Dire “29 settembre”è sottintendere la coppia Lucio Battisti/Mogol. Il primo capolavoro del duo è questo iconico brano uscito nel 1967, registrato ed eseguito dagli Equipe 84, solo due anni dopo riappropriatosene lo stesso Lucio e ricreata la sua versione.
Ma quale ricorrenza andava immortalata in tale data?
Nessuna. Soltanto il giorno di nascita di Serenella, prima moglie di Giulio Rapetti, in arte Mogol. Un sodalizio che nasce – come il migliore dei clichè – da un caso. Battisti, 22 anni, parte dal rietino alla ricerca di fortuna; Mogol, 29 anni, già paroliere di brani di successo (Una lacrima sul viso – Bobby Solo e molti altri), si incontrarono a Milano e incisero il loro primo 45 giri nel 1966. «Per una lira» lato A «Dolce di giorno» lato B. Il risultato fu modesto e resero ancora più scettici i discografici che giudicavano la voce di Battisti afona e stonata. Così quando nel 1967 fu pronto un loro nuovo lavoro (sul lato B per la cronaca c’era «E dall’amore che nasce l’uomo») la casa musicale Ricordi decise di affidarla a un gruppo già da qualche anno sulla cresta dell’onda, l‘Equipe 84.
Battisti – Mogol : anticipatori dei tempi che verranno
Un successo strepitoso per questo brano, anticipatore dei tempi. Il primo rock-psichedelico europeo è proprio made in “Battisti/Mogol”, riuscendo a battere di tre mesi il brano che viene definito tale per antonomasia: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles.
Ma le novità non finiscono qua; è stato il primo brano ad essere inciso con un registratore a otto piste, acquistato da Ricordi nella storica sede a Via dei Cinquecento a Milano. Ed anche il primo brano a contenere nella parte centrale un intervento di un giornalista Rai, Riccardo Palladini. Il lettore del telegiornale dunque si inseriva nella canzone all’inizio, dopo il famoso «Seduto in quel caffè…» annunciando le notizie del «Giornale radio, oggi 29 settembre».
Ma quali segreti cela questo brano di Battisti nel suo più recondito significato?
È banalmente la storia di un tradimento consumato senza rimorso alcuno. “Eeeeeh che sarà mai” penserete voi, abitanti del 2019. Nel 1967 era lo scandalo più sfacciato. Non era ancora stata neppure firmata la legge sul divorzio (datata 1970), e nello stesso anno Morandi cantava “In ginocchio da te” e Caterina Caselli chiedeva “Perdono”.
“L’intenzione era quello di dare un esempio di ciò ti prende per una persona una sera e poi rendersi conto del confronto per il bene profondo di anni e queste cose non possono essere messe a confronto, perché uno è un lampo e l’altro è la luce” sostiene Mogol in una intervista, spiegando la canzone che nel testo è abbastanza esplicito. “Poi d’improvviso lei sorrise e ancora prima di capire mi trovai sottobraccio a lei, stretto come se non ci fosse che lei. Vedevo solo lei e non pensavo a te” racconta il protagonista della canzone, prima di svegliarsi e: “Mi son svegliato e… e sto pensando a te. Ricordo solo che, che ieri non eri con me… Il sole ha cancellato tutto, di colpo volo giù dal letto e corro lì al telefono, parlo, rido e tu.. tu non sai perché”.
Precursore dei tempi visto che la rivoluzione sessuale del sessantotto giungeva a noi – dall’America – un anno dopo.
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