Quando parliamo di un film generalmente tendiamo a snobbare le figure professionali “minori” che ne curano la sua realizzazione. Tra queste vi è il direttore della fotografia il quale si occupa di gestire tutto quello che riguarda la luce e la resa delle immagini, che controlla l’atmosfera durante le sequenze. Il cinema senza la fotografia non esisterebbe.
I film sono il frutto del lavoro di un gran numero di professionisti, tutti specializzati in vari settori.
Nonostante i meriti vadano sempre al regista, al produttore, agli attori e a volte agli sceneggiatori che spesso coincidono con il direttore del film, vi lavorano una serie di figure spesso dimenticate – tranne quando magari hanno una nomination ai premi Oscar – ma di vitale importanza. Trucco e parrucco, montaggio, colonna sonora, tecnici del suono o delle luci, scenografie e così via sono elementi determinanti del successo di una pellicola, ed è raro che il grande pubblico, se non quello più attento e coinvolto in prima persona, se ne renda conto.
Tra tutti questi ruoli, particolare rilevanza ha quello del direttore della fotografia.
La fotografia nel cinema è uno di quei molteplici elementi imprescindibili ed essenziali per la buona riuscita di un film. La fotografia è la luce: cupa, vivace, calda, fredda, naturale, artificiale, qualsiasi essa sia, rappresenta tutto ciò che definisce un’immagine ed è per questo l’aspetto peculiare di un film. Pensiamo ad esempio alle espressioni dei protagonisti, queste sono aiutate, modellate e rese vive dalle inquadrature e dal gioco di luci messo in atto dall’addetto ai lavori che ha la capacità di rendere un racconto particolare.
Per chi non lo sapesse, c’è una stretta connessione tra il lavoro di un regista e quello di un direttore della fotografia, colui che decide come illuminare e come inquadrare una sequenza ed è una delle figure professionali più importanti e di responsabilità di tutta la troupe, in quanto è il responsabile dell’impatto visivo delle immagini sullo spettatore. Un ruolo che potremmo dire a metà strada tra l’aspetto tecnico e quello artistico.
A volte i due ruoli – quello del regista e quello del direttore della fotografia, che in molti credono sia la stessa persona – si contrappongono, si invertono, si mischiano, si contaminano e camminano di pari passo fino a diventare una cosa sola. Non a caso infatti, molti dei capolavori della settima arte sono frutto di storici sodalizi tra grandi registi e direttori della fotografia.
“La photographie c’est la vérité et le cinéma c’est vingt-quatre fois la vérité par seconde…”
Jean-Luc Godard
Esattamente come succede con delle foto scattate singolarmente, anche le immagini cinematografiche sgorgano da affluenti tecnici a misura d’uomo. Il lavoro del direttore di fotografia riguarda la composizione dell’inquadratura, la disposizione delle luci, il controllo dei movimenti della macchina da presa, le scelte stilistiche sull’angolo di ripresa e la scelta dell’obiettivo, così come il piano di messa a fuoco, l’apertura del diaframma per l’esposizione voluta, la distanza e la profondità di campo.
Tutti aspetti che hanno bisogno di altrettante figure professionali coinvolte, non da ultimo il ruolo del regista determinante in alcune scelte. Tra i tanti direttori della fotografia ricordiamo Emmanuel Lubezki, Roger Deakins, Andrew Lesnie (tutti e tre premi Oscar) ma anche un’altra leggenda vivente, tutta italiana, ovvero Vittorio Storaro – a mio avviso il migliore – vincitore di ben tre statuette, tra cui una per Apocalypse Now.
“Sono andato all’origine della parola: foto-grafia, letteralmente scrittura con la luce. Chi fa foto-grafia scrive con la luce la storia del film, come il compositore la scrive con le note, come lo sceneggiatore o lo scrittore la scrive con le parole”
Vittorio Storaro
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