Il 15 giugno di 100 anni fa nel rione di Trastevere nasceva Alberto Sordi, colui che definisco il primo dei miei romani preferiti. In questo articolo non potrò parlare completamente dell’Alberto Sordi attore, ma vi racconterò del Sordi romano.
Sicuramente vi starete chiedendo perchè io stia parlando di Alberto Sordi, io che non ho abbastanza conoscenze cinematografiche ed io che non ho visto proprio tutti i film dell’attore romano. Beh, ecco, ci son ben due motivi per cui ho preso la decisione di scrivere questo articolo per celebrare il centesimo compleanno di Albertone. Il primo è un motivo che si riconduce al senso di appartenenza che ho nei confronti di Alberto Sordi, un senso di appartenenza che arriva dal mio essere di Roma e dal fatto che, ormai da cinque anni, io frequenti assiduamente il Rione in cui l’attore romano nacque cent’anni fa. Il secondo motivo, invece, è la mia voglia di raccontarvi la romanità che Alberto ha reso famosa, prima in tutta Italia, e poi in tutto il mondo, una romanità che ormai, almeno in Italia, sembra essere ovunque.
Ma il termine romanità, cosa significa? Secondo il Treccani la giusta definizione è la seguente: “Romanità: L’insieme delle tradizioni che s’incentrano in Roma, punto d’irraggiamento dei valori universalistici espressi dalla civiltà romana prima, dalla Chiesa di Roma poi.”. Ecco, soffermatevi molto sulla parte della definizione in cui si citano le “tradizioni”, perchè per celebrare Albertone andremo proprio ad “esaminare” quelle tradizioni con cui l’attore romano mi ha conquistato.
Ma prima di andare avanti devo fare una piccola precisazione. Probabilmente voi penserete che per sentirsi “romani” basti nascere a Roma, ma non è così. Si diventa romani, si diventa parte della “romanità” solo nel momento in cui si comincia a vivere la città eterna,ed Alberto Sordi è stato l’esempio perfetto di un romano che viveva Roma. Ogni piccolo gesto, ogni citazione, ogni battuta, erano tutte caratteristiche del suo vivere Roma. Ed è proprio grazie a queste caratteristiche che oggi non è difficile vedere dei comportamenti “romani” in altre città d’Italia, comportamenti che fino a tanti anni fa appartenevano alla città eterna.
Il mio Alberto Sordi comincia grazie agli insulti. Perchè l’attore romano, riuscì a fare dell’insulto un’arte, ed io ho due episodi particolari che mi hanno fatto capire quanto l’insulto, se ragionato, non risulterà mai volgare.
Ogni città ha la sua tradizione dell’insulto, ogni città ha quella caratteristica che rende l’insulto di quella città unico, ed Alberto Sordi riuscì a rendere “l’insulto romano” talmente grande che oggi gli insulti della tradizione romana sono usati anche in altre città. Per quanto mi riguarda invece furono due gli episodi che più mi hanno “insegnato” l’arte dell’insulto: la famosa canzone “E và, e và” e la scena del film “Il Tassinaro” in cui l’attore romano “insulta” un americano passeggero del suo taxi.
Partiamo proprio dalla canzone “E và, e và”, una canzone famosa in tutto il mondo, che può essere ascoltata in due modi, tutti e due giusti: il primo modo è per puro divertimento, invece il secondo modo è quelle di analizzarla, ovviamente con la leggerezza che caratterizza la canzone. Infatti la canzone rappresenta in tutto e per tutto “l’arte dell’insulto”, dalle parole usate ai gesti usati, all’interpretazione.
Discorso molto più “esteso” per quanto riguarda la scena del film “Il Tassinaro”, in cui Alberto Sordi riesce, con un’interpretazione perfetta, riuscendo a descrivere un insulto (che se fosse stato detto sarebbe risultato volgare) senza usare risultare volgare, e senza usare parole volgari. Alberto Sordi mi ha insegnato che un insulto se usato in un certo contesto e detto con una certa interpretazione, non risulterà mai volgare, ed anzi, probabilmente anche l’insultato potrebbe divertirsi.
Dopo l’insulto il mio Alberto Sordi continua grazie al suo modo di rappresentare Roma nelle sue commedie ed interviste. Una Roma che può risultare antica, passata, ma che si può respirare e vedere ancora tramite piccoli gesti o luoghi.
Ogni volta che guardate una commedia di Alberto Sordi o una sua intervista fate caso ai suoi gesti, gesti che sono gli stessi, sia nel film che nelle interviste. Perchè Albertone amava essere romano ed amava fare il romano. E tutto quel suo amore di essere romano, di vivere a Roma, è arrivato a noi, ed è facile trovare quel suo amore. Provate ad andare nel Rione natale di Alberto, ovvero il Rione Trastevere e guardate per bene i gesti di chi passeggia, di chi ci vive, ecco vi accorgerete che la “romanità” tanto rappresentata dall’attore romano, ancora vive, anche nei più giovani (che spesso non se ne rendono conto).
Quindi ecco il mio Alberto Sordi, colui che mi ha imparato a vivere da romano, a vivere Roma. E devo ringrazialo, quando, andando in un’altra città mi ritrovo detto “dai dicci qualcosa in romano” o ancora meglio quando, andando in un’altra città, vedo dei gesti “romani”, fatti da altri (anche se devo ammetterlo che sono geloso in quei casi). Tanti dopo di lui hanno cominciato a raccontare Roma, in molti casi cominciarono proprio grazie all’attore romano, ed è proprio grazie a questo, e ai piccoli gesti dei romani (come la tanta gestualità mentre si parla), se la romanità vivrà per sempre.
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