Rilasciata il 30 settembre, Luna Park è la nuova serie italiana di Netflix. Una storia che ci riporta ai ruggenti anni Sessanta e che ritrae la differenza tra l’educazione e lo stile di vita di due famiglie di ceto opposto nella Roma che diventa il luogo custode di segreti.
Erano gli anni in cui l’Italia viveva il boom economico, Roma era immersa nel suo periodo d’oro, Via Veneto era diventata la “via del cinema” e Cinecittá era la Hollywood sul Tevere. Era l’epoca della Dolce Vita, delle stelle della settima arte, di Federico Fellini e Sophia Loren. Era il tempo della vitalitá e il fascino febbrile della creativitá faceva il suo ingresso nella società che si apprestava a vivere un periodo di avanguardia senza precedenti.
E’ proprio in questo contesto storico che ci porta Luna Park, dove la storia è all’interno di quel centro propulsore del cinema e dello spettacolo, di quella città dei divi e dei grandi registi, delle notti mondane, dei tormentati e sognati amori, del divertimento ad ogni costo e delle produzioni a stelle e strisce. Creata e scritta da Isabella Aguilar e diretta da Leonardo D’Agostini e Anna Negri, la serie ha sei episodi ed è il nuovo spettacolo targato Netflix.
La storia è ambientata nella Roma degli anni Sessanta, quando il Paese è nel pieno del boom economico, e segue le vicende di due ragazze: Rosa Gabrielli (Lia Grieco) e Nora Marini (Simona Tabasco). La prima è una ragazza dell’alta borghesia romana, abituata ad avere una vita agita e benestante. La seconda, invece, è figlia di giostrai, abituati a guadagnarsi da vivere con il duro lavoro.
Una sera Rosa va al luna park con il fidanzato Matteo Baldi (Edoardo Coen), il fratello Gigi (Guglielmo Poggi) e Simone Baldi (Alessio Lapice), fratello di Matteo. Tra una giostra e l’altra, la ragazza decide di entrare in una tenda per farsi leggere i tarocchi da Nora per cercare di scoprire che fine ha fatto la sorella gemella, scomparsa quando avevano solo un anno e mezzo.
Dai racconti di Rosa, Nora intuisce che quella bambina potrebbe essere lei che ha sempre creduto di essere la prima ed unica figlia di Antonio Marini (Tommaso Ragno) e di Stella (Ludovica Martino), quest’ultima morta quando Nora era solo una bambina. E’ qui che entrerà in gioco la nonna della ragazza, Miranda (Milvia Marigliano), custode di una verità mai detta.
Parallelamente alla storia di Nora e Rosa, e alle rispettive famiglie, la serie tv racconta anche la differenza tra i Gabrielli (Paolo Calabresi e Silvia Sacchi), i classici borghesi della “Roma bene”, abituati ad avere tutto con il denaro e nostalgici del regime fascista; e i Baldi (Michele Bevilacqua e Lorenza Indovina) che, a differenza, sono degli intellettuali comunisti proiettati già verso il movimento del Sessantotto.
Luna Park, inoltre, narra anche il mondo del cinema e dello spettacolo attraverso Gigi, impegnato tra un provino e l’altro a Cinecittà. Ma se la settima arte gli chiude la porta, è il piccolo schermo che gli darà grande notorietà. Proprio in questo contesto, il giovano rampollo di casa Gabrielli incontra l’attore più popolare del tempo Sandro Ralli (Giulio Corso).
Per entrare nelle vicende e nelle singole storie, è essenziale comprendere il contesto storico prima e dopo il ventennio fascista. Attraverso i flashback ci viene mostrato come il regime faceva dei Luna Park degli strumenti di propaganda per distrarre le persone dalla loro miseria. E come questo tema, poi, è stato raccontato attraverso le storie di Nora e Rosa.
Senza fare troppi giri di parole, la serie è, probabilmente, il miglior prodotto Italiano uscito fino ad adesso su Netflix. Nonostante pecchi di numerosi difetti, il primo tra tutti è quello di non aver sfruttato la sceneggiatura ed il soggetto scritto. C’è la sensazione come di un lavoro organizzato frettolosamente, “all’italiana maniera” mi verrebbe da dire.
Un’idea di storia familiare immersa tra dramma e mistero, non mi può scadere in sottotrame non sviluppate e inconsistenti e dialoghi banalotti e semplicistici, come se stessimo vedendo una storiella romantica per quindicenni.
Ma niente di non migliorabile, anzi. Mi aspetto una seconda stagione – anche per come è finito – che migliori su questo punto di vista, perché se Emily in Paris ha riscosso così tanto successo internazionale – che di base, fondamentalmente, non ha nulla se non l’eleganza parigina – non capisco per quale motivo Luna Park non potrebbe ambire ad altrettanti riconoscimenti.
Il fiore all’occhiello della serie, invece, è l’ambientazione e la fotografia e la scenografia in generale. I colori vivaci, i sogni delle nuove generazioni, una città nel pieno dell’ascesa del mondo del glamour e dell’opulenza, rende il contesto narrato ancora più fiabesco e distaccato dalla realtà odierna e che permette di viaggiare indietro nel tempo parlando una lingua diversa da quella dei messaggi su Whatsapp o delle stories su Instagram. Il tutto accompagnato da una colonna sonora perfetta che richiama gli anni Sessanta.
Posso dire che Luna Park è la serie Netflix italiana che più si distingue dalle altre. Un percorso, questo, già iniziato con Generation 56K e che ora continua ad esplorare un mondo che punta più sulle “good vibes” che su trame thriller, horror o mystery.
E’ un omaggio al mondo del glamour e della meraviglia italiana. Un ritratto bello ed esaustivo dei valori e delle tradizioni di Roma, del glamour e dell’alta moda, delle stravaganze e del romanticismo, della magia e dei sogni della generazione del boom economico.
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