Il boom dell’eroina tra i giovani negli ultimi anni dello scorso secolo messo in scena dal regista Claudio Caligari nella maniera più realista possibile, quasi brutale. Privo di artifici stilistici e spogliato da qualsiasi intento sensazionalista, Amore tossico racconta senza fronzoli la cruda realtà dei ragazzi di strada di un’altra epoca.
Amore Tossico: nascita e retroscena
Girato tra il 1982 ed il 1983, Amore Tossico è una perla anticonformista del cinema italiano. Il regista milanese Claudio Caligari – scomparso nel 2015 – sviluppò il progetto di questa pellicola al fine di evidenziare la condizione di una porzione di società spesso relegata ai confini: quella dei tossicodipendenti, specificamente gli eroinomani. Importante collaboratore di Caligari fu il sociologo Guido Blumir, che aiutò il regista con alcune ricerche preliminari.
Amore Tossico non è certamente il primo film su un argomento così delicato, ma senza dubbio si appropria di una caratteristica molto rara: quella di avere un cast composto da veri ex-tossicodipendenti. Questa scelta – spiega Caligari – non è dovuta al fatto di voler far interpretare agli attori loro stessi ma è funzionale, come tanti altri elementi, alla volontà di rendere ancora più realistico il film; chi meglio di un eroinomane può conoscere così nel profondo la vita e le abitudini che la tossicodipendenza comporta?
Non furono pochi gli ostacoli durante la produzione. Bisognava considerare i problemi di astinenza reali di diversi personaggi, oltre a dei problemi giudiziari conseguenti a reati commessi – che potevano provocare, dunque, l’assenza temporanea di alcuni. Caligari, inoltre, dovette affrontare la magistratura per sapere se i suoi attori potessero assumere eroina vera sul set. Il permesso gli venne fermamente negato e le sostanze contenute nelle siringhe che vediamo in frequenti primi piani erano in realtà neutrali o disintossicanti.
Nel cast ricordiamo: Cesare Ferretti (Cesare), Michela Mioni (Michela), Enzo Di Benedetto (Enzo), Roberto Stani (Ciopper), Loredana Ferrara (Loredana), Faliero Ballarin (“il Capellone”), Clara Memoria (Teresa), Fernando Arcangeli (Debora), Mario Afeltra (Mariuccio), Pamela Schettino (“Er Donna”) e Patrizia Vicinelli (Patrizia). Come notiamo, furono utilizzati i nomi reali degli attori per rinominare i personaggi da loro interpretati.
Le borgate romane durante il boom dell’eroina negli anni ‘80
In Amore tossico c’è una totale immersione in quella che è una fetta di società relegata ai confini della convenzionalità. Il contesto sociale col quale abbiamo a che fare traspare da ogni singolo elemento all’interno del lungometraggio a partire dai dialoghi, rigorosamente recitati in dialetto romano. Gli argomenti di conversazione ricorrenti ci lasciano percepire la mentalità diffusa tra i personaggi: abbiamo a che fare con individui che vivono in direzione di un unico scopo, che è quello di procurarsi l’eroina. Tutto il resto non conta.
Chiaramente, una dipendenza così totalizzante come quella da eroina rende impossibile – o, comunque, altamente improbabile – l’inserimento corretto e funzionale nella società. A sostegno di ciò, in Amore tossico assistiamo anche alle scene di uno scippo – eseguito da Loredana – e di una rapina – fatta da Cesare e da un amico –. C’è anche chi arriva alla prostituzione come Teresa, succube di un magnaccia che cercherà fallimentarmente di convincere a lavorare per lui anche Loredana.
Osserviamo il modo in cui una siringa riempita per pochi millimetri riesca a trascinare una persona verso l’oblio: Loredana è uno dei personaggi più tormentati ed è in astinenza nella maggior parte delle sue apparizioni nel film. I sintomi della rota la pongono in uno stato di estrema prostrazione psicofisica. Percepiamo in lei – ancor più rispetto agli altri personaggi – una stanchezza profonda che trascende il singolo stato fisico per sfociare in quello psicologico. Lo avvertiamo sin dalla scena iniziale, dove Ciopper ed Enzo discutono riguardo il fatto di non avere soldi a sufficienza per uno “schizzo” e, ad un tratto, incontrano Loredana intenta a bucarsi nella piena luce del giorno, pubblicamente.
Disintossicazione in Amore Tossico: obiettivo raggiungibile o illusione?
In mezzo allo squallore tipico di questo stile di vita, verso il finale si fa strada un debole barlume di speranza: Michela manifesta la volontà di abbandonare l’eroina.
Michela: “Ma quand’è che smettemo de bucasse? So’ dieci anni, pure de più.
Cesare: “A Miche’, me pari mi’ madre!”
Michela: “Non c’è più niente da scopri’. Io c’ho voglia de cose nove. È un po’ che ce penso. Stamo tutto er giorno a sbattese, a rovinasse la vita… E se perdemo tutto er resto. Vivemo a due metri dar mare e st’anno è la prima volta che ce venimo.”
Più che speranza occorrerebbe definirla un’illusione in cui riporre temporaneamente le proprie volontà, con il desiderio di realizzarle ma l’incapacità di farlo; questa ipotesi è avvalorata dal fatto che non sarebbe il primo tentativo dei due di abbandonare l’ero, come specifica Cesare. Quest’ultimo appoggia la volontà di Michela di disintossicarsi, ma ciò non può avvenire prima di un’ultima “spada” che è di cocaina, anziché eroina. Sfortunatamente, questa è la dose che conduce Michela a rimanere sospesa tra la vita e la morte.
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