Dal 1° luglio 2021 sarà disponibile su Netflix Generazione 56K, la nuova serie prodotta da Cattelaya in collaborazione con i The Jackal. Un tuffo indietro negli anni Novanta, tra walkman, 883, videocassette, floppy disk e il modem 56k in un’Italia alla vigilia della rivoluzione digitale.
Premessa: non ci troviamo davanti una serie memorabile. Non è uno di quei lavori che verranno ricordati nel tempo, probabilmente i riflettori si spegneranno dopo un paio di settimane dalla sua uscita. Tuttavia, è una serie che sento tanto vicina, perché parla della mia generazione. Quella che ha provocato la rottura con il passato, che oggi usa ogni social network, conosce qualsiasi browser, capace di interagire con qualsiasi dispositivo e navigare su Internet in maniera semplice e sistematica.
Ma, la mia, è anche quella generazione cresciuta con il suono dei modem 56k e con le canzoni degli 883; dei pomeriggi passati all’aperto e dei walkman riavvolti con la penna Bic; dei primi compact disc e dei pacchi di floppy disk rimasti inutilizzati; degli zaini Invicta e dei Cioè; del trauma delle torri gemelle e di Maria Montessori sulle banconote da mille lire; dei Tamagochi e dei Game Boy, delle carte Crystal Ball e dei Pokemon; del Nokia 1100 e delle videocassette.
Insomma, una generazione – i cosiddetti “millennial” – che viaggia a metà strada, una sorta di via di mezzo tra due epoche: nati nell’Era analogica, immersi nell’Era digitale.
Ed è proprio questo il fulcro di Generazione 56k, il racconto di venti anni di cambiamenti, ma anche di sogni e di speranze in un’Italia che, forse, non lo sapeva ancora, ma stava per essere attraversata dal ciclone Internet. E proprio quei ragazzi, figli degli anni Novanta e oggi trentenni, sono stati i protagonisti, e lo sono ancora, di quella fervente digitalizzazione che ha invaso il nostro Paese nel nuovo Millennio.
In Generazione 56k, seguiamo la storia di Daniel (Angelo Spagnoletti), un giovane adulto che cerca l’amore su un sito d’incontri ed è immerso totalmente nel mondo digitale grazie al suo lavoro come sviluppatore di app. Accanto a lui ci sono gli amici di una vita, Luca (Gianluca Fru), il classico nerd asociale, e Sandro (Fabio Balsamo), marito e padre di famiglia.
Al centro delle vicende che coinvolgono Daniel nella Napoli di oggi c’è l’amica d’infanzia Matilda (Cristina Cappelli), una giovane donna con mille sogni nel cassetto e un amore mai vissuto con il suo vecchio compagno di scuola incontrato oltre venti anni dopo. A consigliarla nelle scelte più importanti per la sua vita c’è la sua migliore amica, Ines (Claudia Tranchese).
Dopo essersi ritrovati, Daniel e Matilda si innamorano. Ma tra di loro c’è un ostacolo che non li rende liberi di vivere i propri sentimenti. Infatti, la ragazza è impegnata con Enea (Sebastiano Kiniger), un giovane maestro di recitazione che le ha chiesto di sposarlo. E mentre è intenta a preparare il suo matrimonio, riaffiorano i ricordi del passato, generando dubbi ed incertezze nel futuro.
Il racconto di Generazione 56k, snodato in otto episodi, parla di amore e di amicizia e viaggia costantemente su due linee temporali ben orchestrate. Troviamo il presente, ambientato a Napoli, dove siamo testimoni delle vite di quei ragazzi cresciuti negli anni Novanta. Ed il passato, nel solco del 1998, collocato a Procida, dove quel gruppo vivace di adolescenti pieno di entusiasmo è stato travolto dall’arrivo di Internet e di quel modem 56k.
Francesco Ebbasta, la mente della serie tv targata Netflix e prodotta da Cattelaya, nonché sceneggiatore (insieme a Costanza Durante, Laura Grimaldi e Davide Orsini) e regista dei primi quattro episodi, è stato intelligente nel farci fare un tuffo nel passato e ricordare quella generazione definita negli anni Novanta, capace di imbambolarsi davanti un pc che sappia “parlare” e “raccontare” il mondo che abita fuori la classica città provincia del Mezzogiorno.
La fotografia e la scenografia dell’isola campana è magnifica, dove la serie riesce a ricreare, in maniera azzeccata, le atmosfere di quel decennio di fine anni Novanta. La sceneggiatura, che a prima lettura potrebbe sembrare banale, invece riesce ad inserire momenti chiave della nostra società. Penso a quanto sia facile oggi comprare un biglietto per un concerto, mentre prima bisognava rivolgersi a tabaccherie specializzate.
Vent’anni fa, poi, l’unica interazione sociale erano i pomeriggi all’aria aperta con gli amici, i racconti tra compagni e i primi amori sbocciati tra i banchi di scuola. Oggi, invece, la nostra finestra sul mondo è Internet, dove i social sono il più grande magnete per i più giovani e i meno giovani, il mezzo dove raccontarsi, informarsi ed innamorarsi. Ed è proprio quella generazione, raccontata da Francesco Ebbasta, l’ultima ad aver vissuto entrambe le epoche.
E’ come se tra la Prima e la Seconda Repubblica ci fosse stata un’accelerata improvvisa, che poi è stato così per davvero, soprattutto se pensiamo alla globalizzazione, al trattato di Maastricht e all’arrivo dell’Euro. Un momento chiave per il futuro dell’Italia dove noi, figli di quegli anni turbolenti, siamo stati i protagonisti.
Generazione 56k è un pò un viaggio amarcord; una favola moderna che ricorda il passato e guarda al futuro; uno scavo profondo, un po’ malinconico e un po’ giocherellone, di un tempo andato che, forse perché considerato troppo recente, si racconta poco.
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