First Reformed, la recensione

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First Reformed è un film di Paul Schrader, firmatario di innumerevoli sceneggiature memorabili e regista egli stesso. E’ stato presentato nominato al Leone d’Oro 2017 come Miglior Film.

What do you think about martyrdom, reverend?

La tagline di First Reformed è pronunciata da un attivista ambientale in cui il virus del suicidio ha già proliferato. Ed è anche la grande domanda che il film di Paul Schrader pone: possiamo, effettivamente, noi, singoli esseri umani, fare qualcosa?

Il reverendo Ernst Toller (Ethan Hawke) è da tempo assegnato alla chiesa storica – il Museo, come ama chiamarla – di un paesino dello stato di New York. Conduce un’esistenza tranquilla, sebbene ultimamente stia donando le sue confessioni alle pagine scritte di un quaderno – in una calligrafia quadrata, corretta. Sciacquate con l’intontimento causato dall’alcol. Ernst ha avuto una vita segnata da un tremendo lutto, ed ha abbracciato la via della fondazione Abundant Life, nella sua declinazione dei First Reformed per scappare dal suo dolore. Un giorno, dopo la funzione, Mary (Amanda Seyfried), lo implora di parlare con suo marito, Michael, un eco terrorista.
La conversazione col ragazzo, un ventottenne apatico perché deprivato del suo sogno – il poter salvare il nostro martoriato pianeta – lo sconvolge. Inizia, da quel momento, un profondo tormento interiore per il reverendo, che scivola in un’ossessiva ricerca di disastri ambientali, di stupri inflitti dall’uomo alla madre terra e ai suoi innocenti abitanti, di previsioni del climate change. A breve ci sarà il duecentocinquantennale dalla fondazione della chiesa storica: il tutto sponsorizzato dalla Balq corporation – guidata da Edward Balq (Michael Gaston), Company nota per essere regina di inquinanti e di impatto ambientale. Ernst è intenzionato, dunque, ad impedire che un tale scempio, che un tale assembramento di peccatori faccia l’ingresso nella sua chiesa.

First Reformed recensione

Chi la difenderà, la nostra Terra? I suoi stupratori, aguzzini, bruceranno all’inferno – se esso esiste – lo stesso che stiamo consegnando ai nostri figli – incluso quello di Mary, incinta?
Ernst si strugge, soffre, si confonde. La sua è una figura cristologica, vicina eppure lontana al Travis di Taxi Driver altrettanto firmato Schrader: ha un animo puro ma non ama il pietismo, odia la simonia nonostante l’Abundant Life che ha scelto, coi suoi ori e i suoi palazzi, i suoi opulenti dirigenti, ne sia la netta dimostrazione. Ernst non ha interesse per sé stesso o per la sua salute: ciò che ha lo dona agli altri, lo dona a Mary. Perché, ricordiamolo, trattiamo di un reverendo protestante, per i quali il voto di castità non esiste. Sceglie, come ultima istanza, di dedicare la sua inutile vita – o che tale ritiene – alla causa gigantesca di cambiare le menti delle persone. Se ne dispera, ed il suo dirigente (Cedric Kyles), distante dalla realtà oppure tremendamente calato in essa tanto da non vedere l’evidenza, lo prende per pazzo. Ernst ama gli anacoreti, ama Thomas Merton, già obliato mistico moderno.

Ernst è disperato, ma riconosce l’egoismo che c’è nella disperazione: perdere la speranza è perdere fede nell’operato di Dio, è porsi al suo posto e credere di poter fare la sua opera. Di poterla plasmare. Ernst, però, ritrova la speranza nella sua seppur piccola missione, nei video dei kamikaze, nella cintura esplosiva. Nell’abito di spine: ed è in tale figura che Schrader e Hawke ci regalano la più intesa scena di filmografia del 2017.

How many times we ask for genuine experience when all we really want is just emotion?
The virus of a meaningful life.

Cerchiamo di riempire la nostra vita, come un tassista annoiato, quando tutto ciò che in realtà vogliamo è emozione pura. Attimi che valgono un’esistenza intera: l’amore, per sé, per gli altri, per la Terra. Ernst non ricambia l’amore di Esther (Victoria Hill), corista di Abundant Life, perché non c’è emozione in lei, nel suo canto impostato.

First Reformed recensione

Il viaggio che il personaggio di Hawke compie in First Reformed è di distruzione: è l’antropocene che raggiunge il suo apogeo, quegli anni ’00 che hanno decretato l’irreversibilità del nostro disastro ecologico, in ogni goccio di whiskey di bassa qualità c’è CO2, c’è metano che sale negli strati alti dell’atmosfera, c’è un albatros sporco di petrolio. L’idea di Schrader di porre in un luogo apparentemente incontaminato – un paesino storico di provincia – rende perfettamente realizzate le premesse della sua ottima sceneggiatura: giocando su ossimori e l’improbabile che caratterizza la vita vera degli esseri umani, confeziona una potente parabola e allegoria della civiltà umana e della sua possibilità di redenzione e salvezza. La stessa che Ernst vorrebbe cogliere, ma forse non ne ha il coraggio. Il Paradiso, se c’è, è lontano anni luce nello spazio e nel tempo.

La altrettanto ottima Amanda Seyfried colpisce per tenerezza e complessità, fornendo un contraltare positivo alla negatività del personaggio interpretato dal caratterista Gaston.
Tutti si muovono in un’atmosfera immota, gelida, scrutatrice, nella fotografia di Alexander Dynan; la regia di Schrader è altrettanto immobilistica, quasi scrutasse una natura morta disfarsi ogni giorno di più. In 4:3, le figure comuni dei personaggi appaiono statuarie, eterne, immodificabili.
Eppure lentamente, inesorabilmente, marcescenti, come l’animo del suo protagonista. Nella scena climatica e finale, però, le movenze della telecamera mutano in un geniale turbinio.

Nella sua ecclesiastica severità espressiva, First Reformed tocca temi potenti ed attuali: cosa possiamo fare, noi, per il mondo che ci circonda? Quanto l’avere una missione può influenzare su noi stessi? Una vita significativa?


Un pubblico, universale, sacro martirio?

Dio è ovunque. In ogni pianta, in ogni fiume, in ogni insetto minuscolo. E la natura è l’unico sacro, cui la chiesa in cui il reverendo opera è figlia di un mondo capitalista e marcio, che si avverte nel film di Schrader. Che sfiora, per lirismo, Silence del collega Scorsese.
Ne è complementare, poiché è l’epopea di un uomo solo – come Travis in Taxi Driver. È uno uomo solo che sfida la provvidenza, che sfida il determinismo hobbesiano e cartesiano, che lotta e vince contro il ben più temibile virus dell’apatia e dell’inazione. In una parola: un eversivo, un rivoluzionario, un sedizioso.

First Reformed è un sorso di acqua gelata (non acqua santa di fonte battesimale) in un mare di acqua scura, sporca, e melmosa. Un film da gustare a tarda sera, quando il sonno ha lasciato il posto ai pensieri più abissali dell’animo umano.

Giulia Della Pelle
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