironizza su stessa e su come gli altri potrebbero ironizzare nei suoi confronti, accettando di buon grado la sua goffaggine danzereccia e il suo fisico non proprio filiforme, come qualcuno l’ha definita, checché ne dicano maestre e compagne perfettine, e anche un po’ tutti quelli che hanno una gran voglia di giudicare gli altri. Ne scaturisce una disamina sferzante dell’atteggiamento di una società finto-perbenista, che per esempio osserva i branchi di ragazze curvy che si aggirano nei negozi in cerca dei loro prodotti, con la stessa curiosità con cui si studiano gli animali in uno zoo e le loro abitudini.
Lo spettacolo quindi scorre principalmente su questo tema attraverso una lunga sequela di situazioni divertenti e imbarazzanti in cui Michela Giraud si è ritrovata protagonista, disavventure che l’hanno formata e l’hanno fatta diventare quello che è ora.
Non manca poi di affiancare a questo filone anche alcuni episodi leggeri, legati a una figura materna particolarmente invasiva e talvolta negativa, e più pesanti, legati a una sorella neurodiversa priva di determinati freni inibitori che le fanno dire senza problemi tutto quello che le passa per la testa. Tra l’altro questa in particolare è una tematica cui la Giraud è particolarmente legata e per la quale si batte molto spesso.
In questo modo “La verità, lo giuro!” riesce a muoversi su campi più stabili e su altri più minati con grande equilibrio, senza andare a sconvolgere troppo il pubblico dalla sua comfort zone. Chi è appassionato di stand up comedy sa che ci sono personaggi come Daniel Sloss o Taylor Tomlinson capaci di fare monologhi interi sulla morte di parenti stretti e anche su personali patologie. Non è questo il caso della Giraud, che invece si muove con più delicatezza, evitando tematiche che in Italia ancora non sono viste di buon occhio nel mondo della comicità mainstream.
Quindi, dopo aver analizzato a grandi linee lo spettacolo senza rovinare sorprese e rivelare battute, ci soffermiamo sullo stile comico di Michela Giraud.
E qui i nodi vengono al pettine.
Facciamo una piccola premessa per spiegare la situazione paradossale che si presenterà tra poco: ascoltare il live di una band o vederlo in video non è bello quanto essere presenti a quel live; vedere in televisione uno spettacolo teatrale non è coinvolgente quanto vederlo a teatro; guardare dalla televisione un evento sportivo o seguirlo alla radio non è emozionante quanto assistervi di persona e così via.
Perciò ecco il paradosso: il pubblico in sala allo spettacolo di Michela Giraud ride, ride tantissimo, a crepapelle e spesso e volentieri in maniera sguaiata e liberatoria. Tutto lecito. Chi ha assistito da casa e scrive questa recensione non ha invece subito tutto questo trasporto comico. Lecito anche questo.
Come mai? Com’è possibile?
A parte numerose spiegazioni psicologiche che si basano sul fatto di essere presenti personalmente o meno a un evento, come negli esempi di poco fa, chi scrive percepisce la seguente particolare e spinosa situazione.
Michela Giraud in questo spettacolo offre un materiale non male, il testo si muove su tematiche moderne, che meritano di essere trattate e approfondite. La narratività del monologo ha un suo principio e una sua fine collegati coerentemente dalle varie disavventure in una serie di emozionanti escalation. Non mancano nemmeno alcune freddure tratte dai meme più contemporanei e che ormai fanno parte anche delle battute più colloquiali.
Il tutto è condito da una sana e robustissima dose di romanità e, come dice il grande comico romano Maurizio Battista, chi è nato a Roma e parla romanesco ha una forza comica innata, ce l’ha nel DNA, sa vivere le cose sempre con una punta di comicità, inserendo la battuta, la frecciata, la freddura e l’imbeccata un po’ in tutti i contesti, dal più sordido al più elegante. Si pensi, per esempio, ai commenti ironici che talvolta coloriscono i discorsi del Presidente del Consiglio Mario Draghi, romano.
Eppure, nonostante tutti questi ingredienti forti con cui si dovrebbe vincere a mani basse, Michela Giraud non riesce a trasmettere la forza della risata. I suoi discorsi sembrano calcolati, le sue battute sembrano imparate e ripetute a memoria, talvolta sono piuttosto telefonate e scontate. Manca infine una buona dose di spontaneità senza la quale il tutto sembra oltremodo meccanico.
Attenzione, lo spettacolo è interessante, fa sorridere e fa riflettere. Ma non siamo venuti a vedere, per quanto in streaming, Michela Giraud solo per sorridere, come se assistessimo a uno spettacolo di humor inglese. Vogliamo ridere a crepapelle, e allo stesso tempo essere portati a riflettere su temi sensibili. Lì sta la forza della stand up comedy, lì sta la bravura del bravo stand up comedian. Una forza e una bravura che, secondo il parere di chi scrive, Michela Giraud ancora non ha.
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