Fuori era primavera è il documentario sull’era Covid nato da un’idea del regista Gabriele Salvatores, alla sua seconda prova con i docu-film e già premio Oscar nel 1991 con Mediterraneo.
Prodotto da Indiana Productions e Rai Cinema, realizzato con l’entusiasta partecipazione di circa 8.000 italiani che hanno inviato i propri video amatoriali nel periodo del lockdown, e con il montaggio curato da Massimo Fiocchi e Chiara Griziotti, Fuori era primavera è un intenso viaggio attraverso le solitudini, il dolore, la speranza e la solidarietà nel periodo più duro della prima ondata della pandemia, una fotografia dell’Italia di oggi in uno dei periodi storici più difficili.
Il film era stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma il 24 ottobre 2020. L’uscita nelle sale italiane era prevista per il 26 ottobre 2020, giorno di chiusura delle sale cinematografiche e quindi si è dovuto optare per lo streaming. È possibile infatti guardare il documentario su RaiPlay.
Gabriele Salvatores segue l’ordine cronologico degli eventi da quando il coronavirus era un problema lontano, passando per i giorni più bui, fino al lento ritorno alla vita con un occhio particolare alla rinascita della natura in contrasto con le strade vuote delle grandi città. Il tutto ripreso dagli smartphone e dalle telecamere degli italiani, che hanno inviato al regista i video.
“All’inizio avevamo un approccio più classico, quasi documentaristico, racconta Salvatores, pur avendo chiesto alla prima squadra di visionatori, una ventina, di individuare dei nuclei narrativi e dei personaggi a loro modo protagonisti. Poi ci siamo resi conto che il tutto rischiava di prendere un taglio televisivo che non poteva competere col flusso delle notizie quotidiane e allora abbiamo scelto la strada delle emozioni, di un sentire diffuso in cui il dolore e la speranza si fondono nelle parole e nei gesti che le persone ci avevano affidato con generosità”.
Noi di Shockwave Magazine abbiamo selezionato alcuni momenti di Fuori era primavera particolarmente forti e carichi di emozioni, senza ovviamente anticiparvi troppo.
“Dal 24 marzo al 30 maggio 2020 abbiamo raccolto migliaia di testimonianze da tutti gli italiani durante il lockdown del paese. Questo film è stato realizzato con i video che ci avete mandato e dall’incontro di tutti i vostri racconti”.
Gabriele Salvatores.
È questa la premessa con cui inizia Fuori era primavera. Dalle prime immagini sembrerebbe il tipico documentario in stile National Geographic, con paesaggi e specie animali della natura incontaminata che si incontrano con le abitudini degli esseri umani.
C’è la testimonianza di tanti infermieri e di altrettanti medici, che raccontano di quegli sguardi dei pazienti prima dell’incubazione che non dimenticheranno mai.
Ci sono i rider che attraversano città vuote, deserte, irriconoscibili, dove si sente riecheggiare soltanto il suono delle ambulanze.
Ci sono scuole, cinema, teatri, stadi, spazi di condivisione vuoti.
Ci sono eventi gioiosi come lauree e nascite, e anche compleanni festeggiati in videochiamata.
Ci sono tante persone che si riappropriano di spazi inconsueti come balconi, terrazzi, persino tetti.
È stata l’occasione per tirare fuori il meglio delle persone.
È la frase che pronuncia un ragazzo, e quella che mi ha colpito più di tutte. Vorrei tanto che il lockdown ci avesse cambiati in meglio. Eppure se oggi mi guardo intorno mi rendo conto che non è stato così. Nonostante tutto quello che abbiamo perso, tutto quello a cui abbiamo rinunciato, la mentalità è rimasta sempre la stessa, se non è addirittura peggiorata.
Eppure sarebbe bastato imparare ad apprezzare le piccole cose come ammirare un tramonto, godersi il tempo passato in famiglia, ingegnarsi per passare il tempo, cantare sui balconi insieme a tutto il vicinato e regalare un piccolo barlume di speranza, e soprattutto apprezzare la libertà.
“Nel film c’è solidarietà, voglia di comunità e di mutuo soccorso, tutte cose che hanno caratterizzato la nostra primavera e che oggi sembrano scolorite. “Oggi al sentimento di comunità, continua il regista, si è sostituita la paura, la rabbia, la confusione. Purtroppo noi italiani non abbiamo una storia di comunità; possiamo essere straordinari, inventivi, geniali, ma facciamo fatica a remare tutti nella stessa direzione. E’ un capitale che abbiamo sprecato e me ne accorgo anche nei miei comportamenti che sono cambiati dopo 50 giorni di isolamento da solo a Milano.
Sono stato in fondo fortunato, ho avuto il virus in forma leggera, ma in casa ho dovuto reimparare quei gesti quotidiani da cui rifuggo da sempre. In fondo faccio il cinema anche per avere ogni volta una buona ragione per evadere dalla routine e costruirmi un mondo diverso. Voglio dire grazie a un medico, Raffaele Bruno del San Matteo di Pavia, che mi ha seguito a distanza, ha saputo trovare le parole giuste, mi ha confermato quanto il nostro servizio sanitario sia un’eccellenza e come vi lavorino persone straordinarie. Molte volte in questo periodo terribile proprio medici e infermieri sono stati i nostri veri ‘padri’, persone capaci di esserci, di aiutare, di parlare rischiando per primi”.
Gabriele Salvatores ha fatto un lavoro eccezionale. È pur vero che Fuori era primavera non è un film, non ci sono attori, ma dietro un documentario del genere c’è un grande lavoro dietro, di selezione, di cura, di amore. Già l’idea di raccontare quanto stiamo ancora vivendo era pericolosa e per questo da apprezzare ancora di più.
Il film collettivo di Gabriele Salvatores che racconta l’Italia nei lunghi mesi del lockdown per la pandemia di coronavirus è disponibile sulla piattaforma on line di RaiPlay dal 10 dicembre. Dopo il passaggio in rete, Fuori era primavera sarà trasmesso il 2 gennaio in prima serata su Rai Tre. E consiglio a tutti di vederlo.
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