Gwen Stefani, L.A.MB. e l’omaggio al buon gusto modaiolo

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C’è stato un momento in cui lo scettro di regina del pop, fin dagli anni ’80 saldamente stretto fra le manine di Madonna Ciccone, ha rischiato di essere rubato da un’altra bionda: Gwen Stefani.

Vocalist dei No Doubt, non solo l’ennesima band garage e indie rock degli anni ’90, ma LA band che ha rappresentato il canto del cigno della dolce mielosità ed illusa freschezza dei Migliori Anni, con quella mistura di ska, rock, pop, che era Tragic Kingdom, Gwen Stefani ha dato inizio alla sua carriera solista con un gran successo: Love. Angel. Music. Baby, o per gli amici, LAMB.

Stefani

L’album uscì nel 2004 per la Interscope, la stessa etichetta che lanciò i No Doubt, proponendo un pop glamour, coloratissimo, divertente come quello di Cyndi Lauper, e ritmato – quasi cyberpunk nella sua esplosione di sonorità – che avrebbe fatto la fortuna di Fergie di Black Eyed Peas poi, e delle tante pop-star che sarebbero seguite negli anni ’10. L’apparato compositivo dietro l’album fu gigantesco: avvalendosi del meglio dei produttori disponibili all’epoca, Dr. Dre, Linda Perry delle 4 Non Blondes, Andrè 3000, Gwen Stefani scrisse tutte le canzoni dell’album, e tutte furono un successo. LAMB diede poi inizio alla carriera di stilista di Gwen Stefani, che lanciò una linea di moda chiamata Harajuku Girls e una serie di profumi.

Fu nominato a sei grammy quell’anno, potendo purtroppo nulla contro i mostri sacri dei Green Day di American Idiot e gli U2 di How to Dismantle an Atomic Bomb.

Ascoltando brani, però, come Harajuku Girls (vi ricordate il duo di ballerine?) e Rich Girl, purtroppo, le tanto citate da Stefani ispirazioni all’elettronica dei New Order e dei Depeche Mode, decadono verso quel genere che poi ci avrebbe fatto venir da vomitare negli anni ’10: il rhythm and blues. O almeno fa vomitare solo me.

Il bel pop soul di Cool, ballad che tratta di un’amicizia nata dopo un amore finito male, brano il cui videoclip girato fra le ville del lago di Como ci ricorda come Gwen Stefani abbia buon gusto (non ne dubitavamo) in fatto di borse griffate, splendidi tailleur e trucco impeccabile, e come si possa scrivere ancora un’efficace cavalcata pop; l’ammirazione che ho per Gwen, donna che fu capace di destreggiarsi in una precoce carriera attoriale come compagna di Leonardo DiCaprio in The Aviator di Martin Scorsese, e che portò al successo i No Doubt, purtroppo vacilla in presenza di brani come Luxurious, formula più che vincente in radio per ricordarci quant’è bella la Bella Vita, i cui synth e distanti drum machine sono prodotti splendidamente quanto noiosi e poco frizzanti. Non spreco parole su Hollaback Girl, brano che dovrebbe imitare l’hip hop sciacquandolo col white washing, termine che verrà coniato almeno dieci anni dopo.  

Il bello di Love. Angel. Music. Baby è rintracciabile, però, nei brani che meno risentono del pop elettrico a cui per forza Gwen vuole rifarsi: ed ecco la bella power ballad Bubble Pop Electric e Danger Zone, oltre al singolo di lancio, l’energica What Are You Waiting For – da tutti storpiata, in quegli anni lontani, come uattchiuuerifo.  Proprio in Danger Zone Gwen Stefani dà prova di saper cantare, e non solo borbottare R&B. Dalla penna di Andres 3000, sì, quello degli Outkast, scaturisce poi la sperimentale, semi lounge, e ben riuscita Long Way to Go.

In conclusione, Love. Angel. Music. Baby è un album patinato, colorato, glamour, i cui singoli funzionano tutto’ora – a tredici anni di distanza – che rese Gwen Stefani un’icona di stile che, almeno per un po’, sarebbe durata, prima di essere scacciata da Rihanna prima e Lady Gaga / Katy Perry poi. Chissà se ce la ricorderemo per sempre.

Giulia Della Pelle
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