L’8 marzo scorso è uscito Credo in un solo padre, un film che abbraccia tre epoche. Il regista Luca Guardabascio mette in scena una denuncia sociale contro le varie forme di violenza a cui le donne sono sottoposte. Nel cast Giordano Petri, Massimo Bonetti, Anna Marcello, Flavio Bucci e Francesco Baccini, che ha firmato anche la colonna sonora.
Credo in un solo padre è uscito nel giorno della festa raccomandata per eccellenza. Considero l’otto marzo il giorno più ipocrita che ci sia, una celebrazione falsa e fastidiosa. Ci si gonfia la bocca con parole mielose, ci si riempie le mani con cioccolatini e fiori, ci si prostra a sostenitori del femminismo, ma nel resto dei 364 giorni cala giù la maschera e si ritorna ad essere quello che si è veramente.
In Italia la differenza di stipendio tra uomini e donne è del 43,7%. Le donne, oltre ad essere sottopagate, sono maggiormente occupate part-time rispetto agli uomini, spesso perché costrette a scegliere tra famiglia e lavoro. Nel nostro paese 7 medici su 10 sono obiettori di coscienza. Sugli assorbenti c’è il 22% dell’Iva. Nel 2020 una donna è stata uccisa ogni tre giorni dal marito, compagno o ex. Il 31,5% delle donne ha subito qualche forma di violenza fisica o sessuale.
In sede di colloquio alla donna viene chiesto: “Ma lei, è spostata? È fidanzata? Vorrebbe sposarsi? Ha dei figli? Vorrebbe avere dei figli?”. La maggior parte della comunicazione è incentrata sul corpo delle artiste e non alla performance: di un cantate o attore si parla di interpretazione, di una cantante o attrice si giudica l’immagine.
Finché il nostro corpo non è ciò che ci definisce o qualcosa di cui dobbiamo avere paura o che faccia passare il nostro talento in secondo piano, allora, possiamo festeggiare l’8 marzo in serenità, prima di questo momento film come Credo in un solo padre sono necessari, sono una finestra su una condizione sociale, sottolineano il disagio e la paura delle donne troppo poco tutelate. E non era imprevedibile il fatto che durante la pandemia la violenza domestica sia aumentata, che le situazioni borderline sono cresciute e i femminicidi continuano a gelare la cronaca.
L’opera prima di Luca Guardabsco prova a raccontare sullo schermo ciò che Ferruccio Tuozzo ha affidato alle pagine del romanzo “Senza far rumore”. Il film fa male, soprattutto perché parla di una storia vera, che si è svolta nel territorio fra la Campania e la Basilicata.
Giuseppe (Massimo Bonetti) è il pater familias della situazione, un uomo che non accetta compromessi né dialogo con i suoi familiari, che crede che le donne siano oggetti a sua disposizione o animali da addomesticare. Lui comanda e loro subiscono, in silenzio, la sua violenza. Nel paese, dove tutti sanno, l’omertà regna sovrana: nessuno parla, nessuno denuncia, nessuno si permette di intervenire. Le cose degenerano quando Gerardo (Giordano Petri) lascia la moglie Maria (Anna Marcello) ed i figli e decide di partire per l’Austria, con l’obiettivo di migliorare la condizione economica della propria famiglia.
Maria è vittima degli abusi e dei gesti dispotici di Giuseppe. Nessuno ferma quegli orrori. Nessuno che le tende una mano. La donna è sola con il terrore quotidiano. Vive solo per i figli e per la speranza del ritorno del marito.
Credo in un solo padre è una denuncia dolorosa e straziante su un tema così pesante come la violenza di genere. Le scene sono nude e crude, non c’è spazio per l’immaginazione: è quello e basta. Un film sulla violenza sulle donne nel contesto familiare molto intenso e toccante.
Merito va fatto anche ai protagonisti dell’intera pellicola: Giordano Petri credibile nelle vesti di un figlio troppo stanco per reagire ai soprusi del padre; Massimo Bonetti conferma il suo essere attore eccezionale, anche in parti in cui a volte è difficile mettere da parte la propria umanità; Anna Marcello superlativa nel ruolo più complesso della sua carriera, capace di far percepire quel dolore e quella sofferenza che solo chi è vittima di abusi può riuscire a comprendere.
Quello sulla violenza sulle donne è un tema sempre attuale, purtroppo. Il femminicidio è solo la punta dell’iceberg dell’intera questione, il momento di non ritorno. Perché esistono molte e differenti forme di violenza, da quelle fisiche alle vessazioni psicologiche. Proprio per questo, è necessario continuare a parlarne sempre di più.
Leggi anche
- Diamanti di Özpetek è un manifesto d’amore per il cinema e le donne - Dicembre 13, 2024
- Premio David Rivelazioni Italiane – Italian Rising Stars | I sei vincitori della seconda edizione - Dicembre 13, 2024
- The Bad Guy 2, il meraviglioso e dissacrante crime comedy italiano - Dicembre 4, 2024