Questa, mio caro Signor Galileo Galilei, è una lettera per te.
Solitamente ai compleanni si portano regali, ma che cosa posso regalare a colui che ha donato all’umanità il metodo scientifico?
Che cosa posso fare io, che era mio compito difenderti e diffonderti, ma ho fallito?
Posso solo portarti le mie scuse, per non esserti stata a fianco nel momento del bisogno o peggio, la mia assenza ha causato tutti i tuoi mali. Ero convinta di comprendere i misteriosi sentieri valicati dai pensieri umani, ma alcune cose mi sfuggono.
Mi sono resa conto che è possibile comprendere solo la presenza, non l’assenza. Come si può, d’altronde, mio amico Galileo, descrivere un profumo mai sentito oppure un dolce mai assaporato? Ho cercato di essere presente, ma due potenti guardie mi hanno trattenuta. Non hai idea di quanto io abbia lottato per raggiungerti, soprattutto quando ti hanno accusato di diffondere il falso in quel triste giorno del 1633.
Galileo Galilei, il padre del pensiero scientifico, accusato di difendere il falso. Quali sciocchezze! Volevo aiutarti, ma quei guardiani erano lì, pronti a bloccarmi con le loro picche appuntite, a contrastarmi dando voce alla loro paura più profonda, ovvero quella di fallire dinanzi a me. E quindi gridano, urlano e sbraitano parole che non capisco, vocaboli che non conosco, termini senza una ragion d’esistere.
Tu mi hai ripudiato con il sorriso beffardo di un bugiardo pronunciando la celebre frase: “Io Galileo inginocchiato avanti di voi […] con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie”. Un’ottima messa in scena per salvarti, ti faccio i miei complimenti. Ma è venuto il fatale giorno in cui il naturale percorso degli organismi viventi è pronto a batter cassa, consegnando il corpo alla terra. Il tuo corpo materiale si è spento e il tuo spirito illumina, immortale, la materia corposa dei libri, involucri imparziali di parole scelte per trasmettere un messaggio: il tuo insegnamento.
E cosa posso fare io quando mi usano per veicolare questo fantomatico messaggio? La tua condanna e la tua vita dopo quel triste giorno è stata dura, non lo metto in dubbio, ma devi gioire sapendo che non proverai mai le sofferenze che ho subito io nel vedere il mio percorso, per arrivare a te, bloccato. Quelle sofferenze continuano, cambiano forma, si ramificano nella cultura e diventano normalità.
Come allora, fino ad ora, la vita mi addolora mio caro Galileo…
Dovresti vederlo questo secolo, sai? Ti piacerebbe, sono sicura che guarderesti con meraviglia fanciullesca i telescopi moderni. Ah sì, perché ora non si usano più i cannocchiali, ma i telescopi per poter vedere i pianeti che, insieme a noi, ruotano sulla giostra delle loro orbite intorno al Sole.
Ti ricordi quei satelliti che avevi adocchiato con il tuo semplice cannocchiale nel 1610? Adesso si ha la perfetta immagine di come sono e il tuo amato cannocchiale, al confronto di quelli moderni, è un semplice giocattolino. Anche se siamo lontani, con queste immagini, o come le chiamano le persone del XXI secolo “foto”, è come essere così vicino ad Io, Europa, Ganimede e Callisto che, mio Galileo, potresti allungare la tua mano e toccare la loro affascinante superficie.
Come tutto, vi è un’altra faccia della medaglia
Mentre le scoperte tecnologiche e scientifiche si abbracciano e portano l’umanità verso nuovi orizzonti della conoscenza, alcune menti si sentono troppo piccole dinanzi a tutto questo e, anziché capirlo, cercano di smentirlo con mio grande dolore e, probabilmente, anche tuo Galileo.
Purtroppo, mio vecchio amico, queste cose non le potrai mai sapere. Eh, caro Galileo, il tuo spirito è bloccato nelle fitte e pesanti pagine di carta, mentre il mio non ha prigione e residenza. Io, che non posso essere in nessun luogo, cerco di vivere e diffondermi nelle menti, ma quei guardiani continuano ad ostacolarmi.
E’ bastato poco per scoprire i loro nomi e per chi lavorano: sono Superbia e Ignoranza, pronte a difendere l’Ego peccante di pigrizia. Questi esseri malvagi non si sono limitati a ferirmi. No, mio caro amico e collega Galileo, hanno fatto molto di più: mi hanno usata a loro favore smantellando ogni mia più piccola parte di integrità. Ho commesso l’errore di sottovalutare i miei nemici e il tutto mi è scivolato, come acqua corrente, tra le mani inermi.
I tuoi ragionamenti erano perfetti (non a caso ti hanno dedicato “Il museo Galileo” a Firenze), ma hanno provato ad appropriarsene dando vita ad un delirio incontrollato di assurdità in cui statisti utilizzano dati non statistici per le loro ricerche, con l’unico scopo di ingrassare il loro Ego. Non è malvagità, ne sono certa, perché la malvagità è figlia del dio Denaro, qui è solo l’Ego che si difende.
Il paradosso è che usano il tuo stesso metodo per contrastare le ricerche scientifiche! Non ridi anche tu? Usano il metodo scientifico di Galileo Galilei per sostenere, scientificamente, che la scienza gli sta mentendo e che è tutto frutto di qualche razza aliena rettiliforme, o di un ipotetico ordine segreto che li vuole controllare.
Galileo, amico mio, non chiedermi che cosa ci sia da controllare, oggi che tutto è agli occhi di tutti, è ancora un mistero per me. Ti porto le mie scuse per la mia assenza, caro Galileo, che continua a perdurare nel tempo. Nonostante i miei sforzi nell’illuminare gli animi.
Il mondo di allora non era pronto al tuo formidabile genio e il mondo di adesso non riesce a vedere al di là del proprio naso. Una vera giungla selvaggia e crudele, per chi guarda e svela i misteri al di là della propria Terra.
Ancora buon Compleanno, Galileo.
Tua, per sempre fedele,
Logica
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